I voti di fiducia espressi al governo Monti sono l'adesione convinta alla voglia di cambiamento per il Paese. Il cammino è irto ma è tempo di sperimentarsi come comunità senza steccati e polemiche.
Città Nuova - Quanto è avvenuto nel giro di soli dieci giorni con la formazione di un governo di ampia responsabilità, ritengo sia per l’Italia una tappa storica. E non perché è cambiato il governo, né perché abbiamo messo da parte i politici e fatto venire avanti i tecnici. Il motivo è un altro: la ricerca del bene dell’Italia ha avuto un soprassalto. E ciò ha prodotto qualcosa di inatteso. La politica non è stata messa sotto tutela, anzi proprio la saggezza con cui si è mosso il presidente della Repubblica, la competenza di Monti e dei nuovi ministri, il loro atteggiamento di costante rispetto verso le istituzioni e verso tutte le realtà sociali ed economiche del Paese ha prodotto l’imprevedibile: il Parlamento e i partiti hanno abbassato le mura di difesa e tutto ciò ha riportato in campo la politica reale, quella di cui i cittadini comprendono il linguaggio e le scelte, anche quelle difficili. Paradossalmente un governo tecnico sta sfidando politicamente il Parlamento. Quest’ultimo ha fatto coraggiosamente un salto lunghissimo, ma per tenere il passo, dovrà mettersi a correre aggiornando in fretta (ed è un’impresa enorme) la propria capacità politica.
In Aula era palpabile la consapevolezza di essere entrati in una nuova fase della vita politica italiana (altro che celebrazioni del 150°!) ed il sì che abbiamo pronunciato per 847 volte, tra Senato e Camera, per molti, moltissimi di noi non è stato solo fiducia al Governo, ma adesione profonda, spesso comunicata subito dopo il voto, a dare un contributo nuovo al cambiamento del Paese.
Ovviamente non è tutto fatto, anzi forse ora è tutto da fare. Ci attende un percorso in salita in cui ci saranno passi avanti e passi indietro, cadute e risalite. E non tanto per i sacrifici economici che ci saranno richiesti. Anzi questi - se li sapremo fare bene tenendo conto di chi più fatica, immettendo solidarietà, riportando la legalità, salvaguardando l’ambiente - ci aiuteranno a trovare un nuovo stile di vita e magari più felicità.
La parte più irta ed esposta del percorso è, a mio avviso, comprendere che il mondo è attraversato da un vento profondo di cambiamento, vento che l’Italia finora ha sentito solo come un vento freddo e ostile senza saperne raccogliere l’energia nuova. Per sfruttarla, questa energia, occorre cambiare il nostro modo di pensare, di affrontare i problemi, di inventare soluzioni.
Qui sta il difficile per una politica ed anche per forze sociali imbrigliate in categorie antiche, che non permettono più di difendere con efficacia due capo saldi che caratterizzano le visioni politiche: libertà “o” uguaglianza. Così abbiamo girato a vuoto e interessi non pubblici e illegalità organizzata hanno avuto buon gioco. Ora alla politica per riprendere autorevolezza e forza, serve un nuovo paradigma che tenga insieme libertà “e” uguaglianza, unità “e” diversità, globale “e” locale, la nostra cultura “e” le altre culture, diritti individuali “e” valore della comunità.
Siamo in molti e in diversi luoghia lavorare per dare spessore politico a quel terzo paradigma della modernità che accompagna la libertà e l’uguaglianza e cioè la fraternità. Essendo essa dinamica, relazionale, aperta, creativa di per sé, può diventare la chiave politica per ridefinire libertà ed uguaglianza nella complessità di oggi. E, quindi, la chiave per ridefinire l’identità degli schieramenti politici e la mission dei partiti. In fondo, se ci riflettiamo, è stata già la chiave di questi dieci giorni che hanno cominciato a cambiare l’Italia.
La sfida è aperta. Ora non ci dobbiamo più voltare indietro. Ciò non toglie che si debba il massimo rispetto a chi non resiste dal buttare uno sguardo all’indietro, dal rivendicare e dal vedere e parlare dei bicchieri mezzi o quasi vuoti. Le tante strade storte ancora da raddrizzare le vediamo e lo faremo. Ma credo che non ci sia permesso di farci frenare dai dubbi e dai profeti di sventura.
Da lunedì al lavoro con un agenda fitta fitta: conti da sanare, crescita economia, culturale e sociale del Paese, lavoro, pensioni, legalità, equilibrio tra nord e del sud, coesione sociale, giovani e istruzione, riforme istituzionali e quella elettorale. Ma oggi godiamo di avere ritrovato la fiducia in noi e di avere riconquistato quella dell’Europa.
