giovedì, febbraio 09, 2012
A rischio gli approvvigionamenti di gas ed elettricità. La solidarietà del Papa alle vittime.

Radio Vaticana - Non c’è tregua nell’ondata di freddo che ha investito l’Europa: centinaia i morti e gravissimi i disagi alle popolazioni. Un invito alla solidarietà con le vittime è giunto dal Papa all’udienza generale. Il servizio di Roberta Gisotti: ascolta. Circa 500 i morti in 12 giorni per il gelo e la neve. Tra i Paesi più colpiti, almeno 131 le vittime, l’Ucraina, che pure sta assicurando forniture supplementari di gas all’Europa, attingendo dalle sue riserve, a causa del ridotto afflusso dalla Russia. In grave sofferenza anche la Bulgaria, la Romania, la Serbia dove sono ghiacciati i fiumi Danubio, Sava e Tisamore. Record storico di consumi elettrici in Francia, mentre Italia si prevede per oggi un nuovo calo delle temperature e neve in molte regioni del centro nord e a seguito delle polemiche per la gestione dell’emergenza - specie a Roma, dove la Procura ha aperto un’inchiesta - il premier Monti ha firmato un decreto che assegna al capo della protezione civile Gabrielli il coordinamento degli interventi. Vicinanza a tutte le popolazioni colpite dal maltempo ha espresso Benedetto XVI.

In Italia e anche in altri Paesi europei ci si chiede, intanto, in che modo la Protezione civile possa essere riformata per gestire questo tipo di emergenze legate al maltempo. Al microfono di Luca Collodi il vicedirettore di Caritas italiana, Francesco Marsico:

R. – Bisogna riflettere sui principi che dovrebbero animare comunque gli interventi istituzionali in qualsiasi ambito e quindi rispolverare il principio di sussidiarietà. Come si accorgono i volontari della Caritas e non solo, il problema non è soltanto quello di un volontariato efficace, ma di una collettiva responsabilità sociale che leghi insieme istituzioni, persone e corpi intermedi.

D. – Quindi, una Protezione Civile che guardi di più al territorio e coinvolga le autorità locali, il mondo del volontariato, le realtà che vivono in quel territorio colpito da un evento naturale...

R. – Non c’è dubbio, anche perché quando si vede una difficoltà – ad esempio nell'interpretare in maniera uniforme un allerta meteo o quali tipi di interventi un Comune piuttosto che l’altro debba attuare in situazioni di questo tipo – si capisce che in questi anni non c’è stata una crescita comune in termini culturali e operativi. La grande parola è “sussidiarietà”, quindi responsabilità, che fa crescere ogni persona, non soltanto gli enti istituzionali.

D. – La Protezione Civile è solo una questione di soldi, cioè più soldi e più efficienza, secondo voi della Caritas?

R. – Assolutamente no. E’ chiaro che l’assenza di risorse rende impossibile molte cose. Il problema, però, non è mai avere tante risorse o tanto personale, ma un’idea di intervento a sostegno di una comunità colpita. Un’idea vuol dire, appunto, farsi carico dei bisogni delle persone innanzitutto, e, partendo da questo, capire quali sono le risposte territoriali in grado di mobilitarsi. Questo, però, non si fa in emergenza, si fa prima.

Il rilancio della Protezione civile riguarda non solo l’Italia, ma l’Europa intera. E’ quanto sottolinea Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale di Caritas italiana:

R. – C’è in atto una riflessione profonda sul ruolo della Protezione civile a livello europeo, che è stata sollecitata e spinta anche fortemente dal nostro stesso governo, dai nostri stessi responsabili della Protezione civile, attuali e precedenti. Quindi, direi che la questione si pone davvero a livello europeo e a livello internazionale, perché poi l’eventuale nascita di una Protezione civile europea, coordinata certamente, si porrebbe come soggetto forte di intervento anche nei disastri in tutto il mondo. Un embrione di questo è stato già visto in alcune circostanze, come per esempio a seguito dello tsunami asiatico, quando la Protezione civile italiana è diventata uno dei soggetti più attivi per esempio in Sri Lanka.

D. – C’è spazio per una Protezione civile sussidiaria, che tenga conto, anche in sede internazionale, dell’apporto delle popolazioni locali, delle strutture che sono già presenti nelle aree di intervento?

R. – Una sorta di popolazione civile internazionale – che quindi immagino legata all’Onu o a qualche agenzia dell’Onu – è un ulteriore capitolo di ragionamento in corso da anni, rispetto al quale ancora non si è arrivati ad una conclusione. Una sorta di Protezione civile non più europea o non solo europea certamente darebbe più garanzie di imparzialità. Bisognerebbe predisporre in tempi di pace, prima dei disastri, dei piani di intervento su scala nazionale e internazionale, che valorizzino tutte le competenze, i ruoli diversi, e non monopolizzino le cose. Il monopolio è sempre dannoso.

Non solo l’Europa, anche il Nord Africa è colpito dall’emergenza maltempo: in Algeria, in particolare, sono almeno 80 le persone morte, nella maggioranza dei casi, in seguito a incidenti stradali e a fughe di monossido di carbonio, provocate da impianti di riscaldamento difettosi.

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