Scaturita da una profonda crisi durante il regime di Bashar al-Assad, anche la rivoluzione in Siria compirà nel marzo prossimo un anno
Non è facile immaginare a che punto arriverà il popolo siriano a marzo, certo è che, se non si interviene in modo drastico e perentorio, le conseguenze dell’attuale crisi nel paese arabo porteranno ad una lunghissima guerra civile, in cui non ci saranno né vinti né vincitori ma solo un ennesimo sterminio. Fin dall’inizio infatti, le rivolte in Siria non hanno beneficiato dell’appoggio internazionale e le potenze europee si sono comportate con Bashar al-Assad in modo più cauto che con altri dittatori, vedi Gheddafi. Passa subito per la mente l’equazione “no petrolio no invasione straniera”.
Si assiste ora ad una fase di temporeggiamento in cui tutti gli attori politici (Turchia, Cina, Stati Uniti, Europa) appaiono come “imbambolati” di fronte alle atrocità del regime. La sensazione è che ci sia un clima internazionale poco favorevole ad un intervento esterno: dopo la richiesta ufficiale della Lega Araba all’Onu di inviare una missione di pace in Siria, non sono mancati infatti i pareri contrari. La Russia è sempre più convinta che la missione di pace sia fattibile solo dopo un “cessate il fuoco”. Ci si domanda allora: e se “il fuoco non cessa”? La Cina, dal canto suo, ribadisce con tono sempre più marcato la sua opposizione, poiché considera la questione siriana una “questione interna”. Ma interna alla Siria o a tutto il mondo arabo?. Gli Stati Uniti e la Turchia non vedono di buon occhio l’invio di caschi blu se non dopo aver ricevuto un’approvazione da parte di Damasco, che tuttavia appare essere la meno interessata a “ospitare” forze straniere ancorché inviate dalle Nazioni Unite. L’Europa, invece, sembra l’unica ad appoggiare l’idea della Lega Araba dichiarando di sostenere con forza tutte le iniziative che hanno come obiettivo la cessazione immediata dell’inaudita repressione. Anche l’Egitto, in questi giorni, ha richiamato il suo ambasciatore a Damasco dimostrando la sua volontà di fare terra bruciata attorno al regime di Bashar al-Assad.
Ma mentre si cerca una soluzione alla crisi siriana, la repressione continua a mietere vittime e il numero dei profughi continua ad aumentare. La ’geografia dell’esodo’si sta sempre più allargando, dalla Turchia, al Libano fino alla Giordania.Con le parole di Ibrahim Qashoush, poeta e cantautore siriano, assassinato nel luglio 2011 dalla polizia del regime, si può condensare l’auspicio per una positiva conclusione delle violenze: “Yalla erhal ya Bashar” (“Forza Bashar, vattene!).
Non è facile immaginare a che punto arriverà il popolo siriano a marzo, certo è che, se non si interviene in modo drastico e perentorio, le conseguenze dell’attuale crisi nel paese arabo porteranno ad una lunghissima guerra civile, in cui non ci saranno né vinti né vincitori ma solo un ennesimo sterminio. Fin dall’inizio infatti, le rivolte in Siria non hanno beneficiato dell’appoggio internazionale e le potenze europee si sono comportate con Bashar al-Assad in modo più cauto che con altri dittatori, vedi Gheddafi. Passa subito per la mente l’equazione “no petrolio no invasione straniera”.
Si assiste ora ad una fase di temporeggiamento in cui tutti gli attori politici (Turchia, Cina, Stati Uniti, Europa) appaiono come “imbambolati” di fronte alle atrocità del regime. La sensazione è che ci sia un clima internazionale poco favorevole ad un intervento esterno: dopo la richiesta ufficiale della Lega Araba all’Onu di inviare una missione di pace in Siria, non sono mancati infatti i pareri contrari. La Russia è sempre più convinta che la missione di pace sia fattibile solo dopo un “cessate il fuoco”. Ci si domanda allora: e se “il fuoco non cessa”? La Cina, dal canto suo, ribadisce con tono sempre più marcato la sua opposizione, poiché considera la questione siriana una “questione interna”. Ma interna alla Siria o a tutto il mondo arabo?. Gli Stati Uniti e la Turchia non vedono di buon occhio l’invio di caschi blu se non dopo aver ricevuto un’approvazione da parte di Damasco, che tuttavia appare essere la meno interessata a “ospitare” forze straniere ancorché inviate dalle Nazioni Unite. L’Europa, invece, sembra l’unica ad appoggiare l’idea della Lega Araba dichiarando di sostenere con forza tutte le iniziative che hanno come obiettivo la cessazione immediata dell’inaudita repressione. Anche l’Egitto, in questi giorni, ha richiamato il suo ambasciatore a Damasco dimostrando la sua volontà di fare terra bruciata attorno al regime di Bashar al-Assad.
Ma mentre si cerca una soluzione alla crisi siriana, la repressione continua a mietere vittime e il numero dei profughi continua ad aumentare. La ’geografia dell’esodo’si sta sempre più allargando, dalla Turchia, al Libano fino alla Giordania.Con le parole di Ibrahim Qashoush, poeta e cantautore siriano, assassinato nel luglio 2011 dalla polizia del regime, si può condensare l’auspicio per una positiva conclusione delle violenze: “Yalla erhal ya Bashar” (“Forza Bashar, vattene!).
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Sono presenti 3 commenti
E cosa dovremmo fare bombardare la Siria? Questa è la soluzione di tutto? Perchè non si dice che Assad gode del sostegno d una buona parte della popolazione? Fare una guerra civile porta ad una situazione di caos e di violenza diffusa, di regolamenti di conti e vendette, di odio settario, con esiti imprevedibili (lo stiamo vedendo in Libia), portano sempre un paese fragile e solo apparentemente democratico in quanto permeabile a chi vuole fare affari e mettere più stati possibili in dipendenza economica ( ed altro). Le rivoluzioni non risolvono tutto, il potere e la tirannia potrebbe solo passare di mano. La transizione deve avere una tabella di marcia, non serve dire solo "vattene", è pura demagogia.
tanti anni fa mi ricordo che una collega del Ministero degli Esteri, tornando da Damasco mi disse trattarsi di un 'paradiso'; ora, a distanza di venti anni, il paradiso si è tramutato in inferno. E' un inferno che non interessa a nessuno. I grandi sono in tutt'altre faccende affaccendati: l'euro, le borse che vanno e vengono ed i civili, le donne, i bambini che muoiono non fanno notizia, non interessano. Il petrolio non è sufficiente per gli interessi esterni... e si continua a morire. Dov'è l'ONU? dov'è la Comunità Europea? Perchè la Francia e l'Inghilterra quando ancora non era stata approvata la delibera di intervento, già gli aerei sorvolavano e bombardavano la Libia? Forse questo dittatore è meno crudele di Gheddafi?
Ma perchè l'esempio dell'intervento umanitario "per proteggere i civili in Libia" è un esempio da seguire? Sulla vicenda Libia, anche i giornali più favorevoli all'intervento , oggi hanno fatto un passo indietro. Fare di più? Ma stiamo scherzando? La Siria è sotto embargo e sottoposta a pressioni diplomatiche fortissime, aiuti con mezzi e armi agli oppositori. Cosa dovrebbe fare di più l'Onu? Far levare in volo i suoi caccia? Fare bombardamenti 'chirurgici' in una guerra civile? Facile indignarsi...
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