Più di 500 dipendenti presto in cassa integrazione. Sgomento tra i lavoratori.
Città nuova - La notizia era nell’aria ma ora c’è la conferma: Alcoa, la multinazionale dell’alluminio, chiude lo stabilimento di Portovesme nel Sulcis e blocca la produzione dei due impianti localizzati in Spagna. Per il Sulcis e per la Sardegna questo significa almeno un migliaio di buste paga in meno e crisi profonda per una provincia, quella di Carbonia-Iglesias, che risulta essere la più povera d’Italia.
Incredulità e rabbia sono i sentimenti dominanti tra gli operai dello stabilimento che di colpo hanno visto spegnersi ogni prospettiva lavorativa. L’azienda ha annunciato l’imminente messa in mobilità dei 510 dipendenti diretti, altrettanti dell’indotto, senza considerare poi le altre aziende della zona come l’Ila, che rilevata da un imprenditore locale avrebbe riavviato l’impianto per produrre laminati con materia prima acquistata da Alcoa: altri160 operai ora rischiano il licenziamento.
Sulla decisione degli azionisti Alcoa hanno giocato a sfavore dell’impianto sulcitano tre fattori: i costi dell’energia, già dichiarati insostenibili sedici anni fa, quando lo stabilimento fu rilevato dalla multinazionale; il calo del prezzo dell’alluminio mentre è aumentato quello delle materie prime; ma soprattutto l’andamento delle borse, che ha penalizzato la multinazionale: nel quarto trimestre Alcoa ha registrato forti perdite e ricavi inferiori alle attese: 193 milioni le perdite e 258 l’utile netto registrato nello stesso periodo dell’anno scorso. Da qui la reazione dei mercati che ha penalizzato la multinazionale americana.
Venerdì sindacati, Regione ed amministratori locali vedranno il Governo per chiedere al ministro Passera un intervento presso Alcoa: i margini di manovra sembrano però ristretti, tanto che l’amministratore delegato, Giuseppe Toia, ha prospettato anche la vendita dello stabilimento, qualora ci fosse un imprenditore disponibile all’acquisto. Di questo ne sono convinti anche i sindacati di zona.
Per Fabio Enne, della segreteria territoriale Cisl Sulcis-Iglesiente, l’azienda ha anticipato ciò che era stato deciso tre anni fa: Alcoa ha semplicemente agito sei mesi prima, rispetto a ciò che era stato concordato se non si fosse trovata una soluzione al caro energia, il primo fattore che impedisce a chiunque di produrre a costi competitivi in Sardegna.
Chi invece parla di mancanza di coerenza per gli accordi sottoscritti è Daniela Piras, della Uilm del Sulcis, secondo la quale Alcoa non ha rispettato gli accordi siglati in precedenza in quanto in tutti i tavoli di concertazione l’azienda ha sempre dichiarato di volere rimanere a Portovesme con la possibilità di avviare nuovi investimenti. Tra gli operai la rabbia è forte, anche perché nessuno ha finora risolto il problema della multa comminata dall’Unione Europea ad Alcoa, ovvero la restituzione di 300 milioni di euro di tariffe energetiche agevolate. Per questo e per la mancata infrastrutturazione, non solo del Sulcis ma di tutta l’Isola, i sindacati e gli operai accusano l’assenza di politiche industriali da parte della Regione e del governo.
I cambi di quattro assessori regionali all’industria, in poco più di tre anni, come quelli nella compagine del precedente governo ed il lungo interim mantenuto dall’ex premier non hanno agevolato il lavoro nel trovare una soluzione alle vertenze industriali dell’Isola. Dall’incontro di venerdì a Roma dovrebbero arrivare risposte attese non solo nel Sulcis ma anche nel resto d’Italia: in ballo c’è il futuro della produzione di alluminio nel nostro Paese.
