mercoledì, dicembre 21, 2011
Ecosistema Rischio 2011: «Abitazioni in aree a rischio nell'85% dei comuni intervistati, nel 56% fabbricati industriali»

GreenReport - Da Ecosistema Rischio 2011, l'indagine realizzata da Legambiente con la collaborazione del Dipartimento della Protezione Civile, che ha monitorato le attività di prevenzione realizzate da oltre 1.500 fra le 6.633 amministrazioni comunali italiane classificate a rischio idrogeologico potenziale più elevato, emerge che ci sono «Ancora ritardi nella prevenzione e nell'informazione ai cittadini mentre troppo cemento invade fiumi, ruscelli e fiumare, come pure aree a ridosso di versanti franosi e instabili».

Nell'85% dei comuni intervistati ci sono abitazioni in aree golenali, vicine agli alvei e in zone a rischio frana. Alta anche la percentuale (56%) dei comuni che dicono di avere fabbricati industriali in zone a rischio, oppure interi quartieri (31%), strutture pubbliche sensibili come scuole e ospedali (20%) e strutture ricettive turistiche o commerciali (26%).

Il rapporto sottolinea che «A fronte di una situazione di forte pericolo, che si stima riguardi oltre 5 milioni di persone, sono ancora poche le amministrazioni (29% di quelle interpellate) che affermano di essere intervenute in maniera positiva nella mitigazione del rischio idrogeologico. Migliore, invece, appare la situazione nell'organizzazione del sistema locale di protezione civile: l'82% dei comuni intervistati ha dichiarato di avere un piano di emergenza da mettere in atto in caso di frana o alluvione, anche se soltanto la metà lo ha aggiornato negli ultimi due anni».

Il 69% dei comuni ha dichiarato di aver svolto regolarmente un'attività di manutenzione ordinaria delle sponde dei corsi d'acqua e delle opere di difesa idraulica, e il 70% di aver realizzato opere per la messa in sicurezza dei corsi d'acqua o di consolidamento dei versanti franosi. «Tuttavia - dice il rapporto - questi interventi, se non eseguiti adeguatamente e sulla base di attenti studi per valutarne l'impatto su scala di bacino, rischiano in molti casi di accrescere la fragilità del territorio piuttosto che migliorarne la condizione, e di trasformarsi in alibi per continuare a edificare lungo i fiumi e in zone a rischio frana».

Intanto, le delocalizzazioni procedono a rilento: solo 56 comuni (il 4%) hanno detto di aver intrapreso azioni di delocalizzazione di abitazioni dalle aree esposte a maggiore pericolo e appena nel 2% dei casi si è fatta la stessa cosa per insediamenti o fabbricati industriali. «Le delocalizzazioni delle strutture presenti nelle aree esposte a maggiore pericolo e gli abbattimenti dei fabbricati abusivi rappresentano una delle principali azioni per rendere sicuro il territorio - dicono Legambiente e Protezione Civile - anche attraverso interventi di rinaturalizzazione delle aree di esondazione naturale dei corsi d'acqua volti alla mitigazione del rischio.

Altro punto dolente riguarda l'informazione alla popolazione sui rischi idrogeologici, sui comportamenti da adottare in caso di pericolo, sui contenuti del piano d'emergenza e sulla formazione del personale. Purtroppo, solo il 33% dei municipi che hanno risposto al questionario di Ecosistema rischio ha organizzato iniziative rivolte ai cittadini e il 29% ha predisposto esercitazioni per testare l'efficienza del sistema locale di protezione civile.

Non a caso, quest'anno nessun comune raggiunto l'ottimo nella classifica della mitigazione del rischio idrogeologico. I più virtuosi sono Peveragno (Cn), Endine Gaiano (Bg), e Senigallia (An) con il punteggio di 8,5: che hanno dichiarato di aver realizzato interventi di delocalizzazione, di aver svolto un'ordinaria attività di manutenzione delle sponde e delle opere di difesa idraulica, di aver effettuato interventi di messa in sicurezza, di avere piani d'emergenza dedicati al rischio idrogeologico aggiornati, di averli fatti conoscere ai cittadini e verificati attraverso esercitazioni.

Le "maglie nere" della classifica vanno a Bagnoli Irpino, Moschiano e Quindici (Av), Castelmassa (Ro), Biccari (Fg), Garessio (Cn), Sannicandro di Bari (Ba), Monterosso Calabro (Vv) che ottengono un pessimo 0,5, e al fanalino di coda, Lagnasco (Cn), con zero. «In questi comuni - spiega Legambiente - è presente una pesante urbanizzazione delle zone esposte a pericolo di frane e alluvioni e non sono state avviate sufficienti attività mirate alla mitigazione del rischio, né dal punto di vista della manutenzione del territorio, né nell'organizzazione di un efficiente sistema comunale di protezione civile».

Presentandi o il rapporto, la direttrice generale di Legambiente, Rossella Muroni, ha detto che «I drammatici eventi che hanno colpito di recente Liguria, Toscana, Sicilia, Calabria sono solo le ultime tragiche testimonianze di quanto il territorio italiano abbia bisogno non solo di un grande intervento di prevenzione su scala nazionale ma anche di come la popolazione debba essere informata e formata ad affrontare gli eventi calamitosi. Dobbiamo lavorare, insomma, anche per affermare una nuova cultura del rischio che renda le persone capaci di evitare comportamenti pericolosi di fronte a fenomeni naturali purtroppo non più eccezionali ma intensificati, ormai con evidenza, dagli effetti dei cambiamenti del clima. Sul fronte del territorio poi è assolutamente prioritario e fondamentale dare maggiore efficacia ai vincoli che vietano di costruire nelle aree esposte al pericolo, programmare e realizzare gli abbattimenti dei fabbricati abusivi, delocalizzare dove possibile le strutture a rischio e investire in interventi di qualità per la sicurezza».

Sono ingenti le risorse stanziate per il funzionamento della macchina dei soccorsi, per l'alloggiamento e l'assistenza agli sfollati, per supportare e risarcire le attività produttive e i cittadini colpiti e per i primi interventi di urgenza, ma questo rende ancora più evidente l'urgenza di maggiori investimenti in termini di prevenzione e manutenzione dei corsi d'acqua, di cui avrebbe sempre più bisogno l'Italia.

Il responsabile nazionale Protezione Civile di Legambiente, Simone Andreotti, ha evidenziato che «Poter contare su un ottimo sistema di protezione civile ci permette di affrontare in modo efficace le emergenze, ma è evidente come ormai certi fenomeni naturali non siano più eventi eccezionali. È quindi ormai indispensabile far crescere anche nei cittadini una nuova mentalità legata ai temi della sicurezza e della protezione civile. Su questo gli amministratori devono assolutamente cambiare passo e preoccuparsi anche di fornire un'informazione puntuale alla popolazione che dia la consapevolezza necessaria per affrontare il momento critico, quando un evento calamitoso si manifesta».

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