Città Nuova - Quanto è avvenuto nel giro di soli dieci giorni con la formazione di un governo di ampia responsabilità, ritengo sia per l’Italia una tappa storica. E non perché è cambiato il governo, né perché abbiamo messo da parte i politici e fatto venire avanti i tecnici. Il motivo è un altro: la ricerca del bene dell’Italia ha avuto un soprassalto. E ciò ha prodotto qualcosa di inatteso. La politica non è stata messa sotto tutela, anzi proprio la saggezza con cui si è mosso il presidente della Repubblica, la competenza di Monti e dei nuovi ministri, il loro atteggiamento di costante rispetto verso le istituzioni e verso tutte le realtà sociali ed economiche del Paese ha prodotto l’imprevedibile: il Parlamento e i partiti hanno abbassato le mura di difesa e tutto ciò ha riportato in campo la politica reale, quella di cui i cittadini comprendono il linguaggio e le scelte, anche quelle difficili. Paradossalmente un governo tecnico sta sfidando politicamente il Parlamento. Quest’ultimo ha fatto coraggiosamente un salto lunghissimo, ma per tenere il passo, dovrà mettersi a correre aggiornando in fretta (ed è un’impresa enorme) la propria capacità politica.
In Aula era palpabile la consapevolezza di essere entrati in una nuova fase della vita politica italiana (altro che celebrazioni del 150°!) ed il sì che abbiamo pronunciato per 847 volte, tra Senato e Camera, per molti, moltissimi di noi non è stato solo fiducia al Governo, ma adesione profonda, spesso comunicata subito dopo il voto, a dare un contributo nuovo al cambiamento del Paese.
Ovviamente non è tutto fatto, anzi forse ora è tutto da fare. Ci attende un percorso in salita in cui ci saranno passi avanti e passi indietro, cadute e risalite. E non tanto per i sacrifici economici che ci saranno richiesti. Anzi questi - se li sapremo fare bene tenendo conto di chi più fatica, immettendo solidarietà, riportando la legalità, salvaguardando l’ambiente - ci aiuteranno a trovare un nuovo stile di vita e magari più felicità.
La parte più irta ed esposta del percorso è, a mio avviso, comprendere che il mondo è attraversato da un vento profondo di cambiamento, vento che l’Italia finora ha sentito solo come un vento freddo e ostile senza saperne raccogliere l’energia nuova. Per sfruttarla, questa energia, occorre cambiare il nostro modo di pensare, di affrontare i problemi, di inventare soluzioni.
Qui sta il difficile per una politica ed anche per forze sociali imbrigliate in categorie antiche, che non permettono più di difendere con efficacia due capo saldi che caratterizzano le visioni politiche: libertà “o” uguaglianza. Così abbiamo girato a vuoto e interessi non pubblici e illegalità organizzata hanno avuto buon gioco. Ora alla politica per riprendere autorevolezza e forza, serve un nuovo paradigma che tenga insieme libertà “e” uguaglianza, unità “e” diversità, globale “e” locale, la nostra cultura “e” le altre culture, diritti individuali “e” valore della comunità.
Siamo in molti e in diversi luoghia lavorare per dare spessore politico a quel terzo paradigma della modernità che accompagna la libertà e l’uguaglianza e cioè la fraternità. Essendo essa dinamica, relazionale, aperta, creativa di per sé, può diventare la chiave politica per ridefinire libertà ed uguaglianza nella complessità di oggi. E, quindi, la chiave per ridefinire l’identità degli schieramenti politici e la mission dei partiti. In fondo, se ci riflettiamo, è stata già la chiave di questi dieci giorni che hanno cominciato a cambiare l’Italia.
La sfida è aperta. Ora non ci dobbiamo più voltare indietro. Ciò non toglie che si debba il massimo rispetto a chi non resiste dal buttare uno sguardo all’indietro, dal rivendicare e dal vedere e parlare dei bicchieri mezzi o quasi vuoti. Le tante strade storte ancora da raddrizzare le vediamo e lo faremo. Ma credo che non ci sia permesso di farci frenare dai dubbi e dai profeti di sventura.
Da lunedì al lavoro con un agenda fitta fitta: conti da sanare, crescita economia, culturale e sociale del Paese, lavoro, pensioni, legalità, equilibrio tra nord e del sud, coesione sociale, giovani e istruzione, riforme istituzionali e quella elettorale. Ma oggi godiamo di avere ritrovato la fiducia in noi e di avere riconquistato quella dell’Europa.
Letizia De Torre
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