martedì, ottobre 25, 2011
WikiLeaks rischia di chiudere i battenti per mancanza di risorse: i suoi conti sono in rosso, ma il problema non deriva dalla mancanza di finanziatori, bensì dal blocco degli accrediti attuato da alcune importanti piattaforme di pagamento come PayPal, VISA, MasterCard, Western Union e Bank of America.

NBtimes - Un autentico cappio al collo dell’organizzazione guidata da Julian Assange, la cui stretta ne mina ora la sopravvivenza. A partire dallo scorso anno, sono molte le realtà che hanno voltato le spalle a WikiLeaks, mettendo in atto un autentico embargo tecnico sulle risorse su cui il gruppo aveva sempre potuto contare: dallo sfratto dai server di Amazon alla rimozione del dominio wikileaks.org dai DNS registrati nel record del registrar, fino al blocco bancario che ha preso il via con la decisione di PayPal – poi imitata dagli altri istituti – di surgelare l’account utilizzato da Wikileaks “per via di una violazione alle politiche di impiego corretto, nelle quali è stabilito che il nostro servizio di pagamento non può essere impiegato per attività che incoraggino, agevolino o istruiscano altri in attività illegali”.
Intuibili le conseguenze sul piano finanziario ed economico: venendo a mancare la disponibilità delle più importanti piattaforme di pagamento, non è più stato possibile ricevere i finanziamenti indispensabili a sostenere la gestione, la manutenzione e il sostentamento dell’infrastruttura hardware, software e umana che mantiene in vita WikiLeaks, oggi ufficialmente in stato di crisi.
Una condizione di difficoltà che ha portato alla decisione di sospendere le pubblicazioni, per un periodo di tempo limitato, e focalizzarsi sulla ricerca di nuovi finanziamenti, come illustrato da Julian Assange e dalla portavoce Kristinn Hrafnsson in una conferenza stampa ospitata ieri a Londra dal Frontline Club: “L’arbitrario e illegale blocco bancario imposto da Visa, MasterCard, PayPal, Western Union e Bank of America – ha spiegato Assange – ha spazzato via dal 90 al 95% delle donazioni destinate a WikiLeaks”. In valori assoluti, l’emorragia è pressoché totale: nello scorso anno le donazioni mensili superavano i 100mila euro, nel corso del 2011 hanno raggiunto a fatica i 6-7mila euro.
Le attuali necessità dell’organizzazione si traducono nell’urgenza di raccogliere almeno 2,5 milioni di euro, cifra che potrebbe dare una certa garanzia di continuità per i prossimi mesi. Per la propria sopravvivenza, Wikileaks sta percorrendo varie strade: in primis si sta battendo sul piano legale, con una richiesta di indagine su Visa e Mastercard formulata alla Commissione Europea. In secondo luogo, lo stesso Assange ha cambiato target e deciso di puntare in alto, andando a battere cassa presso importanti finanziatori, in grado di immettere linfa vitale che possa aggiungersi alle donazioni di importo anche modesto da parte degli utenti (effettuabili nelle modalità illustrate sul sito di WikiLeaks).
La sospensione resa nota nella conferenza stampa di ieri ha comunque un termine ben preciso: le pubblicazioni di materiale riservato riprenderanno il 28 novembre 2011, un anno esatto dopo la diffusione dei primi cablogrammi riservati alla diplomazia USA. In pratica, il primo anniversario della nascita del cablogate. Le modalità di diffusione delle informazioni saranno diverse da quelle utilizzate finora, ma non è dato sapere di quale soluzione farà uso WikiLeaks, da cui a questo punto si attendono novità sorprendenti. Per il momento solo una cosa sembra assodata: niente più canali di comunicazione criptati in HTTPS. Assange ha dichiarato di non potersi più fidare di organizzazioni di certificazione che hanno avuto infiltrazioni dai servizi segreti.

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