L’atteso discorso di fine anno del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è rivelato il più complesso dei suoi sei anni di incarico istituzionale
Le parole del Presidente sono giunte in un momento delicato per tutti gli italiani, e Napolitano ha discusso proprio delle problematiche caratterizzanti la crisi: la disoccupazione giovanile, l’emergenza economica, l’evasione fiscale, la situazione politica italiana ed europea. Ma prima di spiegare dettagliatamente i punti del suo discorso, Napolitano ha esordito con un doveroso ringraziamento a tutti gli italiani per i festeggiamenti in occasione del centocinquantesimo dell’Unità d’Italia, che in tutte le piazze del Paese ha riscosso successo e approvazione: “Grazie per il calore con cui mi avete accolto ovunque mi sia recato per celebrare la nascita dell'Italia unita e i suoi 150 anni di vita, ma il ringraziamento è soprattutto per avermi trasmesso nuovi e più forti motivi di fiducia nel futuro dell'Italia". Il suo discorso è iniziato quindi con questa lieta notizia, dalla quale poter ripartire verso un anno che non si prospetta semplice. E non è stato casuale esordire ricordando il calore espresso dagli italiani in occasione dell’anniversario dell’Unità nazionale, perché per poter risolvere le questioni politiche ed economiche odierne serve innanzitutto unione.
Napolitano ha parlato in maniera molto realistica dello scenario futuro, soprattutto dal punto di vista giovanile: "Si è diffusa ormai la convinzione che dei sacrifici siano inevitabili per tutti: ma la preoccupazione maggiore che emerge tra i cittadini è quella di assicurare un futuro ai figli, ai giovani. È questo l'impegno cui non possiamo sottrarci". Ha poi richiamato ad un serio impegno di coesione per favorire la crescita, ripartendo dal lavoro e dalle riforme sociali: "Occorre definire nuove forme di sicurezza sociale che sono state finora trascurate a favore di una copertura pensionistica più alta che in altri paesi o anche di provvidenze generatrici di sprechi. Insomma, il mondo è cambiato e perciò bisogna ripensare e rinnovare le politiche sociali senza rinunciare al modello europeo e senza intaccare dignità e diritti del lavoro, ma accettando di rivedere il modo di concepire e distribuire il benessere". Ancora una volta si è focalizzato sull’importanza di mantenersi uniti, inserendo l’Italia all’interno di uno scenario europeo dal quale non si può prescindere.
Napolitano si è quindi soffermato sulla questione del lavoro, avvertendo in prima persona che la mancanza di un’occupazione può portare a gravi conseguenze per le famiglie e le prospettive giovanile: "Sento molto le difficoltà di chi lavora e di chi rischia di perdere il lavoro, ma credo che i lavoratori e le loro organizzazioni debbano esprimere slancio costruttivo nel confronto, fare sacrifici e avere visione e ruolo nazionale, come seppero fare nel Dopoguerra e nel tragico 1977 dell'inflazione al 20% e del terrorismo”. Napolitano ha chiesto a tutti di sviluppare il dialogo con le parti sociali e ai sindacati di avere un rapporto aperto con il Governo Monti.
Il presidente della Repubblica ha inoltre accennato al problema dell’evasione fiscale e alla corruzione che da decenni rallenta lo sviluppo del paese. "A partire dagli anni Ottanta la spesa pubblica è cresciuta in modo sempre più incontrollato, e ormai insostenibile. E c'è anche chi ne ha tratto e continua a trarne indebito profitto: a ciò si legano strettamente fenomeni di dilagante corruzione e parassitismo, di diffusa illegalità e anche di inquinamento criminale. Né, quando si parla di conti pubblici da raddrizzare, si può fare a meno di mettere nel mirino l'altra grande patologia italiana: una massiccia, ingiustificabile evasione fiscale. Che ci si debba impegnare a fondo per colpire corruzione ed evasione fiscale è fuori discussione". Napolitano non si fa illusioni sulla semplicità di questa sfida, ma si devono obbligatoriamente scovare gli strumenti per sconfiggere l’evasione.