Città nuova - La notizia era nell’aria ma ora c’è la conferma: Alcoa, la multinazionale dell’alluminio, chiude lo stabilimento di Portovesme nel Sulcis e blocca la produzione dei due impianti localizzati in Spagna. Per il Sulcis e per la Sardegna questo significa almeno un migliaio di buste paga in meno e crisi profonda per una provincia, quella di Carbonia-Iglesias, che risulta essere la più povera d’Italia.
Incredulità e rabbia sono i sentimenti dominanti tra gli operai dello stabilimento che di colpo hanno visto spegnersi ogni prospettiva lavorativa. L’azienda ha annunciato l’imminente messa in mobilità dei 510 dipendenti diretti, altrettanti dell’indotto, senza considerare poi le altre aziende della zona come l’Ila, che rilevata da un imprenditore locale avrebbe riavviato l’impianto per produrre laminati con materia prima acquistata da Alcoa: altri160 operai ora rischiano il licenziamento.
Sulla decisione degli azionisti Alcoa hanno giocato a sfavore dell’impianto sulcitano tre fattori: i costi dell’energia, già dichiarati insostenibili sedici anni fa, quando lo stabilimento fu rilevato dalla multinazionale; il calo del prezzo dell’alluminio mentre è aumentato quello delle materie prime; ma soprattutto l’andamento delle borse, che ha penalizzato la multinazionale: nel quarto trimestre Alcoa ha registrato forti perdite e ricavi inferiori alle attese: 193 milioni le perdite e 258 l’utile netto registrato nello stesso periodo dell’anno scorso. Da qui la reazione dei mercati che ha penalizzato la multinazionale americana.
Venerdì sindacati, Regione ed amministratori locali vedranno il Governo per chiedere al ministro Passera un intervento presso Alcoa: i margini di manovra sembrano però ristretti, tanto che l’amministratore delegato, Giuseppe Toia, ha prospettato anche la vendita dello stabilimento, qualora ci fosse un imprenditore disponibile all’acquisto. Di questo ne sono convinti anche i sindacati di zona.
Per Fabio Enne, della segreteria territoriale Cisl Sulcis-Iglesiente, l’azienda ha anticipato ciò che era stato deciso tre anni fa: Alcoa ha semplicemente agito sei mesi prima, rispetto a ciò che era stato concordato se non si fosse trovata una soluzione al caro energia, il primo fattore che impedisce a chiunque di produrre a costi competitivi in Sardegna.
Chi invece parla di mancanza di coerenza per gli accordi sottoscritti è Daniela Piras, della Uilm del Sulcis, secondo la quale Alcoa non ha rispettato gli accordi siglati in precedenza in quanto in tutti i tavoli di concertazione l’azienda ha sempre dichiarato di volere rimanere a Portovesme con la possibilità di avviare nuovi investimenti. Tra gli operai la rabbia è forte, anche perché nessuno ha finora risolto il problema della multa comminata dall’Unione Europea ad Alcoa, ovvero la restituzione di 300 milioni di euro di tariffe energetiche agevolate. Per questo e per la mancata infrastrutturazione, non solo del Sulcis ma di tutta l’Isola, i sindacati e gli operai accusano l’assenza di politiche industriali da parte della Regione e del governo.
I cambi di quattro assessori regionali all’industria, in poco più di tre anni, come quelli nella compagine del precedente governo ed il lungo interim mantenuto dall’ex premier non hanno agevolato il lavoro nel trovare una soluzione alle vertenze industriali dell’Isola. Dall’incontro di venerdì a Roma dovrebbero arrivare risposte attese non solo nel Sulcis ma anche nel resto d’Italia: in ballo c’è il futuro della produzione di alluminio nel nostro Paese.
Tweet |
È presente 1 commento
é normale che lo stabilimento sia in perdita do mesi e mesi di produzione a basso valore aggiunto, strano ma dopo avere preso la decisione di chiudere si è riprresa la produzione di materiale ad alto valore aggiunto, come si dice raschiare il fondo del barile
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.