domenica, dicembre 18, 2011
Guardare dentro se stessi attraverso una preghiera insolita

di Paola Bisconti

L’aria natalizia ci rende allegri come bambini intenti a scartare i regali sotto l’albero, svolgiamo ogni anno una serie di rituali che ci aiutano a vivere meglio le feste e porgiamo gli auguri ai parenti e ai conoscenti. Ma esistono degli auspici speciali che rimbombano come i botti di Capodanno, stordiscono come qualche bicchiere di spumante di troppo e lasciano senza parole come una sorpresa inaspettata: sono gli auguri scomodi di Don Tonino Bello. Il vescovo di Molfetta ci ha infatti lasciato un’eredità incalcolabile composta da testi che raccolgono i suoi lungimiranti pensieri, interventi delle omelie che sconvolgono le menti e i cuori dei fedeli, definizioni acute come la celebre “Chiesa del grembiule”, ma ora che ci avviciniamo al Natale riecheggiano soprattutto i suoi auguri, che appaiono scomodi, come lui stesso li definisce, perché provocano tutti coloro che vivono un’esistenza fondata sull’ambizione e la smania di successo, incuranti delle famiglie che intorno a loro sono costrette a fare i conti con la povertà e la sofferenza. Nonostante la preghiera sia stata scritta prima del 1993, anno della sua morte, le parole appaiono attuali e specchio di una società che sembra non sia migliorata.

Don Tonino ci invita a guardare gli emarginati e ad imitare la loro semplicità per poter vivere da poveri e morire da ricchi. Sarebbe opportuno provocare “corti circuiti” alle luminarie, rinunciare alle innumerevoli futilità ed evitare che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente diventino inutili tranquillanti. A cosa servono le pellicce comprate con le tredicesime se intorno a noi ci sono madri che piangono in segreto per la sfortuna dei loro figli e padri che nascondono le proprie delusioni? Il testimone di pace prega affinché Gesù, che nasce per amore, ci conceda la possibilità di inventarci una vita densa di silenzio e di coraggio, che il Bambino dormiente sulla paglia possa toglierci il sonno finchè non avremo dato ospitalità a chi ne ha bisogno, che Maria nella sua santità ci costringa a sospendere tutte le inutilità di una festa che deve sconfiggere l’ipocrisia, che l’umiltà di Giuseppe rimproveri i tepori delle nostre tombolate e gli angeli infastidiscano la nostra tranquillità. Esiste un’unica grande luce da guardare ed è quella di Dio, che ci invita a far fiorire la speranza sul vecchio mondo che muore.

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