Dopo 538 giorni di crisi, il neo primo ministro Elio Di Rupo giura davanti al re. E se le pressioni della Commissione europea e dei mercati hanno aiutato a sbloccare la situazione, il compito che lo attende non è certo semplice.
Città Nuova - Dopo l’accordo sulla riforma dello stato belga in ottobre, pensavamo che l’accordo di governo fosse imminente. Invece no. Come si dice qui, gatto scottato teme l’acqua fredda. Tradotto in politichese del Nord: mai più un governo senza prima essersi messi d’accordo su (quasi) tutto. Ci sono voluti ancora due mesi per tradurre le riforme istituzionali, l’accordo sul bilancio 2012 ed altri dettagli pesanti nelle 177 pagine del programma di governo, tra i sei partiti della coalizione, sotto la guida del futuro neo-primo ministro di Rupo: socialisti fiamminghi e francofoni, liberali del nord e del sud e centristi. Hanno dato forfait gli ecologisti; dopo essere stati determinanti per la riforma dello Stato, hanno preferito stimolare il governo dai banchi della minoranza.
Perché sono stati necessari altri due mesi? I mercati e la Commissione europea si sono stancati della precaria situazione politica belga, ed hanno cominciato, rispettivamente, a minacciare e stimolare il Paese: serviva una manovra da 11 miliardi di Euro per riportare il Belgio sulla rotta virtuosa del risanamento delle finanze pubbliche (il debito pubblico è passato dal 133 per cento del Pil dell’inizio degli anni ’90 al all’84% nel 2007, per poi risalire, ma meno che in altri Paesi, durante la crisi economica e finanziaria). Tuttavia, ancora una volta, non era semplice mettere d’accordo tutti: questa volta le tensioni non erano tra fiamminghi e francofoni, ma, in modo più classico, tra destra e sinistra, futuri alleati di governo. Nonostante la pressione della crisi del debito, i negoziati sono stati bloccati per settimane sul dove trovare l’ultimo miliardo degli 11 necessari. La spintarella – decisiva – all’urgenza di un accordo l’ha data l’agenzia Standard & Poor's, che ha declassato il rating del Belgio qualche giorno fa.
Da aprile 2010 il Regno del Belgio è guidato da un governo di transizione. Oggi, lunedì 5 dicembre, dopo 538 giorni di crisi – un record mondiale – Elio di Rupo giurerà davanti al re, poi il voto di fiducia in parlamento nei giorni a seguire. Figlio di emigranti italiani, mediatore instancabile ed esperto navigatore nel complessissimo panorama politico belga, di Rupo sarà il primo premier francofono dal 1979. Intanto i separatisti fiamminghi della N-VA, che sono rimasti fuori dalle trattative istituzionali e di bilancio, sono saliti al 40 per cento nei sondaggi della scorsa settimana sulle intenzioni di voto (tra i fiamminghi, che sono il 60 per cento della popolazione), 4 per cento in più dell’ultimo sondaggio di ottobre. Tanto per rendere la navigazione di Di Rupo un po’ più movimentata…
Città Nuova - Dopo l’accordo sulla riforma dello stato belga in ottobre, pensavamo che l’accordo di governo fosse imminente. Invece no. Come si dice qui, gatto scottato teme l’acqua fredda. Tradotto in politichese del Nord: mai più un governo senza prima essersi messi d’accordo su (quasi) tutto. Ci sono voluti ancora due mesi per tradurre le riforme istituzionali, l’accordo sul bilancio 2012 ed altri dettagli pesanti nelle 177 pagine del programma di governo, tra i sei partiti della coalizione, sotto la guida del futuro neo-primo ministro di Rupo: socialisti fiamminghi e francofoni, liberali del nord e del sud e centristi. Hanno dato forfait gli ecologisti; dopo essere stati determinanti per la riforma dello Stato, hanno preferito stimolare il governo dai banchi della minoranza.
Perché sono stati necessari altri due mesi? I mercati e la Commissione europea si sono stancati della precaria situazione politica belga, ed hanno cominciato, rispettivamente, a minacciare e stimolare il Paese: serviva una manovra da 11 miliardi di Euro per riportare il Belgio sulla rotta virtuosa del risanamento delle finanze pubbliche (il debito pubblico è passato dal 133 per cento del Pil dell’inizio degli anni ’90 al all’84% nel 2007, per poi risalire, ma meno che in altri Paesi, durante la crisi economica e finanziaria). Tuttavia, ancora una volta, non era semplice mettere d’accordo tutti: questa volta le tensioni non erano tra fiamminghi e francofoni, ma, in modo più classico, tra destra e sinistra, futuri alleati di governo. Nonostante la pressione della crisi del debito, i negoziati sono stati bloccati per settimane sul dove trovare l’ultimo miliardo degli 11 necessari. La spintarella – decisiva – all’urgenza di un accordo l’ha data l’agenzia Standard & Poor's, che ha declassato il rating del Belgio qualche giorno fa.
Da aprile 2010 il Regno del Belgio è guidato da un governo di transizione. Oggi, lunedì 5 dicembre, dopo 538 giorni di crisi – un record mondiale – Elio di Rupo giurerà davanti al re, poi il voto di fiducia in parlamento nei giorni a seguire. Figlio di emigranti italiani, mediatore instancabile ed esperto navigatore nel complessissimo panorama politico belga, di Rupo sarà il primo premier francofono dal 1979. Intanto i separatisti fiamminghi della N-VA, che sono rimasti fuori dalle trattative istituzionali e di bilancio, sono saliti al 40 per cento nei sondaggi della scorsa settimana sulle intenzioni di voto (tra i fiamminghi, che sono il 60 per cento della popolazione), 4 per cento in più dell’ultimo sondaggio di ottobre. Tanto per rendere la navigazione di Di Rupo un po’ più movimentata…
Paolo Giusta
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