martedì, febbraio 14, 2012
Speranze, lacrime e sogni delle comunità accompagnate dalla Comisión Intereclesial de Justicia y Paz

dalla nostra corrispondente in Colombia Anna Balladini

“Quando ad una persona la feriscono e le toccano il cuore, non si ha più paura di lottare”. Luz Marina è la madre di Hortencia, una giovane di 16 anni assassinata dall'esercito colombiano. Il suo volto è segnato da un dolore profondo che impernia ogni sua giornata, eppure i suoi occhi brillano e le sue parole accompagnano ed incoraggiano i molti che lottano con lei per la giustizia e la verità. Incontro Luz Marina a San Antonio, nel municipio di Inzà, nel dipartimento del Cauca – Colombia. San Antonio è un caseggiato rurale di famiglie contadine, campesinos e campesinas che vivono del duro lavoro della terra. Paesaggi di montagna con i colori dei campi coltivati a mais, caffè, platano... Sono i luoghi che hanno visto crescere Hortencia, l'hanno vista ridere, giocare, piangere e sognare.

L'8 gennaio 2006, Hortencia e i suoi amici Manuel e William stavano tornando a casa dopo una festa paesana a Belen. Andavano in moto, felici dopo la spensierata nottata in compagnia. Alcuni soldati del battaglione 28 "Cacique Piguanza" con sede in Garzón (Huila), nella notte hanno aperto il fuoco contro di loro, colpendoli alle spalle. Le pallottole hanno ucciso sul colpo Hortencia e Manuel, il suo amico di 21 anni. William, che conduceva la moto, è rimasto gravemente ferito.

La madre di Hortencia, venuta a sapere cos’era successo qualcosa alla figlia, è corsa sul luogo, ha visto la moto in mezzo alla strada e, poco distante, i corpi di Hortencia e di Manuel ormai senza vita. Questione di attimi, prima che i soldati circoscrivessero la zona e allontanassero tutti, lei compresa. Poco dopo, i corpi sono ricomparsi in un'altra zona, camuffati da guerriglieri delle FARC. I mass-media nazionali hanno quindi trasmesso la notizia dell'ennesimo successo dell'esercito che ha ucciso due guerriglieri durante un combattimento. William, che era rimasto gravemente ferito, è stato arrestato e processato per ribellione e terrorismo, risultando poi innocente.

Quei fatti hanno stravolto la vita della comunità, lacerata, insieme alle famiglie, da un dolore straziante che si fa urlo perché sia rispettato il diritto alla verità, alla giustizia e alla riparazione integrale. I ricordi e la tenerezza delle madri e degli amici tengono viva la memoria e ci accompagnano nella lotta contro l'impunità. Racconta Fidelina, madre di Manuel: “Mio figlio era un padre che collaborava con la mia famiglia, aveva una figlia piccola che crescerà senza la compagnia di suo papà. C'è un vuoto molto grande nella famiglia per la sua morte”. Lo stesso dramma si vive anche a casa di Hortencia, dove Luz Marina racconta: “Hanno stroncato i sogni di mia figlia, che voleva andare avanti, studiare e servire la comunità”. Sogni stroncati, speranze che continuano a vivere nelle speranze della comunità e di un popolo che sogna la pace.

Oggi, sei anni dopo, un giudice civile ha decretato con una sentenza del processo amministrativo che, in un atto pubblico, l'esercito deve riconoscere la sua responsabilità e chiedere perdono per il supposto "errore militare" alle famiglie delle vittime. Questo evento pubblico si realizzerà venerdì 17 febbraio 2012, a Belen, nel municipio di Inzà, là dove sono stati uccisi i due giovani e dove le famiglie delle vittime, con la comunità, hanno eretto una "Grotta della Vita", un capitello dove si legge “A la memoria di HORTENCIA NEYID TUNJA CUCHUMBE e di MANUEL ANTONIO TAO PILLIMUÉ, uccisi dall'esercito nazionale l'8 gennaio 2006”. Una denuncia incisa nel marmo, parole nette di indignazione, parole coraggiose gridate in una guerra che continua ad insanguinare il Paese, parole che invitano a non dimenticare e a stare in piedi nel lottare contro l'impunità. La “Grotta della Vita” è un monumento alla memoria che è speranza. Nel dolore della violenza e della menzogna, la memoria è seme che germoglia perfino dalle pietre.

La celebrazione pubblica del 17 febbraio proseguirà a San Antonio, il caseggiato di origine delle giovani vittime, dove è stata eretta una “Casa della Memoria”. Per ricordare Hortencia e Manuel, ma anche per fare memoria di tutte le vittime del conflitto colombiano. E nella memoria continuare a resistere. Uomini e donne abituati a seminare la vita continueranno a coltivare i sogni di Hortencia e Manuel, continueranno ad esigere con dignità che siano rispettati i loro diritti.

Indubbiamente, dopo il momento del perdono pubblico, l'impegno per la giustizia continuerà: i responsabili degli assassinii non sono ancora stati arrestati né condannati, il processo penale è in corso e continua la ricerca di verità e di giustizia da parte delle vittime. In ogni caso, la giornata dell'evento pubblico sarà un tappa fondamentale per le famiglie e per la comunità, così come per tutte le vittime che cercano giustizia e per coloro che in Colombia lottano per la verità e contro un sistema di impunità. Per questo, e perché si faccia conoscere finalmente la verità sull'uccisione dei giovani campesinos, sarà importante la risonanza mediatica nazionale ed internazionale. Ci ricorda Luz Marina, madre di Hortencia: “L'appoggio è importante per continuare a lottare... non abbiamo paura, non abbassiamo la testa, dobbiamo alzare la bandiera, proseguire con il processo... non permettere che si sparga più sangue nella comunità". E’ questo l'invito di Luz Marina a continuare a "cantare il sogno del mondo" (come diceva David Maria Turoldo), ciascuno con modalità che gli sono proprie e nei luoghi dove vive le sue giornate.

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