Approvato il progetto che prevede la realizzazione di una centrale a gas in Basilicata
di Paola Bisconti
Non bastava l’Itrec di Rotondella, considerato il terzo cimitero atomico d’Italia in quanto deposito di scorie nucleari; la Liquichimica di Tito Scalo, dove sono sepolte tonnellate di rifiuti industriali accumulati nel ventennio 1981-2001; l’Enichem e la Materit, che hanno prodotto amianto nella Val Basento e attendono ancora un’opera di bonifica; la Fenice di San Nicola di Melfi, dove i rifiuti bruciano a cielo aperto; la Tempa Rossa, che sorge nel Parco Regionale e Nazionale della Basilicata e svolge un’attività petrolifera dal 1939; l’Ecoil di Ferranova, il cosiddetto stabilimento Mythen, dove giungono migliaia di tonnellate di rifiuti da tutta Europa e vengono rigenerati olii esausti, scaricando i detriti nel fiume Basento; l’Iea-Veola di Tricarico, dove sarà costruita una centrale a biomasse in un territorio che è soggetto ad inondazioni e a sismicità, oltre che ricoprire un’area di interesse archeologico; la Sorgenia di Pisticci dove, opererà una centrale elettrica a turbogas. Ora all’elenco si aggiunge il progetto “South Stream” (flusso meridionale), approvato il 23 giugno del 2007 tra Eni e Gazprom, il colosso sovietico per la produzione di gas: la Basilicata diventa, ancora una volta, scenario di deturpazione ambientale e fonte di nocivi danni per la salute dei suoi cittadini.
Ad ostacolare la realizzazione della centrale a gas è la denuncia da parte dell’Organizzazione Lucana Ambientalista (OLA), che pone l’attenzione anche sulla mancata bonifica di pozzi già esistenti in località Montepiano, ubicata nell’area boschiva tra Salandra e Ferrandina. Si tratta di vecchi giacimenti di metano, costruiti negli anni ’60 e che ora, in base agli accordi siglati in una trattativa segreta fra la società italo-russa Geogastock e i comuni coinvolti per la concessione di Serra Pizzuta, rischiano di essere impiegati senza aver messo in atto le preventive misure di risanamento. L’associazione ribadisce l’immediata necessità dell’intervento, prima che abbia inizio l’attuazione del progetto che dovrebbe essere pronto entro il 2015.
La costruzione del gasdotto prevede il coinvolgimento della Grecia e il tracciamento di tubolari sottomarini nel Mar Nero che attraverseranno l’Adriatico, fino ad approdare a Otranto, il terminal petrolifero e gassifero. La questione è stata posta al vaglio del Ministro dell’Ambiente e la popolazione si augura un’efficiente risposta, in grado di risolvere un problema che rischia di diventare l’ennesimo sotterfugio di interessi economici ai danni della Basilicata.
di Paola Bisconti
Non bastava l’Itrec di Rotondella, considerato il terzo cimitero atomico d’Italia in quanto deposito di scorie nucleari; la Liquichimica di Tito Scalo, dove sono sepolte tonnellate di rifiuti industriali accumulati nel ventennio 1981-2001; l’Enichem e la Materit, che hanno prodotto amianto nella Val Basento e attendono ancora un’opera di bonifica; la Fenice di San Nicola di Melfi, dove i rifiuti bruciano a cielo aperto; la Tempa Rossa, che sorge nel Parco Regionale e Nazionale della Basilicata e svolge un’attività petrolifera dal 1939; l’Ecoil di Ferranova, il cosiddetto stabilimento Mythen, dove giungono migliaia di tonnellate di rifiuti da tutta Europa e vengono rigenerati olii esausti, scaricando i detriti nel fiume Basento; l’Iea-Veola di Tricarico, dove sarà costruita una centrale a biomasse in un territorio che è soggetto ad inondazioni e a sismicità, oltre che ricoprire un’area di interesse archeologico; la Sorgenia di Pisticci dove, opererà una centrale elettrica a turbogas. Ora all’elenco si aggiunge il progetto “South Stream” (flusso meridionale), approvato il 23 giugno del 2007 tra Eni e Gazprom, il colosso sovietico per la produzione di gas: la Basilicata diventa, ancora una volta, scenario di deturpazione ambientale e fonte di nocivi danni per la salute dei suoi cittadini.
Ad ostacolare la realizzazione della centrale a gas è la denuncia da parte dell’Organizzazione Lucana Ambientalista (OLA), che pone l’attenzione anche sulla mancata bonifica di pozzi già esistenti in località Montepiano, ubicata nell’area boschiva tra Salandra e Ferrandina. Si tratta di vecchi giacimenti di metano, costruiti negli anni ’60 e che ora, in base agli accordi siglati in una trattativa segreta fra la società italo-russa Geogastock e i comuni coinvolti per la concessione di Serra Pizzuta, rischiano di essere impiegati senza aver messo in atto le preventive misure di risanamento. L’associazione ribadisce l’immediata necessità dell’intervento, prima che abbia inizio l’attuazione del progetto che dovrebbe essere pronto entro il 2015.
La costruzione del gasdotto prevede il coinvolgimento della Grecia e il tracciamento di tubolari sottomarini nel Mar Nero che attraverseranno l’Adriatico, fino ad approdare a Otranto, il terminal petrolifero e gassifero. La questione è stata posta al vaglio del Ministro dell’Ambiente e la popolazione si augura un’efficiente risposta, in grado di risolvere un problema che rischia di diventare l’ennesimo sotterfugio di interessi economici ai danni della Basilicata.
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