mercoledì, febbraio 01, 2012
Le proteste di oggi vissute attraverso le rivoluzioni raccontate da Antonio Pennacchi, l’autore-operaio

di Paola Bisconti

Le proteste dei tassisti e dei camionisti aumentano la tensione di un Paese che sembra stia vivendo l’inizio di una “primavera italiana”. Nessun banchetto è stato dato in fiamme, né esiste un dittatore da catturare, ma lo scenario sembra uguale a quello di una Libia alle prese con un tragico aumento della povertà. Il malessere sociale serpeggia in tutte le categorie e gli operai chiedono a gran voce che sia fatta giustizia. Gli italiani infatti “sono un popolo di lavoratori convinti che nel lavoro si possa trovare la felicità ed è nel dovere che risiede il piacere”. Queste parole sono state pronunciate da un noto filoindustrialista: Antonio Pennacchi, l’intellettuale ribelle, colui che con creatività e intelligenza ha combattuto le sue epiche battaglie rivoluzionarie.

L’operaio dell’Alcatel Cavi di Latina è stato protagonista delle più importanti contestazioni a livello nazionale, a partire dal Sessantotto, dove ha aderito in prima persona, ma è stato in grado di raccontare anche gli anni del fascismo attraverso un romanzo che lo ha condotto verso il successo letterario. Nel 2010, infatti, ha vinto il prestigioso premio Strega con “Canale Mussolini” edito da Mondadori. Nel libro, lungo e articolato, si racconta la nascita, l’affermarsi e la caduta del fascismo, in particolare l’opera di bonifica dell’agropontino, che viene esaltata dall’autore come una coraggiosa opera di ingegneria idraulica per mezzo di tutti gli emigranti, che hanno permesso a queste terre di diventare abitabili. Ad arricchire la trama non è solo la storia di una famiglia contadina, i Peruzzi, costretti ad abbandonare le valli di Comacchio, nel cuore della pianura padana, ma anche e soprattutto l’analisi sociologica, attraverso gli aneddoti dei personaggi, di tutto ciò che riguarda il cambiamento di costume, i risvolti politici, il ruolo del nucleo familiare, nonché una dettagliata descrizione dell’architettura delle
città che fanno da sfondo alla trama.

Gli scritti di Pennacchi vengono pubblicati anche su alcune importanti riviste come Micromega, Nuovi Argomenti e Limes, che, in occasione della vittoria allo storico concorso, gli dedica la copertina intitolata “Stregati da Pennacchi”. Il successo non lo distoglie dall’acuta analisi verso i risvolti della società: la sua è una finestra sempre aperta al mondo circostante da dove si affacciano, con fare sempre un po’ polemico e vivace nei toni, le critiche pungenti di un operaio che ha lavorato in fabbrica per 30 anni per poi decidere, in un periodo di cassa integrazione, di laurearsi in lettere con una tesi su Benedetto Croce. Nel 1994 ha quindi esordito con “Mammut”, che è diventato subito un caso letterario, per poi confermare il talento da scrittore con “Palude” e ancora “Nuvola rossa”, fino a suggerire l’idea di un noto film, “Mio fratello è figlio unico”, col romanzo “Fascio comunista”. La pellicola ha vinto, nel 2003, il Festival di Cannes, anche se Antonio Pennacchi, nonostante la notorietà ricevuta, ha accusato il regista di aver stravolto la storia del libro.

Il personaggio oggi riveste un ruolo di spicco nella società, dovuto ai suoi pensieri lungimiranti e soprattutto autentici, dettati dalle scelte di vita che gli hanno permesso di conoscere dal vivo il cuore pulsante del progresso: il terzo settore, il mondo operaio, la vita in fabbrica. Da qui si leva, oggi come allora, una rivolta che sostituisce la rassegnazione, una lotta da parte dei lavoratori in difesa dei propri diritti. Nonostante il trascorrere dei decenni, sembra che nulla sia cambiato, perché le proteste sono tutte sorelle e le persone che partecipano costituiscono il popolo. Antonio Pennacchi, nei suoi libri, lo rappresenta con sublime maestria.

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