lunedì, novembre 14, 2011
Manifestazioni di protesta filo-governative oggi in Siria, a causa della decisione della Lega Araba di sospendere le attività del Paese nell’organizzazione, fino a quando il presidente Bashar Al-Assad non porrà fine alle violenze contro le opposizioni.

Radio Vaticana - Il provvedimento, che entrerà in vigore il 16 novembre, prevede anche il ritiro dei carri armati dalle strade e il rilascio dei prigionieri politici. Il servizio di Michele Raviart: ascolta

Nuovo giorno di proteste in Siria, ma il presidente Bashar Al-Assad, da mesi al centro di proteste puntualmente represse nel sangue, è questa volta inneggiato da cori e slogan. A scendere in piazza a Damasco sono infatti decine di migliaia di manifestanti filo-governativi, che non hanno gradito l’imminente sospensione della Siria da tutte le attività della Lega Araba. Una decisione mal accolta dai sostenitori del regime che, armati di pietre, bastoni e coltelli, hanno attaccato nella notte le sedi diplomatiche turche a Damasco, Aleppo e Latakia. Hanno saccheggiato l’ambasciata dell’Arabia Saudita, a pochi isolati dagli uffici del presidente Assad. Un incidente duramente condannato dal governo di Riyadh, che ha accusato le forze di sicurezza siriane di aver favorito il perpetrarsi delle violenze, mentre il governo turco ha deciso di evacuare le famiglie dei diplomatici impegnati in Siria. Il provvedimento della Lega Araba, giudicato dal governo di Damasco illegale e dettato dagli interessi dell’occidente, è stato accolto con soddisfazione dalle Nazioni Unite, che tramite il segretario generale Ban Ki-Moon, hanno definito la decisione “forte e coraggiosa”. Entusiaste anche le opposizioni, che ieri avevano accolto la notizia all’esterno del palazzo della Lega Araba al Cairo, e il Consiglio nazionale siriano, che da Istanbul, si è detto pronto a partecipare alle trattative per inaugurare un periodo di transizione verso un governo democratico. Intanto, quattro persone sono state uccise questa mattina ad Hama dalle forze di sicurezza per aver intonato slogan contro Assad durante un corteo di sostenitori del presidente.

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