Nel Mato Grosso do Sul, nel centro-ovest del Brasile, le comunità indigene Guaraní-Kaiowá sono vittime di un “etnocidio” da parte di ‘fazendeiros’ (latifondisti) avidi di terre. Si tratta di un’annosa questione, “certificata” ora dalle Commissioni dei diritti umani e dei popoli indigeni del Congresso di Brasilia.
Agenzia Misna - “I ‘pistoleiros’, sicari a pagamento, conducono un etnocidio. Il potere discrezionale dei latifondisti risolve a suo modo il problema della terra, con omicidi e massacri di nativi” hanno affermato le due commissioni. “Noi, i popoli indigeni, siamo stanchi di essere brutalizzati, assassinati. In cinque anni sono stati uccisi 150 indigeni Kaiowá e lo stato è inerte, per questo ci rivolgiamo allo stato stesso e andremo nei tribunali internazionali” ha detto la leader nativa Rosana Kaingang. “Gli indigeni sono decimati, la presidente Dilma Rousseff deve agire” le ha fatto eco il deputato Maritón de Holanda.
La denuncia delle commissioni del Congresso giunge dopo una missione sul terreno a seguito dell’omicidio, a novembre, del ‘cacique’ (capo supremo) Nisio Gomes, 59 anni, uccisi in un agguato condotto da una quarantina di uomini a volto coperto che avevano invaso la sua comunità. Il corpo del ‘cacique’ non è stato ancora ritrovato.
Secondo le due commissioni parlamentari, la guerra contro i nativi ha le sue origini negli anni ‘70, con l’estensione della frontiera agricola e il progressivo restringimento illegale delle terre ancestrali dei popoli indigeni che cominciarono in modo massiccio ad essere confinati in riserve, in precarie condizioni di vita. Molti sopravvivono oggi in villaggi improvvisati con baracche di lamiera e continuano a lottare per vedersi garantito il diritto di possesso delle terre che da sempre abitano, peraltro sancito dalla Costituzione del 1988, in una situazione di conflitto costante.
Agenzia Misna - “I ‘pistoleiros’, sicari a pagamento, conducono un etnocidio. Il potere discrezionale dei latifondisti risolve a suo modo il problema della terra, con omicidi e massacri di nativi” hanno affermato le due commissioni. “Noi, i popoli indigeni, siamo stanchi di essere brutalizzati, assassinati. In cinque anni sono stati uccisi 150 indigeni Kaiowá e lo stato è inerte, per questo ci rivolgiamo allo stato stesso e andremo nei tribunali internazionali” ha detto la leader nativa Rosana Kaingang. “Gli indigeni sono decimati, la presidente Dilma Rousseff deve agire” le ha fatto eco il deputato Maritón de Holanda.
La denuncia delle commissioni del Congresso giunge dopo una missione sul terreno a seguito dell’omicidio, a novembre, del ‘cacique’ (capo supremo) Nisio Gomes, 59 anni, uccisi in un agguato condotto da una quarantina di uomini a volto coperto che avevano invaso la sua comunità. Il corpo del ‘cacique’ non è stato ancora ritrovato.
Secondo le due commissioni parlamentari, la guerra contro i nativi ha le sue origini negli anni ‘70, con l’estensione della frontiera agricola e il progressivo restringimento illegale delle terre ancestrali dei popoli indigeni che cominciarono in modo massiccio ad essere confinati in riserve, in precarie condizioni di vita. Molti sopravvivono oggi in villaggi improvvisati con baracche di lamiera e continuano a lottare per vedersi garantito il diritto di possesso delle terre che da sempre abitano, peraltro sancito dalla Costituzione del 1988, in una situazione di conflitto costante.
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