Le violenze e gli abusi sulle donne in Afghanistan continuano come al tempo dei talebani
di Claudia Zichi
Il governo del presidente Karzai non ha fatto alcun passo avanti per quanto concerne i diritti delle donne. Lo scorso 30 novembre per esempio il capo di un clan locale ha spruzzato dell'acido su un'intera famiglia in risposta al rifiuto del capo-famiglia di concedergli in sposa una delle tre figlie: il padre e la figlia più piccola sono tutt'oggi in pericolo di vita. Secondo la testimonianza dei membri del villaggio, il capo clan è in realtà un membro degli Arbakis, gruppo paramilitare nato per combattere i talebani nel nord dell’Afghanistan. Fonti locali rivelano che con ogni probabilità non ci sarà nessun arresto, dal momento che sia la polizia sia la popolazione considera i gruppi paramilitari al di sopra della legge, anche quando sono accusati di uccisioni sommarie, stupri e violenze.
A 10 anni dalla caduta dei talebani, il Paese sembra essere ancora in balìa dell’islam radicale e delle tradizioni tribali. La popolazione considera la sharìa come unica legge valida. Sono le donne a soffrire maggiormente di questa situazione: per loro è proibito andare a scuola, scegliere il marito, avere un lavoro. La sharìa stabilisce inoltre che le vedove siano espulse dalle famiglie, e che i loro beni siano requisiti.
L’associazione britannica Womankind Worldwide denuncia in un recente rapporto che più del 50% delle detenute afghane è in carcere per aver commesso adulterio. La donna viene considerata ancora oggi dalla maggior parte della popolazione maschile un mero strumento di procreazione. Sam Zafiri, direttore di Amnesty International per l'Asia e il Pacifico, in un comunicato risalente a maggio 2011 aveva precisato: "È fondamentale che i diritti delle donne non siano messi in vendita negli accordi di pace. I diritti delle donne non sono negoziabili. I talebani hanno commesso violazioni dei diritti umani agghiaccianti. Ogni negoziato sulla riconciliazione deve prevedere un'adeguata rappresentanza delle donne afgane". Ma le donne afgane subiscono ancora oggi le più gravi ingiustizie.
Lo stesso presidente Karzai ammette il parziale fallimento del suo governo e degli alleati, che in questi dieci anni non sono stati in grado di fornire maggiore sicurezza ai cittadini afghani. I gruppi terroristici legati ai Talebani mettono a segno un gran numero di attentati ogni anno e il numero di morti dal 2001 a oggi supera secondo la Nato i 10mila civili (1462 solo nei primi mesi del 2011).
Oggi, alla vigilia della Conferenza internazionale di Bonn sull'Afghanistan, il presidente Hamid Karzai ha rivolto un forte appello alla comunità internazionale auspicando che gli aiuti al suo paese "durino almeno un altro decennio" dopo il ritiro militare che terminerà nel 2014. In una intervista al settimanale tedesco Der Spiegel, il capo dello Stato afghano ha spiegato che il sostegno "è necessario per un ulteriore sviluppo delle istituzioni nazionali, del governo, dell'esercito e della polizia".
Ma questo tipo di sviluppo non è sufficiente. Per cambiare davvero l’Afghanistan si deve investire di più nell'educazione: solo così si potrà promuovere nella società la tutela della dignità della persona e dei diritti umani. Senza questa evoluzione, il Paese resterà fermo. A 10 anni di distanza, pochissimo è cambiato: si spara ancora e civili inermi continuano a morire, mentre le donne continuano a subire violenze di ogni tipo.
di Claudia Zichi
Il governo del presidente Karzai non ha fatto alcun passo avanti per quanto concerne i diritti delle donne. Lo scorso 30 novembre per esempio il capo di un clan locale ha spruzzato dell'acido su un'intera famiglia in risposta al rifiuto del capo-famiglia di concedergli in sposa una delle tre figlie: il padre e la figlia più piccola sono tutt'oggi in pericolo di vita. Secondo la testimonianza dei membri del villaggio, il capo clan è in realtà un membro degli Arbakis, gruppo paramilitare nato per combattere i talebani nel nord dell’Afghanistan. Fonti locali rivelano che con ogni probabilità non ci sarà nessun arresto, dal momento che sia la polizia sia la popolazione considera i gruppi paramilitari al di sopra della legge, anche quando sono accusati di uccisioni sommarie, stupri e violenze.
A 10 anni dalla caduta dei talebani, il Paese sembra essere ancora in balìa dell’islam radicale e delle tradizioni tribali. La popolazione considera la sharìa come unica legge valida. Sono le donne a soffrire maggiormente di questa situazione: per loro è proibito andare a scuola, scegliere il marito, avere un lavoro. La sharìa stabilisce inoltre che le vedove siano espulse dalle famiglie, e che i loro beni siano requisiti.
L’associazione britannica Womankind Worldwide denuncia in un recente rapporto che più del 50% delle detenute afghane è in carcere per aver commesso adulterio. La donna viene considerata ancora oggi dalla maggior parte della popolazione maschile un mero strumento di procreazione. Sam Zafiri, direttore di Amnesty International per l'Asia e il Pacifico, in un comunicato risalente a maggio 2011 aveva precisato: "È fondamentale che i diritti delle donne non siano messi in vendita negli accordi di pace. I diritti delle donne non sono negoziabili. I talebani hanno commesso violazioni dei diritti umani agghiaccianti. Ogni negoziato sulla riconciliazione deve prevedere un'adeguata rappresentanza delle donne afgane". Ma le donne afgane subiscono ancora oggi le più gravi ingiustizie.
Lo stesso presidente Karzai ammette il parziale fallimento del suo governo e degli alleati, che in questi dieci anni non sono stati in grado di fornire maggiore sicurezza ai cittadini afghani. I gruppi terroristici legati ai Talebani mettono a segno un gran numero di attentati ogni anno e il numero di morti dal 2001 a oggi supera secondo la Nato i 10mila civili (1462 solo nei primi mesi del 2011).
Oggi, alla vigilia della Conferenza internazionale di Bonn sull'Afghanistan, il presidente Hamid Karzai ha rivolto un forte appello alla comunità internazionale auspicando che gli aiuti al suo paese "durino almeno un altro decennio" dopo il ritiro militare che terminerà nel 2014. In una intervista al settimanale tedesco Der Spiegel, il capo dello Stato afghano ha spiegato che il sostegno "è necessario per un ulteriore sviluppo delle istituzioni nazionali, del governo, dell'esercito e della polizia".
Ma questo tipo di sviluppo non è sufficiente. Per cambiare davvero l’Afghanistan si deve investire di più nell'educazione: solo così si potrà promuovere nella società la tutela della dignità della persona e dei diritti umani. Senza questa evoluzione, il Paese resterà fermo. A 10 anni di distanza, pochissimo è cambiato: si spara ancora e civili inermi continuano a morire, mentre le donne continuano a subire violenze di ogni tipo.
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