sabato, dicembre 10, 2011
Il 2011 è stato un “annus horribilis” per la situazione della libertà e della democrazia nel Paese. Il regime ha legalizzato le detenzioni illegali e continua a perseguire senza sosta chi chiede al governo e al mondo il rispetto dei diritti umani per i cittadini cinesi, compresi i cattolici.

Asianews - Il mondo celebra oggi la Giornata per i diritti umani, ma la Cina sembra peggiorare sempre di più la propria situazione: attivisti imprigionati, detenzioni extra-legali, torture e minacce per chi lavora nel Paese a favore del rispetto dei diritti umani. Quest’anno, inoltre, è stato caratterizzato dall’impennata delle “sparizioni forzate” e delle detenzioni domestiche illegali, nuovi strumenti con cui il regime comunista mette a tacere i propri oppositori. A questo poi vanno aggiunte le violazioni alla libertà religiosa: arresti di sacerdoti, sparizione di vescovi, controlli sui riti e sulle ordinazioni episcopali, oltre a violenze verso protestanti, musulmani e buddisti.

Secondo i dati del Chinese Human Rights Defender – Ong che controlla la situazione dei diritti umani in Cina – si è avuto un picco nella repressione soprattutto durante la “Repressione del gelsomino”, la campagna contro i dissidenti scatenata da Pechino fra febbraio e giugno, nel tentativo di fermare possibili "rivoluzioni dei gelsomini" anche in Cina, simili a quelle scoppiate nei Paesi arabi. Inoltre, va registrato il tentativo di introdurre nel Codice penale cinese una nuova norma che rende legali le sparizioni forzate.

Queste sparizioni sono divenute legge lo scorso 30 agosto, quando le autorità cinesi hanno pubblicato gli emendamenti al Codice di procedura penale. Oggi è legale mettere in atto le sparizioni forzate. Le autorità possono chiudere una persona in un luogo segreto senza informarne la famiglia o il mondo esterno, fino al punto che non si sa se una persona sia sparita per sempre. [v. 19/09/2011, "Con le 'sparizioni forzate' il Partito comunista cinese diventa una banda di criminali comuni"]

Dopo l’approvazione, sono spariti Teng Biao, Li Heping e Wan Yanhai, tutti impegnati nel chiedere democrazia e rispetto dei diritti umani. Prima di loro soltanto l’avvocato e attivista Gao Zhisheng era sparito nel nulla. Durante la repressione del gelsomino sono invece sparite almeno 2 dozzine di attivisti: tra loro Tang Jitian, Jiang Tianyong, Gu Chuan, Li Hai e Ai Weiwei. Alcuni sono stati trattenuti per settimane, altri per diversi mesi. Tutti, rilasciati, hanno parlato di torture fisiche e mentali subite durante la detenzione.

Queste detenzioni, oltre a essere illegali secondo il diritto internazionale, sono anche infondate. Tre attivisti – Chen Wei, Ni Yulan e Dong Jiqin – sono ancora nelle mani della polizia, che continua a inviarli davanti a un tribunale il quale non trova prove per accusarli. Allora vengono ripresi dagli agenti, che li chiudono in delle prigioni non ufficiali.

Fra le sparizioni forzate vanno ricordate quelle dei due vescovi cattolici, mons. Giacomo Su Zhimin di Baoding, 80 anni, e mons. Cosma Shi Enxiang di Yixian, 88 anni, forse i più anziani prigionieri di coscienza, isolati in un luogo sconosciuto per non aver mai voluto rinnegare il loro legame con il papa.

Renee Xia, direttore internazionale del Chrd, commenta: “Mentre si chiude un anno di dolorose violazioni ai diritti umani, vogliamo incoraggiare gli attivisti cinesi e i cittadini comuni, che con il loro coraggio continuano nella lotta per la libertà. Chiediamo la liberazione del Nobel per la pace Liu Xiaobo, e invitiamo il mondo a biasimare l’ipocrisia del governo cinese nei confronti dei diritti umani”.

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