martedì, novembre 29, 2011
Padre Abushalia: aiutateci ad avere pace

Radio Vaticana - Si celebra oggi in tutto il mondo la Giornata Onu di solidarietà col popolo palestinese. Il 29 novembre 1947, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò la risoluzione 181, che prevedeva la creazione di uno Stato ebraico e uno Stato arabo e attribuiva a Gerusalemme un regime internazionale speciale. Oggi, ad oltre 60 anni, il Medio Oriente ancora non conosce pace: i colloqui israelo-palestinesi sono infatti in fase di stallo. Intanto, il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha chiesto il riconoscimento della Palestina all’Onu: al riguardo, nella comunità internazionale è aperto il dibattito, mentre l’Unesco ha già approvato l’ingresso palestinese nell’organizzazione. Nei giorni scorsi, Pax Christi ha tenuto a Bulciago – paese dell’attivista italiano Vittorio Arrigoni, ucciso in aprile a Gaza – un Convegno dedicato al conflitto israelo-palestinese, alle diverse realtà impegnate in Medio Oriente e in particolare alla questione dell’acqua nella Valle del Giordano e nella Striscia di Gaza. Sulla situazione dei cristiani in Terra Santa, Giada Aquilino ha intervistato padre Raed Abushalia, parroco a Taybeh, villaggio cristiano tra Gerusalemme e Ramallah: ascolta

R. – Niente è cambiato per il meglio: non c’è negoziato, non c’è processo di pace. Allo stesso tempo, si continuano a costruire insediamenti Gerusalemme è chiusa a tutti i palestinesi, cristiani e musulmani: ci sono posti di blocco, c’è disoccupazione, la gente non può entrare in Israele o a Gerusalemme per lavorare. Questa è la situazione attuale. I cristiani sono una parte del popolo palestinese e perciò sono sotto occupazione e quindi soffrono di questa situazione.

D. – Padre, lei è parroco a Taybeh, che è un villaggio tra Gerusalemme e Ramallah. Come può essere descritta la situazione in quella zona?


R. – Taybeh è l’unico e l’ultimo villaggio interamente cristiano in Terra Santa. Siamo 30 km a nord di Gerusalemme, a nordest di Ramallah, nei Territori palestinesi. Anche se la popolazione è piccola – 1.300 abitanti, tutti cristiani – la situazione è uguale a quella degli altri villaggi vicini. Ma noi abbiamo la fortuna di avere quasi tutto: la chiesa, la scuola, un centro medico, una casa di riposo per gli anziani e due case di accoglienza per i pellegrini. Grazie a Dio, poi, da alcuni anni i pellegrini che vengono in Terra Santa passano da noi, perché vogliono essere a contatto con la comunità locale, con i cristiani della Terra Santa. Assistono alla Messa domenicale o quotidiana, parliamo con loro, possono visitare il villaggio e possono mangiare e dormire qui. Tengo molto a lanciare l’appello al ritorno dei pellegrini: venite, non abbiate paura di venire, non lasciateci da soli, perché questo è un segno di solidarietà con le popolazioni della Terra Santa e soprattutto con la comunità cristiana.


D. – Possiamo dire che Taybeh è un po’ il simbolo dei cristiani di Terra Santa. Qual è la speranza che spinge quei cristiani a rimanere?


R. – Taybeh può essere definita come la roccaforte del cristianesimo in Terra Santa, anche se questo villaggio ha molto sofferto per l’emigrazione: oggi, come ho detto, gli abitanti sono 1.300, ma negli anni Sessanta erano 3.400. Dunque, abbiamo dovuto impegnarci anche nel campo dello sviluppo economico per incoraggiarli a rimanere, per dare lavoro alla gente, per aiutarli a non emigrare. La Chiesa, qui, dà lavoro a 86 persone e questo significa 86 famiglie che possono lavorare e quindi restare.


D. – A ottobre 2010, l’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi ha voluto confermare e rafforzare i cristiani nella loro identità mediante la Parola di Dio. Com’è vissuta tale missione in Terra Santa?


R. – Questo incontro del Sinodo l’ho inteso come risposta, come frutto della visita nel 2009 del Santo Padre in Terra Santa, quando lui ha vissuto e ha compreso molto bene la situazione che si vive in queste zone. Credo che la prima cosa di cui i cristiani e le popolazioni della Terra Santa hanno bisogno sia il grande dono della pace.


D. – In occasione della Giornata Onu per i diritti del popolo palestinese, per cui anche Pax Christi è mobilitata, quale appello si può levare dalla Terra Santa?


R. – Lancio un appello alla pace in Terra Santa, perché possa essere risolto il conflitto israelo-palestinese. (gf)


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