sabato, febbraio 18, 2012
Finalmente (forse) un aiuto concreto ai giovani italiani cresciuti nei “sacri licei”

di Gennaro Iasevoli


Si parla concretamente a livello politico di apprendistato alla tedesca e di sussidio ai disoccupati italiani che sono fuori da ogni opportunità, spesso pur avendo frequentato con profitto i “sacri licei”. In Italia gli istituti secondari di secondo grado presentano percorsi orari pesanti e per certi versi stravaganti, più volte pianificati e rimodulati negli anni ma mai tagliati e semplificati pensando per esempio ad un più proficuo apprendistato sostitutivo per agli alunni. L’apprendistato in Germania è all’avanguardia soprattutto perché parte velocemente, cominciando finanche dai 13 anni, e poi rappresenta una forma generalizzata di ricerca-azione formativa, istruttiva e remunerata.

Apprendimento, formazione e remunerazione economica parziale aiutano così l’adolescente tedesco a crescere con maggiore autonomia, libertà e consapevolezza, a contatto con le stimolazioni della realtà fisica e chimica della materia oggetto di trasformazione, con buona pace del pensiero pedagogico di tanti soloni del secondo novecento che forse hanno contribuito, con la loro intelligenza “asfissiante”, a portarci questo immane disastro economico.

In Germania, la scuola secondaria è meno asfissiante ed ogni giovane può uscirne per vivere la realtà socializzante del reale significato del lavoro. L’adolescente con l’apprendistato impara a capire bene gli effetti della fatica e degli scambi commerciali; entra nella vita sociale e lavorativa in maniera veramente attiva e reale. In Italia purtroppo avviene, di fatto, una separazione quasi totale degli adolescenti dal mondo reale, attraverso la paghetta paterna e l’ingabbiamento nelle aule scolastiche protratto a dismisura per anni ed anni nei “sacri licei” e nelle università: una situazione grigia che poi assorbe monotonamente l’infanzia, l’adolescenza e la gioventù, arrivando addirittura ad una forma di subdolo disadattamento sociale, a fronte di pochissime prospettive economiche e forse a costo di disoccupazione perenne. Ciò è tristemente provato dal fatto che i giovani laureati in massima parte dipendono economicamente dai genitori, o per sfuggire a tale condizione tentano di diventare “cervelli in fuga”, bussando alla porta di altri stati. I giovani italiani ormai “baliati” per anni nelle strutture scolastiche, seppure luminose, calde ed accoglienti, ma pur sempre separate dal mondo, non hanno la forza di attivare le funzioni sensoriali ed emozionali che servono per esercitare le arti ed i mestieri che ancora resistono alla crisi e danno da vivere.

In Germania però, con maggiore senso pratico, la gran parte degli studenti esce dalla scuola, come la concepiamo noi in Italia, già a tredici anni, e spessissimo non vi torna mai più, perché sfrutta la possibilità curricolare di scegliere tra centinaia di opportunità pratiche remunerate e di confrontarsi con i simili. I giovani tedeschi cominciano subito a sfruttare ampiamente le loro prerogative attitudinali prima che siano invalidate dalla pigrizia e dalla pesantezza degli anni, secondo il principio liberale della creatività lavorativa remunerata. Attualmente in Italia l’alunno, forse anche a causa di pregiudizi di casta o di spinte culturali pseudo-ideologiche, di obblighi, di paletti, di orientamenti mirati “non sempre neutri” e sbarramenti creati da “numeri chiusi” (forse opportunamente voluti da alcuni ordini professionali), è costretto ad uniformarsi e piegarsi debolmente per decine di anni alla vita scolastica ed universitaria.

La psicologia vorrebbe, al contrario, una scuola più semplice che si adatti e favorisca le vere esigenze attitudinali vitali e le abilità lavorative della persona. Per questo mi auguro che la proposta dell’avvio dell’apprendistato “alla tedesca” non incontri il micidiale ostacolo delle lobby variamente rappresentate, quando si dovrà legiferare sull’uscita precoce dai licei e dalle frasche della scuola mastodontica. Negli attuali percorsi scolastici resterebbe chi li sceglie volontariamente con la consapevolezza dei vantaggi cognitivi, ma anche con l’accettazione degli impegni temporali, che indirettamente possono costare la perdita definitiva delle opportunità dell’apprendistato giovanile. Se anche in Italia gli adolescenti avranno la possibilità dell’apprendistato, remunerato, alla tedesca, cominceranno a farlo già a tredici anni, svincolandosi dalle regole dei “sacri” licei, ai quali attualmente dopo la scuola secondaria di primo grado gli adolescenti confluiscono quasi automaticamente.

Oggi presso la scuola secondaria superiore inizia il lungo percorso nella culla del sapere dei licei che si allunga poi alle facoltà universitarie ed occupa molto spesso la metà della vita del giovane. In Italia non si sa mai quando si uscirà dai banchi di scuola una volta entrati, tanto che si ipotizza sul piano psicologico addirittura che i nostri ragazzi perdano la cognizione del tempo, dovendo vivere tra i banchi tutta l’infanzia, l’adolescenza e la gioventù, rischiando a volte di diventare dei disadattati sociali. Poi una volta liberi dalle aule scolastiche ed universitarie, avendo ormai poco meno o poco più di trenta anni, cercano il lavoro, sbarcando dal pianeta degli studi virtuali e non avendo realizzato nessun apprendistato. Per questo l’apprendistato alla tedesca, anche per gli italiani, è un’auspicabile sfida che fa fiorire le speranze di tutte le famiglie.

Sono presenti 3 commenti

Anonimo ha detto...

Complimenti per l'articolo, davvero molto intelligente e in controtendenza rispetto a un certo modo di concepire la scuola, quasi che il fatto che gli studi durino più a lungo sia sempre e comunque un bene per il giovane e per il Paese. In Italia ci sono laureati in eccedenza rispetto a quelli che il mercato può assorbire, il che crea solo disoccupazione e precarietà. Riqualificare il lavoro professionale, avvicinando la scuola al mondo del lavoro non può che essere un bene. Il passo successivo, a mio avviso, dovrebbe essere quello di riqualificare il lavoro agricolo e creare nuovi posto. Insomma quello dell'apprendistato è solo un piccolo passo nella direzione giusta, ma pur sempre insufficiente...

Anonimo ha detto...

Concordo con quanto scritto sopra e spero , (in quanto mamma di un ragazzo che ha perso il lavoro e nel corso degli anni successivi non ha più trovato nulla).. e son passati ben 7 anni

Anonimo ha detto...

A tuttogi stiamo ancora subendo i nefasti effetti della "scuola formativa" di gentiliana memoria. Il risultato sono gli anni e anni trascorsi ad ingozzarsi pappagallescamente di nozioni che alla fine del percorso si rivelano di poca o nulla utilità. Non sono un pedagogo, ma soltanto uno che ha passato la gioventù a trastullarsi col diritto romano et similia

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