Sfondata simbolicamente la recinzione durante la protesta in Val di Susa. Si può manifestare il dissenso con la forza delle idee.
Cittanuova - Una manifestazione senza incidenti, su cui c’era l’attenzione dei media di mezza Europa, dopo gli scontri di Roma di una settimana fa. Eppure la manifestazione di domenica dei No Tav in val di Susa è finita con una grande prova di civiltà, un esempio che si può manifestare il proprio dissenso senza la forza ma solo con la forza delle idee. Il corteo di oltre diecimila persone è arrivato alla cosiddetta baita del movimento della val Clarea, nella zona vietata a poche centinaia di metri dal cantiere geognostico della Tav, e qui si è accampato con una grande polentata, un’assemblea che decretato che non era necessario arrivare alle reti che difendono il cantiere. Simbolicamente l’obiettivo del cantiere è stato raggiunto, perché la prima rete metallica eretta a difesa del blocco di polizia era stata, in accordo proprio con le forze dell’ordine, violata e ancora simbolicamente tagliata da un’anziana signora “armata“ di cesoie. Con lei la testa del movimento era costituita tutta dalle donne della val Susa che avevano raggiunto e tagliato la recinzione che impediva l’accesso alla val Clarea con due striscioni ad aprire il corteo: ”Le donne della Val Susa si danno da fare, sanno cucire ma anche tagliare” e ”Giù le mani dalla Val Susa” e con lo sgolan “Diamoci un taglio“. Così il corteo anti Tav ha simbolicamente violato la zona rossa.
«L’obiettivo è stato raggiunto - ha detto lo storico leader dei No Tav Alberto Perino - abbiamo dato vita a un’azione di disobbedienza civile come fecero Ghandi e Martin Luther King. Manifestiamo a volto scoperto, senza passamontagna, a mani nude, solo con le nostre bandiere. La disobbedienza civile significa questo: violare le leggi. Violarle per un obiettivo sacrosanto e giusto, che è quello di fermare un’opera inutile e a sua volta illegale». Secondo Perino «la Torino-Lione viola l’accordo internazionale del 2001: si sarebbe potuta costruire solo con la saturazione dell’attuale linea ferroviaria. E invece negli ultimi 2 anni è stata usata al meno del 10%». Intanto il leader dei No tav è soddisfatto per aver «scontentato quelli che volevano le botte, quelli che gufavano e che volevano che qualcuno si facesse male. Non finisce qui. La partita è lunga ma ce la faremo per salvare il territorio di Chiomonte dalla distruzione ambientale. Una zona che comprende vigne, campi di lavanda, boschi, e un sito archeologico del neolitico tra i più importanti d’Europa».
Prossimo appuntamento è fissato il 4 novembre, quando al Politecnico di Torino dialogheranno esperti contrari e a favore dell’opera.
di Massimiliano Cavallo
Cittanuova - Una manifestazione senza incidenti, su cui c’era l’attenzione dei media di mezza Europa, dopo gli scontri di Roma di una settimana fa. Eppure la manifestazione di domenica dei No Tav in val di Susa è finita con una grande prova di civiltà, un esempio che si può manifestare il proprio dissenso senza la forza ma solo con la forza delle idee. Il corteo di oltre diecimila persone è arrivato alla cosiddetta baita del movimento della val Clarea, nella zona vietata a poche centinaia di metri dal cantiere geognostico della Tav, e qui si è accampato con una grande polentata, un’assemblea che decretato che non era necessario arrivare alle reti che difendono il cantiere. Simbolicamente l’obiettivo del cantiere è stato raggiunto, perché la prima rete metallica eretta a difesa del blocco di polizia era stata, in accordo proprio con le forze dell’ordine, violata e ancora simbolicamente tagliata da un’anziana signora “armata“ di cesoie. Con lei la testa del movimento era costituita tutta dalle donne della val Susa che avevano raggiunto e tagliato la recinzione che impediva l’accesso alla val Clarea con due striscioni ad aprire il corteo: ”Le donne della Val Susa si danno da fare, sanno cucire ma anche tagliare” e ”Giù le mani dalla Val Susa” e con lo sgolan “Diamoci un taglio“. Così il corteo anti Tav ha simbolicamente violato la zona rossa.
«L’obiettivo è stato raggiunto - ha detto lo storico leader dei No Tav Alberto Perino - abbiamo dato vita a un’azione di disobbedienza civile come fecero Ghandi e Martin Luther King. Manifestiamo a volto scoperto, senza passamontagna, a mani nude, solo con le nostre bandiere. La disobbedienza civile significa questo: violare le leggi. Violarle per un obiettivo sacrosanto e giusto, che è quello di fermare un’opera inutile e a sua volta illegale». Secondo Perino «la Torino-Lione viola l’accordo internazionale del 2001: si sarebbe potuta costruire solo con la saturazione dell’attuale linea ferroviaria. E invece negli ultimi 2 anni è stata usata al meno del 10%». Intanto il leader dei No tav è soddisfatto per aver «scontentato quelli che volevano le botte, quelli che gufavano e che volevano che qualcuno si facesse male. Non finisce qui. La partita è lunga ma ce la faremo per salvare il territorio di Chiomonte dalla distruzione ambientale. Una zona che comprende vigne, campi di lavanda, boschi, e un sito archeologico del neolitico tra i più importanti d’Europa».
Prossimo appuntamento è fissato il 4 novembre, quando al Politecnico di Torino dialogheranno esperti contrari e a favore dell’opera.
di Massimiliano Cavallo
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