Nel discorso sono stati quindi introdotti i problemi dell’emergenza economica, del debito pubblico che costa alti tassi di interesse e del conseguente pessimismo degli italiani, che, ammette il Presidente, sono obbligati a fare sacrifici per risanare il bilancio delle casse dello Stato. E’ sicuro, però, che gli sforzi condurranno ad ottenere dei frutti: “I sacrifici non resteranno inutili se l'economia riprenderà a crescere: il che dipende da adeguate scelte politiche e imprenditoriali, come da comportamenti diffusi, improntati a laboriosità e dinamismo, capaci di produrre coesione sociale e nazionale". Inoltre la crescita sarà possibile soltanto se, come sta avvenendo negli ultimi mesi, ci sarà più intesa tra i partiti politici, attorno al governo tecnico, circa la creazione di riforme per garantire maggiore democrazia. Ma prima è opportuno che i partiti eliminino parte dei pregiudizi ideologici e si dia avvio anche ad una rinascita politica.
Esortando a superare le grandi prove alle quali sono chiamati gli italiani, Napolitano ha parlato ai paesi dell’Ue con il suo sobrio e deciso patriottismo, evidenziando tutti gli sforzi che lo Stato italiano sta compiendo per risanare i debiti. E per tale motivo, secondo lui, l’Italia merita maggior voce nelle scelte e nei dibattiti europei. Infine, ancora una volta, seguendo il filo della coesione ha rivolto un invito all’Europa: "Occorrono senza ulteriori indugi scelte adeguate e solidali per bloccare le pressioni speculative contro i titoli del debito di singoli paesi come l'Italia, perché il bersaglio è l'Europa, ed europea deve essere la risposta".
In una ventina di minuti, Napolitano ha parlato a tutta l’Italia, quella che lo ama e quella che lo critica, di un anno in cui è stato indubbiamente protagonista per tutte le vicissitudini politiche del nostro paese, che con grande diplomazia e saggezza è riuscito a gestire richiamando alla calma e ad un maggior senso civico e unitario, senza mai perdere la speranza. Tutto il suo discorso si è incentrato su un unico monito/augurio: “L’Italia può e deve farcela”.
Le parole del Presidente sono giunte in un momento delicato per tutti gli italiani, e Napolitano ha discusso proprio delle problematiche caratterizzanti la crisi: la disoccupazione giovanile, l’emergenza economica, l’evasione fiscale, la situazione politica italiana ed europea. Ma prima di spiegare dettagliatamente i punti del suo discorso, Napolitano ha esordito con un doveroso ringraziamento a tutti gli italiani per i festeggiamenti in occasione del centocinquantesimo dell’Unità d’Italia, che in tutte le piazze del Paese ha riscosso successo e approvazione: “Grazie per il calore con cui mi avete accolto ovunque mi sia recato per celebrare la nascita dell'Italia unita e i suoi 150 anni di vita, ma il ringraziamento è soprattutto per avermi trasmesso nuovi e più forti motivi di fiducia nel futuro dell'Italia". Il suo discorso è iniziato quindi con questa lieta notizia, dalla quale poter ripartire verso un anno che non si prospetta semplice. E non è stato casuale esordire ricordando il calore espresso dagli italiani in occasione dell’anniversario dell’Unità nazionale, perché per poter risolvere le questioni politiche ed economiche odierne serve innanzitutto unione.
Napolitano ha parlato in maniera molto realistica dello scenario futuro, soprattutto dal punto di vista giovanile: "Si è diffusa ormai la convinzione che dei sacrifici siano inevitabili per tutti: ma la preoccupazione maggiore che emerge tra i cittadini è quella di assicurare un futuro ai figli, ai giovani. È questo l'impegno cui non possiamo sottrarci". Ha poi richiamato ad un serio impegno di coesione per favorire la crescita, ripartendo dal lavoro e dalle riforme sociali: "Occorre definire nuove forme di sicurezza sociale che sono state finora trascurate a favore di una copertura pensionistica più alta che in altri paesi o anche di provvidenze generatrici di sprechi. Insomma, il mondo è cambiato e perciò bisogna ripensare e rinnovare le politiche sociali senza rinunciare al modello europeo e senza intaccare dignità e diritti del lavoro, ma accettando di rivedere il modo di concepire e distribuire il benessere". Ancora una volta si è focalizzato sull’importanza di mantenersi uniti, inserendo l’Italia all’interno di uno scenario europeo dal quale non si può prescindere.
