martedì, novembre 22, 2011
In Cambogia si è aperto ieri il processo contro tre alti dirigenti del regime comunista dei Khmer Rossi, che dovranno rispondere di genocidio e crimini contro l'umanità.

Radio Vaticana - Fra gli imputati, il fratello del dittatore Pol Pot, Nuon Chea, considerato il numero due del regime, nonché l'allora ministro degli Esteri, Ieng Sary, insieme con il leader del partito marxista "Kampucea democratica", Khieu Samphan. Centinaia di persone hanno assistito all’udienza, ma molti sopravvissuti criticano la lentezza del processo, dopo 15 anni di fase istruttoria. Gli imputati sono ultraottantenni e respingono le accuse. Tra il 1975 e il 1979, la dittatura dei Khmer provocò oltre due milioni di morti, quasi un quarto della popolazione del Paese asiatico. Milioni di persone furono trasferite forzatamente in campi di lavoro disumani dove morirono di stenti tra violenze e crudeltà. “Il partito comunista di Kampuchea trasformò la Cambogia in un immenso campo di schiavi, imponendo a un'intera popolazione un sistema che ancora oggi è difficile da comprendere”, ha sottolineato il procuratore nazionale, Chea Leang. “Crimini tra i peggiori inflitti a una nazione nella storia moderna. La loro colpevolezza – ha aggiunto il procuratore internazionale, Adrew Cayley, riferendosi ai tre imputati – può essere provata senza che siano forniti ulteriori elementi”. Il processo, nel quale si sono costituite circa quattromila parti civili, è il secondo davanti a un Tribunale internazionale. Nel luglio 2010, Kaing Guek Eav, conosciuto come il compagno Duch, responsabile del famigerato Centro di tortura "S-21", fu condannato a 30 anni di prigione per la morte di 15 mila persone. (M.G.)

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