mercoledì, novembre 09, 2011
L’impatto della crisi economica sui bambini e gli adolescenti che vivono in Italia. È il tema del seminario organizzato oggi a Roma dall’Unicef Italia, che ha visto confrontarsi diversi esponenti del terzo settore e esperti di studi sociali e statistica. Con l’ausilio delle ultime ricerche sul fenomeno, si è tracciato un quadro sulla povertà e la condizione di disagio dei minori e delle famiglie con minori, e delle relative ripercussioni esercitate dall’attuale fase socioeconomica.

RadioVaticana - “La crisi la pagheranno i bambini?”. La risposta al drammatico interrogativo che ha aperto i lavori è “sì”. A dirlo sono gli indicatori rivelati dall’Istat, che mostrano segnali di peggioramento della loro condizione socioeconomica. Negli ultimi 13 anni, tra le famiglie con tre o più figli si è passati da un’incidenza di povertà del 25 per cento a un’incidenza del 30,5 per cento. Una situazione che si aggrava in particolare nel Mezzogiorno, dove la povertà relativa interessa oltre un milione e 200 mila minori. E in tutto il Paese sono quasi 18% i minori considerati relativamente poveri, il che identifica l’Italia come il Paese con il rischio di povertà minorile tra i più elevati d’Europa. Laura Baldassare, responsabile dell’Advocacy istituzionale di Unicef Italia, ci spiega chi sono questi bambini a rischio e cosa bisogna fare per migliorare la loro condizione:

R. - E’ il reddito dei genitori che ha un effetto sulla povertà dei bambini e degli adolescenti. E’ importante che lavorino entrambi i genitori, che lavorino in condizioni di adeguate. Ricordiamo che il fenomeno che si sta riscontrando anche in Italia è quello del “working poor”, cioè quello dei lavoratori poveri: non basta cioè avere un lavoro, ma deve essere un lavoro dignitoso dal punto di vista anche delle condizioni economiche del lavoro stesso. E’ importante che siano anche le madri a lavorare. Poi abbiamo bisogno di servizi per la prima infanzia che fanno la differenza proprio anche sui curricula scolastici: i bambini che hanno partecipato ad attività nella prima infanzia, all’interno dei servizi, vanno meglio. Abbiamo inoltre bisogno di un’attenzione specifica ai bambini e agli adolescenti che non si limiti soltanto ai primissimi anni di vita. E c’è poi bisogno di un’azione specifica per le famiglie più numerose e per i minorenni con disabilità, oltre che per le famiglie immigrate.

E il seminario di oggi, rientra nel progetto, promosso dal Ministero delle Politiche sociali, volto a contribuire alla formulazione di una strategia italiana di contrasto alla povertà minorile. Ma quali soluzioni sono allo studio?
R. - Assicurare che alla povertà minorile venga data priorità nelle strategie nazionali previste sulla povertà e l’inclusione sociale. Promuovere politiche che siano una combinazione tra i diversi aspetti, quindi parlare di redito, di sostegno al reddito minimo, ma anche di trasferimenti per tutto il tema della protezione sociale, l’istruzione, la salute, e dunque adottare un approccio che sia globale. Noi proponiamo - e questo l’abbiamo già in parte realizzato in via sperimentale - un approccio che tenga conto dell’ascolto del punto di vista dei bambini e degli adolescenti. Anche semplicemente analizzando le storie di vita di bambini adolescenti, che sperimentano situazioni di povertà e di esclusione sociale, noi riusciamo a individuare quali sono i momenti fondamentali nei quali è importante intervenire per evitare che questa situazione permanga nel tempo.

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