Napolitano si è quindi soffermato sulla questione del lavoro, avvertendo in prima persona che la mancanza di un’occupazione può portare a gravi conseguenze per le famiglie e le prospettive giovanile: "Sento molto le difficoltà di chi lavora e di chi rischia di perdere il lavoro, ma credo che i lavoratori e le loro organizzazioni debbano esprimere slancio costruttivo nel confronto, fare sacrifici e avere visione e ruolo nazionale, come seppero fare nel Dopoguerra e nel tragico 1977 dell'inflazione al 20% e del terrorismo”. Napolitano ha chiesto a tutti di sviluppare il dialogo con le parti sociali e ai sindacati di avere un rapporto aperto con il Governo Monti.
Il presidente della Repubblica ha inoltre accennato al problema dell’evasione fiscale e alla corruzione che da decenni rallenta lo sviluppo del paese. "A partire dagli anni Ottanta la spesa pubblica è cresciuta in modo sempre più incontrollato, e ormai insostenibile. E c'è anche chi ne ha tratto e continua a trarne indebito profitto: a ciò si legano strettamente fenomeni di dilagante corruzione e parassitismo, di diffusa illegalità e anche di inquinamento criminale. Né, quando si parla di conti pubblici da raddrizzare, si può fare a meno di mettere nel mirino l'altra grande patologia italiana: una massiccia, ingiustificabile evasione fiscale. Che ci si debba impegnare a fondo per colpire corruzione ed evasione fiscale è fuori discussione". Napolitano non si fa illusioni sulla semplicità di questa sfida, ma si devono obbligatoriamente scovare gli strumenti per sconfiggere l’evasione.
Nel discorso sono stati quindi introdotti i problemi dell’emergenza economica, del debito pubblico che costa alti tassi di interesse e del conseguente pessimismo degli italiani, che, ammette il Presidente, sono obbligati a fare sacrifici per risanare il bilancio delle casse dello Stato. E’ sicuro, però, che gli sforzi condurranno ad ottenere dei frutti: “I sacrifici non resteranno inutili se l'economia riprenderà a crescere: il che dipende da adeguate scelte politiche e imprenditoriali, come da comportamenti diffusi, improntati a laboriosità e dinamismo, capaci di produrre coesione sociale e nazionale". Inoltre la crescita sarà possibile soltanto se, come sta avvenendo negli ultimi mesi, ci sarà più intesa tra i partiti politici, attorno al governo tecnico, circa la creazione di riforme per garantire maggiore democrazia. Ma prima è opportuno che i partiti eliminino parte dei pregiudizi ideologici e si dia avvio anche ad una rinascita politica.
Esortando a superare le grandi prove alle quali sono chiamati gli italiani, Napolitano ha parlato ai paesi dell’Ue con il suo sobrio e deciso patriottismo, evidenziando tutti gli sforzi che lo Stato italiano sta compiendo per risanare i debiti. E per tale motivo, secondo lui, l’Italia merita maggior voce nelle scelte e nei dibattiti europei. Infine, ancora una volta, seguendo il filo della coesione ha rivolto un invito all’Europa: "Occorrono senza ulteriori indugi scelte adeguate e solidali per bloccare le pressioni speculative contro i titoli del debito di singoli paesi come l'Italia, perché il bersaglio è l'Europa, ed europea deve essere la risposta".
In una ventina di minuti, Napolitano ha parlato a tutta l’Italia, quella che lo ama e quella che lo critica, di un anno in cui è stato indubbiamente protagonista per tutte le vicissitudini politiche del nostro paese, che con grande diplomazia e saggezza è riuscito a gestire richiamando alla calma e ad un maggior senso civico e unitario, senza mai perdere la speranza. Tutto il suo discorso si è incentrato su un unico monito/augurio: “L’Italia può e deve farcela”.
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