«In un momento in cui libertà, dignità, uguaglianza e democrazia sembravano traguardi più vicini, i cristiani perdono nuovamente la speranza». Padre Samir Khalil Samir, gesuita egiziano professore all’Université Saint Joseph di Beirut e docente di Teologia ed Islamologia al Pontificio Istituto Orientale, commenta ad Aiuto alla Chiesa che Soffre la strage di domenica scorsa al Cairo: «una tragedia che ha sorpreso il mondo intero».
ACS Italia - Non più ostracizzati dal regime di Mubarak i gruppi fondamentalisti escono oggi «alla luce del sole», specie i salafiti che approfittano del vuoto di potere per perseguire con la forza i propri fini politici. I locali seguaci del salafismo sono più radicali dei Fratelli Musulmani e negli ultimi mesi sono stati spesso autori di violenze, principalmente contro i cristiani ma anche nei confronti dei musulmani moderati. E le loro fila continuano ad ingrossarsi. «Sono centinaia di migliaia, forse milioni, facilmente riconoscibili dall’abbigliamento e dalla barba che lasciano incolta per distinguersi dagli altri».
La manifestazione del Cairo è scaturita dalla distruzione di una Chiesa a Edfu, nella provincia meridionale di Answan. La comunità cristiana ha atteso tre anni prima di ottenere il permesso di costruire l’edificio, giudicato poi «troppo alto» e incendiato dai fondamentalisti. Interpellate dai fedeli, le autorità hanno difeso gli estremisti. E domenica, mentre i cristiani protestavano davanti al quartier generale della televisione di Stato, è intervenuto contro di loro quello stesso esercito «che in piazza Tahrir si era schierato con il popolo». Non è chiaro se ad opporre resistenza siano stati i copti, oppure elementi esterni mimetizzati tra la folla. «Le violenze sono state terribili – racconta ad ACS-Italia il gesuita - e mi ha rattristato che il termine martire, molto in uso nel mondo arabo, sia stato utilizzato solo per i militari morti e non per i numerosi copti uccisi».
Svanite le speranze della primavera araba, l’indifferenza delle autorità aumenta il senso di sfiducia dei cristiani che negli ultimi mesi stanno abbandonando il Paese in gran numero. «Spero che le vittime di domenica non siano morte invano – auspica padre Samir – e che la gente si schieri contro un modello inaccettabile di società». Il teologo spiega che, pur fedele alla tradizione religiosa, la maggioranza della popolazione non desidera uno stato islamico e che il problema principale dell’Egitto - «e di tutto il Medio Oriente» - è la mancanza di una cultura democratica. «Dalla rivoluzione del 1952 abbiamo avuto al potere solo autocrazie e, dopo quarant’anni di progresso della tendenza estremista islamica, nessuno sa cos’è la democrazia».
Si tratta di un processo molto lungo, complicato dall’alta percentuale di analfabetismo - il 40% - e dal basso livello culturale della popolazione che facilita il diffondersi dell’estremismo religioso. In vista delle elezioni di novembre, padre Samir rimane ottimista, «sebbene la realtà non permetta di esserlo. Ci vorranno anni, spero non decenni per imparare la democrazia e la libertà religiosa. Il fanatismo islamico non è il vero Islam, anche se molti musulmani violenti – e addirittura alcuni imam - credono che lo sia. Preghiamo che il sangue degli innocenti sia seme di giustizia».
«È ora che i musulmani compiano dei coraggiosi passi in avanti non solo in Egitto, ma in tutto il Medio Oriente», ha dichiarato ad ACS Italia a commento dei fatti del Cairo Mohammad Sammak, Segretario generale del Comitato islamo-cristiano per il Dialogo in Libano. Secondo il Direttore della rivista “al-Ijtihad”, le violenze contro i copti sono «tanto drammatiche quanto pericolose» perché uccidono le speranze della primavera araba. Dopo domenica, sono in molti a credere che il nuovo Governo egiziano non sia troppo diverso da quello di Mubarak, Nasser e Sadat, e che aspettative di cambiamento e aspirazioni di democrazia non rimarranno altro che vani desideri. «I copti però – afferma Sammak – hanno comunque sofferto molto durante i tre regimi precedenti. Negli ultimi anni di Mubarak, perfino il suo Ministro degli Interni era implicato nella repressione dei cristiani, al punto da pianificare l’attacco alla chiesa dei Santi ad Alessandria».
I musulmani devono mettere fine ai crimini contro i cristiani per difendere i diritti dei propri concittadini, ma anche per dimostrare al resto del mondo l’estraneità dell’Islam dalle violenze. «Maometto diceva che chi colpisce una chiesa o una moschea – prosegue il giornalista libanese – è contro la fede islamica».
In questa delicata fase di «gestazione politica», padre Philippe Luisier, docente di lingua e letteratura copta al Pontificio Istituto Orientale, invita a «non lasciarsi andare alla rabbia e alla paura» e intravede nella frammentazione dei partiti – «che pretendono di rappresentare la tradizione islamica» – una garanzia per un «Governo capace di tutelare i diritti di ognuno». Molte delle speranze della rivoluzione del 25 gennaio «non si sono realizzate», ma padre Luisier crede ancora in un nuovo Egitto costruito insieme da cristiani e musulmani. «La strage di domenica dovrebbe servire da monito – ha dichiarato ad ACS-Italia – affinché le prossime elezioni rappresentino un passo decisivo verso un futuro armonioso».
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