Continua l’appuntamento con le fiabe per bambini di Silvio Foini
Nella casa di Antonello vivevano un cane, Dos, e un gatto, Bubi. Erano considerati ormai membri effettivi della famigliola e naturalmente erano adorati dal bimbo di dieci anni. Infatti quando Antonello a scuola doveva scrivere qualche tema sulla sua famiglia, i due animali, guarda caso, ne erano i protagonisti. E il bambino in effetti ne aveva di cose da raccontare, dato che i due suoi amici a quattro zampe ne combinavano qualcuna tutti i giorni. I genitori tuttavia, vedendo il grande affetto che legava il loro figliolo alle due bestiole, sopportavano volentieri i vari disastri che questi provocavono, tra cui il rosicchiamento dei tendaggi, i graffi sul divano buono della sala che era in pelle, per non parlare della predilezione dei due per il contenuto della dispensa che ogni tanto visitavano insieme.
Poi ovviamente, quando si ricordavano di essere cane e gatto, si lasciavano trascinare in baruffe a base di abbai, ringhi e soffi che non lasciavano presagire nulla di buono. Inseguendosi per ogni stanza di casa travolgevano come vento di tempesta tutto ciò che incontravano nelle loro corse. Tutto terminava quando il gatto Bubi, col pelo arruffato e le pupille dilatate, trovava rifugio sul tetto del mobilio, ove Dos non poteva raggiungerlo, ma rimaneva accucciato, la lingua penzoloni, ad attendere che l’odioso felino tornasse a terra.
Un giorno però la mamma di Antonello perse la pazienza per davvero. I due terremoti di casa, trovata aperta la dispensa, si erano divisi più o meno equamente un bel piatto di pesci pronto per la cena della sera. Con la scopa di saggina in mano, la mamma aveva fatto giustizia spedendo i ladroni fuori dell’uscio di casa, in giardino, e aveva anche promesso che da quel giorno, Antonello volente o nolente, cane e gatto sarebbero vissuto fuori.
Il bimbo si dolse molto della decisione assunta dalla mamma e quella sera non pianse nemmeno. Il mattino del giorno dopo, quando si alzò dal letto per andare a scuola, guardando fuori dalla finestra vide che era scesa la neve e che i suoi due amici, stretti l’uno accanto all’altro per riscaldarsi un pochino, tremavano dal freddo. Guardò negli occhi la mamma come a cercare di intenerirla ma lei fece finta di non aver notato quel muto sguardo implorante. Antonello, a scuola, non prestò la solita attenzione a quel che diceva la maestra: stava meditando un sistema adatto a far tornare sulla sua decisione la severa mamma. Prima che finisse la scuola pensò di averlo trovato…
Tornato a casa, osservò che la tavola era apparecchiata e che si sentiva un invitante odorino. Quando la mamma servì in tavola, Antonello prese il proprio piatto, si alzò, uscì dalla porta che dava sul giardino dove stavano infreddoliti i suoi amati animali e si sedette sul gradino dell’uscio cominciando a mangiare dividendo in tre parti il cibo: una per sé, una per Dos e un’altra per Bubi.
I genitori stettero ad osservare dalla finestra quella tenera scenetta e compresero quanto Antonello, di soli dieci anni, amasse quelle bestiole. Il papà, scambiandosi un’occhiata d’intesa con la mamma spalancò la finestra e gridò: “Avanti voi tre, tutti in casa che fra un gran freddo lì fuori!”.
Presto sarebbe arrivato il Natale, la festa dell’amore per tutto il creato. I genitori di Antonello compresero che l’amore fra le creature di Dio era il più bel regalo per tutti, uomini e bestie. Ognuno con la propria natura.
Nella casa di Antonello vivevano un cane, Dos, e un gatto, Bubi. Erano considerati ormai membri effettivi della famigliola e naturalmente erano adorati dal bimbo di dieci anni. Infatti quando Antonello a scuola doveva scrivere qualche tema sulla sua famiglia, i due animali, guarda caso, ne erano i protagonisti. E il bambino in effetti ne aveva di cose da raccontare, dato che i due suoi amici a quattro zampe ne combinavano qualcuna tutti i giorni. I genitori tuttavia, vedendo il grande affetto che legava il loro figliolo alle due bestiole, sopportavano volentieri i vari disastri che questi provocavono, tra cui il rosicchiamento dei tendaggi, i graffi sul divano buono della sala che era in pelle, per non parlare della predilezione dei due per il contenuto della dispensa che ogni tanto visitavano insieme.
Poi ovviamente, quando si ricordavano di essere cane e gatto, si lasciavano trascinare in baruffe a base di abbai, ringhi e soffi che non lasciavano presagire nulla di buono. Inseguendosi per ogni stanza di casa travolgevano come vento di tempesta tutto ciò che incontravano nelle loro corse. Tutto terminava quando il gatto Bubi, col pelo arruffato e le pupille dilatate, trovava rifugio sul tetto del mobilio, ove Dos non poteva raggiungerlo, ma rimaneva accucciato, la lingua penzoloni, ad attendere che l’odioso felino tornasse a terra.
Un giorno però la mamma di Antonello perse la pazienza per davvero. I due terremoti di casa, trovata aperta la dispensa, si erano divisi più o meno equamente un bel piatto di pesci pronto per la cena della sera. Con la scopa di saggina in mano, la mamma aveva fatto giustizia spedendo i ladroni fuori dell’uscio di casa, in giardino, e aveva anche promesso che da quel giorno, Antonello volente o nolente, cane e gatto sarebbero vissuto fuori.
Il bimbo si dolse molto della decisione assunta dalla mamma e quella sera non pianse nemmeno. Il mattino del giorno dopo, quando si alzò dal letto per andare a scuola, guardando fuori dalla finestra vide che era scesa la neve e che i suoi due amici, stretti l’uno accanto all’altro per riscaldarsi un pochino, tremavano dal freddo. Guardò negli occhi la mamma come a cercare di intenerirla ma lei fece finta di non aver notato quel muto sguardo implorante. Antonello, a scuola, non prestò la solita attenzione a quel che diceva la maestra: stava meditando un sistema adatto a far tornare sulla sua decisione la severa mamma. Prima che finisse la scuola pensò di averlo trovato…
Tornato a casa, osservò che la tavola era apparecchiata e che si sentiva un invitante odorino. Quando la mamma servì in tavola, Antonello prese il proprio piatto, si alzò, uscì dalla porta che dava sul giardino dove stavano infreddoliti i suoi amati animali e si sedette sul gradino dell’uscio cominciando a mangiare dividendo in tre parti il cibo: una per sé, una per Dos e un’altra per Bubi.
I genitori stettero ad osservare dalla finestra quella tenera scenetta e compresero quanto Antonello, di soli dieci anni, amasse quelle bestiole. Il papà, scambiandosi un’occhiata d’intesa con la mamma spalancò la finestra e gridò: “Avanti voi tre, tutti in casa che fra un gran freddo lì fuori!”.
Presto sarebbe arrivato il Natale, la festa dell’amore per tutto il creato. I genitori di Antonello compresero che l’amore fra le creature di Dio era il più bel regalo per tutti, uomini e bestie. Ognuno con la propria natura.
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Sono presenti 2 commenti
e una bellissima fiaba
A quando la prossima fiaba? Ho bisogno di rasserenare il mio animo e, leggere le tue favole mi fa sentire meglio. Grazie
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