domenica, dicembre 18, 2011
I migranti non sono un fardello, ma una risorsa che porta grandi contributi ai Paesi ospitanti. Così si è espresso il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, nel suo messaggio per la Giornata Internazionale dei migranti, che si celebra oggi in tutto il mondo.

Radio Vaticana - L’errata visione che molti hanno delle migrazioni - si legge nel testo – portano spesso all’adozione di politiche sbagliate o addirittura pericolose. A tutela dei 214 milioni di migranti e dei membri delle loro famiglie, la comunità internazionale ha elaborato una specifica Convenzione ratificata però da soli 45 Stati. A Paolo Morozzo della Rocca, esperto di diritto dell’immigrazione e membro della Comunità di Sant’Egidio, Stefano Leszczynski ha chiesto quale sia il messaggio di questa Giornata internazionale dei migranti:

R. - Innanzitutto arriva un messaggio all’Europa, ed è quello secondo cui chiudere le porte mentre il mondo intorno sta cambiando significa sancire un destino di declino europeo. Aprirle, invece, significa saper raccogliere una sfida epocale. Nel bacino sud del Mediterraneo e, più in generale, in Africa, abbiamo una primavera che probabilmente non si fermerà al Nord Africa, anche se è una primavera molto sofferente, che ha portato con sé grandi tragedie.

D. - Da parte della comunità internazionale ed in particolare delle istituzioni internazionali, c’è sempre una grande attenzione verso il fenomeno delle migrazioni. Tuttavia, non si riesce ad avere una precisa indicazione su quello che bisognerebbe fare…

R. - E’ vero che le Nazioni Unite hanno promosso la Convenzione sui diritti dei migranti nel 1990, ma forse i Paesi aderenti sono quelli meno utili, perché si tratta di quelli che “producono” i migranti. Abbiamo perciò il problema di una risposta avara alle istanze delle Nazioni Unite da parte delle nazioni che ricevono gli immigrati. Bisognerebbe forse comprendere come fare una politica di immigrazione che sia anche una politica di cooperazione nei confronti degli Stati da cui provengono i migranti.

D. - Emigrare non è facile, è una scelta radicale di cambiamento di vita, alla cui base c’è anche forte positività…

R. - Di fatto, quando si riescono a raccontare al pubblico le storie dei migranti e quando si riesce a mostrare un po’ la verità del volto delle loro storie, si vede come queste stesse storie suscitino stima e simpatia.

D. - Sulla tipologia delle persone che migrano, e soprattutto sulla differenza di età, cosa si può dire, si può tracciare un quadro a livello internazionale?

R. - La caratteristica principale delle migrazioni - soprattutto delle provenienti da Africa ed Asia - è che si tratta dei più giovani e comunque delle persone che hanno, anche nel loro Paese, più risorse che non i più poveri e quelli lontani dalla città. Questo significa, in natura, una migrazione di qualità: anche quando si tratta di persone non formate, la loro giovane età consentirebbe di ricominciare una storia di formazione e di inclusione sociale. Per altre aree - penso in particolare all’America Latina ma soprattutto all’Europa dell’Est - invece, la migrazione spesso è diversa, ma si tratta di persone che vengono da un sistema di formazione culturale e lavorativa di alto livello. Non è raro, ad esempio, avere nelle famiglie italiane persone che assistono la famiglia stessa, nei diversi servizi, con un livello culturale spesso anche più alto di quello dei loro datori di lavoro.

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