lunedì, gennaio 30, 2012
Dovrebbe essere una “rivoluzione” quella delle liberalizzazioni in molti settori ( commercio, professioni, farmacie, taxi, treni, autostrade, benzinai…),annunciata in questi giorni dal Governo Monti con un decreto legge da emanare entro il corrente mese. L’obiettivo dichiarato è quello di “conseguire più crescita e più equità”.

E-ilmensile - Un contributo fondamentale alla crescita dell’Italia lo si fornisce anche combattendo le grandi organizzazioni criminali, italiane e straniere (quelle italiane hanno un fatturato annuo di oltre 150 miliardi di dollari, una cifra che ci pone in classifica, subito dopo la grande criminalità degli Usa), sottraendo loro ricchezze ( meglio sarebbe impedire che le realizzino) e, magari, eliminando la fonte più lucrosa dei loro traffici, cioè le droghe.

E allora perché non provare ad estendere la “liberalizzazione”, con tutte le cautele del caso, agli stupefacenti? Ovviamente con forme di regolamentazione e di controllo a garanzia del consumatore. In altra ipotesi, mi chiedo se non sia giunto il momento, dopo oltre mezzo secolo di fallimentare guerra alla droga nel mondo, di parlare di “legalizzazione”, di un mercato, cioè, completamente libero nella produzione, distribuzione e consumo di droghe ma con una tassazione e controlli dello Stato al fine di ridurre gli effetti nocivi. Due ipotesi che creano, inevitabilmente, ansie e accendono polemiche. Succede, da anni, ogni volta che si accenna a parlare di liberalizzazione delle droghe, perché il tema viene sempre affrontato in modo ideologico e, quindi, con i giudizi e i pregiudizi delle varie parti politiche che si confrontano. Anche per chi scrive ( un“ex”, come si direbbe), dopo quasi quarantacinque anni di servizio nella Polizia di Stato e con qualche competenza pluriennale acquisita in un’Agenzia interforze di alto profilo (la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga) e all’estero (Colombia e Centro America) come esperto antidroga, è stato difficile spogliarsi delle “rigidezze professionali” ed esaminare, con maggiore ampiezza di vedute e di informazioni, il fenomeno criminale del narcotraffico, delle tossicodipendenze, degli effetti nefasti sull’economia legale, della corruzione diffusa che determina in molte istituzioni, della violenza che scatena in molti paesi. Sulla tossicodipendenza, poi, non ci sono certamente soluzioni miracolose, ma va anche detto che sul punto le valutazioni di carattere scientifico, spesso, sono state dimenticate, messe da parte o utilizzate in modo distorto. Alcuni mesi fa (ottobre 2011) con una petizione all’ONU, la Global Commission on Drug Policy, composta da esperti e importanti personaggi pubblici, invocava il cambio di strategie per combattere la droga e la tossicodipendenza. Il riferimento era anche ad alcuni programmi messi in atto in Europa, Canada e Australia che hanno evidenziato come un approccio umano e sociale per i tossicodipendenti abbia portato maggiori benefici della criminalizzazione e del proibizionismo. Io credo che sia possibile un approccio serio, equilibrato, naturalmente a livello internazionale, senza coloriture politiche, che si interessi più delle persone e meno delle sostanze, che valuti adeguatamente, soprattutto, i danni irreparabili che si stanno arrecando a paesi ormai nelle mani di poderose organizzazioni di narcotrafficanti. Lo spazio a disposizione su di un giornale è poco per poter esporre, sia pure sinteticamente, gli argomenti sui quali, da molti anni, si contrappongono i sostenitori del proibizionismo e gli “avversari”. Qui, oggi, interessa soltanto cercare di stimolare qualche ulteriore riflessione, magari traendo spunto dalla lettura del saggio “On the liberty” (“Sulla libertà”) di John Stuart Mill, pubblicato nel 1859. Mill ebbe un ruolo importante nella definizione del concetto anglosassone di libertà individuale e sulle interferenze statali sulle scelte individuali. Il principio di libertà affermato dal filosofo economista implica che lo Stato non ha il diritto di interferire con i comportamenti del cittadino adulto che non danneggino gli altri. Se, poi, i vantaggi di una ipotetica libera commercializzazione superassero gli svantaggi provocati dal consumo di droghe, ebbene queste dovrebbero essere legalizzate. Il commercio illecito della marjiuana porta, annualmente, nelle casse della criminalità organizzata internazionale oltre 150miliardi di dollari; quello della cocaina e dell’oppio, circa 300miliardi di dollari. Cosa accadrebbe se le droghe venissero legalizzate? Vale la pena di considerare quanto è successo, nel tempo, con alcol e tabacco che sono le droghe più dannose nella nostra società! Però quale Governo avrà mai il coraggio di promuovere e finanziare almeno uno studio serio sul punto, con un’opinione pubblica ancora largamente contraria?

di Piero Innocenti

Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa