La Chiesa in Africa nelle riflessioni del Papa durante l’Udienza Generale del mercoledì
di Carlo Mafera
Il Papa ha ricordato il suo recente viaggio in Africa nella consueta udienza che si è tenuta ieri in Sala Nervi. A proposito delle sue conclusioni è significativo fare un passo indietro per comprendere il retroterra religioso africano degli anni precedenti. Il vescovo di Bissau, mons. Camnate, ha rilasciato qualche giorno fa un’intervista alla rivista Mission on line che, in qualche modo, racchiude in breve sintesi la situazione dei cristiani nel continente africano. Ecco la dichiarazione più importante di tale intervista: “Ho compreso una cosa importante vivendo in una Chiesa così: non bisogna aver paura di chi è diverso. Ogni steccato che difende il proprio orto è un muro che fa ombra e non ne fa nascere i frutti. È bello essere cristiani sentendosi fratelli dei non cristiani, è entusiasmante essere missionari a servizio di tutti e non solo del proprio piccolo gregge. Quando durante la guerra abbiamo assistito decine di migliaia di persone che fuggivano da Bissau, un capo musulmano mi ha detto: «Ora capisco perché siete qui; ora avete tolto la maschera che il colonialismo aveva messo alla Chiesa. Voi aiutate tutti». Questo è il Vangelo, la Buona Notizia che Dio è Padre di tutti e fa splendere il sole per tutti. È solo così che si può essere strumenti di pace e di riconciliazione, e si diventa - umilmente e pur con tanti limiti e difetti - Sacramento universale di salvezza”.
E proprio traendo spunto dalla dichiarazione del vescovo Camnate, si comprendono meglio le conclusioni che il Santo Padre Benedetto XVI ha esposto ai fedeli accorsi in Aula Paolo VI per l’Udienza Generale. Scegliamo alcuni passaggi, anche alla luce dell'Esortazione Apostolica Postsinodale Africae Munus, recentemente pubblicata, che raccoglie i frutti del lavoro svolto nell'ottobre 2009 e dedicato al tema della riconciliazione, della giustizia e della pace nel continente africano. L’appello agli africani ad essere “costruttori instancabili di comunione, di pace e di solidarietà” è stato accolto con grande “entusiasmo” – ha detto il Santo Padre. Parlando poi della sua visita ai bambini della parrocchia di Santa Rita, Benedetto XVI ha raccontato di aver indicato loro l’esempio di “San Kizito, un ragazzo ugandese, ucciso perché voleva vivere secondo il Vangelo”, esortando così “ciascuno a testimoniare Gesù ai propri coetanei”.
“In Africa ho visto una freschezza del sì alla vita, una freschezza del senso religioso e della speranza, una percezione della realtà nella sua totalità con Dio e non ridotta ad un positivismo che, alla fine, spegne la speranza”, ha proseguito il Santo Padre, che ha indicato nel continente nero “una riserva di vita e di vitalità per il futuro, sulla quale noi possiamo contare, sulla quale la Chiesa può contare”.
Il Santo Padre ha inoltre detto di aver riscontrato un “ardente desiderio di libertà e di giustizia che, specialmente in questi ultimi mesi, anima i cuori di numerosi popoli africani”. Ed ha auspicato che venga accolto il suo appello ad “una società in cui i rapporti tra etnie e religioni diverse siano caratterizzati dal dialogo e dall’armonia”.
Queste conclusioni richiamano alcune proposte operative della “Africae Munus” per favorire la riconciliazione, la giustizia e la pace nel continente: incrementare la lectio divina e l’apostolato biblico, indire un Congresso eucaristico continentale, celebrare ogni anno nei Paesi africani un giorno o una settimana di riconciliazione o anche realizzare un “Anno della riconciliazione” di tutto il continente e ampliare la schiera dei Santi africani, modelli esemplari di giustizia ed apostoli della pace.
di Carlo Mafera
Il Papa ha ricordato il suo recente viaggio in Africa nella consueta udienza che si è tenuta ieri in Sala Nervi. A proposito delle sue conclusioni è significativo fare un passo indietro per comprendere il retroterra religioso africano degli anni precedenti. Il vescovo di Bissau, mons. Camnate, ha rilasciato qualche giorno fa un’intervista alla rivista Mission on line che, in qualche modo, racchiude in breve sintesi la situazione dei cristiani nel continente africano. Ecco la dichiarazione più importante di tale intervista: “Ho compreso una cosa importante vivendo in una Chiesa così: non bisogna aver paura di chi è diverso. Ogni steccato che difende il proprio orto è un muro che fa ombra e non ne fa nascere i frutti. È bello essere cristiani sentendosi fratelli dei non cristiani, è entusiasmante essere missionari a servizio di tutti e non solo del proprio piccolo gregge. Quando durante la guerra abbiamo assistito decine di migliaia di persone che fuggivano da Bissau, un capo musulmano mi ha detto: «Ora capisco perché siete qui; ora avete tolto la maschera che il colonialismo aveva messo alla Chiesa. Voi aiutate tutti». Questo è il Vangelo, la Buona Notizia che Dio è Padre di tutti e fa splendere il sole per tutti. È solo così che si può essere strumenti di pace e di riconciliazione, e si diventa - umilmente e pur con tanti limiti e difetti - Sacramento universale di salvezza”.
E proprio traendo spunto dalla dichiarazione del vescovo Camnate, si comprendono meglio le conclusioni che il Santo Padre Benedetto XVI ha esposto ai fedeli accorsi in Aula Paolo VI per l’Udienza Generale. Scegliamo alcuni passaggi, anche alla luce dell'Esortazione Apostolica Postsinodale Africae Munus, recentemente pubblicata, che raccoglie i frutti del lavoro svolto nell'ottobre 2009 e dedicato al tema della riconciliazione, della giustizia e della pace nel continente africano. L’appello agli africani ad essere “costruttori instancabili di comunione, di pace e di solidarietà” è stato accolto con grande “entusiasmo” – ha detto il Santo Padre. Parlando poi della sua visita ai bambini della parrocchia di Santa Rita, Benedetto XVI ha raccontato di aver indicato loro l’esempio di “San Kizito, un ragazzo ugandese, ucciso perché voleva vivere secondo il Vangelo”, esortando così “ciascuno a testimoniare Gesù ai propri coetanei”.
“In Africa ho visto una freschezza del sì alla vita, una freschezza del senso religioso e della speranza, una percezione della realtà nella sua totalità con Dio e non ridotta ad un positivismo che, alla fine, spegne la speranza”, ha proseguito il Santo Padre, che ha indicato nel continente nero “una riserva di vita e di vitalità per il futuro, sulla quale noi possiamo contare, sulla quale la Chiesa può contare”.
Il Santo Padre ha inoltre detto di aver riscontrato un “ardente desiderio di libertà e di giustizia che, specialmente in questi ultimi mesi, anima i cuori di numerosi popoli africani”. Ed ha auspicato che venga accolto il suo appello ad “una società in cui i rapporti tra etnie e religioni diverse siano caratterizzati dal dialogo e dall’armonia”.
Queste conclusioni richiamano alcune proposte operative della “Africae Munus” per favorire la riconciliazione, la giustizia e la pace nel continente: incrementare la lectio divina e l’apostolato biblico, indire un Congresso eucaristico continentale, celebrare ogni anno nei Paesi africani un giorno o una settimana di riconciliazione o anche realizzare un “Anno della riconciliazione” di tutto il continente e ampliare la schiera dei Santi africani, modelli esemplari di giustizia ed apostoli della pace.
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