Dopo le case, i vestiti, i campi da coltivare, la scuole e l’ospedale, i pastori Ovatue hanno anche l’elettricità: a raccontare l’avventura nella modernità di un gruppo semi-nomade da sempre ai margini della società namibiana è un reportage pubblicato oggi dalla rivista “Africa Review”.
Misna -Tutto era cominciato nel 2007, quando siccità e carestia avevano spinto i pastori a spostarsi verso Opuwo, il capoluogo della regione nord-orientale di Kunene. Allora, dopo le denunce della stampa e la visita di un vice-primo ministro, in tre villaggi il governo aveva garantito a 680 persone una casa, capi di bestiame, terra coltivabile e servizi di base. Di recente, con l’installazione di un pannello solare su ogni tetto, è arrivata la corrente elettrica. Negli ultimi anni, si legge nel reportage di “Africa Review”, il governo di Windhoek era stato accusato di non rispettare a sufficienza i diritti delle minoranze. Era stato il caso degli Kwe, in conflitto con una società privata per l’uso della terra, o degli Epupa, contrari alla costruzione di una diga sul fiume Kunene. Nel caso degli Ovatue, invece, è andato tutto bene. “La prima volta che abbiamo acceso la tv i vicini sono scappati – ha raccontato Vakairika Tjambiru, settant’anni e un sorriso da ragazza – ma qui stiamo bene”.
Misna -Tutto era cominciato nel 2007, quando siccità e carestia avevano spinto i pastori a spostarsi verso Opuwo, il capoluogo della regione nord-orientale di Kunene. Allora, dopo le denunce della stampa e la visita di un vice-primo ministro, in tre villaggi il governo aveva garantito a 680 persone una casa, capi di bestiame, terra coltivabile e servizi di base. Di recente, con l’installazione di un pannello solare su ogni tetto, è arrivata la corrente elettrica. Negli ultimi anni, si legge nel reportage di “Africa Review”, il governo di Windhoek era stato accusato di non rispettare a sufficienza i diritti delle minoranze. Era stato il caso degli Kwe, in conflitto con una società privata per l’uso della terra, o degli Epupa, contrari alla costruzione di una diga sul fiume Kunene. Nel caso degli Ovatue, invece, è andato tutto bene. “La prima volta che abbiamo acceso la tv i vicini sono scappati – ha raccontato Vakairika Tjambiru, settant’anni e un sorriso da ragazza – ma qui stiamo bene”.
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