Oggi si celebra la 13.ma edizione della Giornata mondiale della lingua materna. Una data isitituita dall'Unesco, che ricorda l'eccidio dei bengalesi che, nel 1952, nell'allora Pakistan orientale volevano difendere la loro lingua madre. Il servizio di Massimo Pittarelllo:ascolta
Radio Vaticana - “La lingua dei nostri pensieri è il nostro bene più prezioso. Il multilinguismo promuove l’istruzione di qualità e combatte la discriminazione”. Il direttore generale dell‘Unesco, Irina Bokova, presenta così la 13.ma edizione della Giornata Mondiale della Lingua Materna. Una data istituita nel ’99, per ricordare la sollevazione del 21 febbraio del ’52 dei bengalesi in difesa della loro lingua che, nell’allora Pakistan orientale, portò a un eccidio. Abbiamo chiesto allo scrittore bilingue italo-algerino, Amara Lakhous, se il rispetto per le lingue, sia condizione necessaria per un dialogo autentico fra gli uomini:
R. – La lingua, come esseri umani, è il nostro primo strumento per comunicare. Se non c’è lingua, è molto difficile comunicare: è il nostro primo strumento, e io direi, anche di più. La lingua non è solo il nostro “occhiale” per guardare meglio una certa realtà, la lingua diventa anche i nostri "occhi", perché ogni lingua porta a un pensiero, a una cultura, è come un laboratorio collettivo di generazioni e generazioni di esseri umani. La lingua che oggi noi usiamo è frutto di un contributo, di un lavoro, di un’esperienza pratica comunicativa, che si tramanda da generazione a generazione. E ogni generazione aggiunge vocaboli, espressioni, proverbi, elabora, rielabora, traduce. Quindi, la lingua è fondamentale. Figuriamoci poi la lingua madre.
D. – Nelson Mandela ha detto: "Parlare a qualcuno in una lingua che comprende consente di raggiungere il suo cervello. Parlargli nella sua lingua madre significa raggiungere il suo cuore"...
R. – Certo. Se vogliamo utilizzare altre metafore, si potrebbe dire che è come "il latte del seno materno”: quel latte che ci fa vivere nei primi mesi, è fondamentale e quindi è altrettanto fondamentale salvaguardare le lingue.
D. – La nostra generazione, anche attraverso Internet, rischia l’impoverimento dei linguaggi?
R. – Uno dei problemi delle società occidentali è l’abbondanza. Anche alcune malattie sono dovute soprattutto all’abbondanza, non alla mancanza del cibo. La stessa cosa succede con la lingua: il rischio è quello dell’abbondanza. Se ci troviamo di fronte a una marea di offerte linguistiche, poi alla fine non ci capiamo niente. Invece, ci vuole una selezione, una scelta, perché poi l’umanità si è sempre confrontata con il tema della scelta. Più che un rischio costituisce una grande sfida.
D. - In effetti, l’Unesco afferma che “quasi la metà delle oltre 6 mila lingue parlate nel mondo, potrebbe morire entro la fine del secolo”. La perdita di una lingua impoverisce l'umanità o semplifica il linguaggio?
R. - Certamente la impoverisce. È come in natura: quando scompare una pianta, perdiamo qualcosa, perché perdiamo nel quadro la diversità che è un elemento biologico, bioetico fondamentale: più siamo meglio è. Ovviamente, in questa diversità – nel senso largo della parola, diversità culturale, linguistica – bisogna trovare delle regole di convivenza, perché la questione fondamentale è: come vivere insieme con le nostre diversità? (bi)
L’ambasciata del Bangladesh, con la Commissione nazionale italiana per l’Unesco, ha commemorato oggi la strage del 1952 presso il Monumento internazionale alla Lingua Madre di Roma. La rilfessione di Mariella De Nicolò,membro del Segretariato della Commissione nazionale italiana dell'Unesco che si occupa di lingua madre:
R. - La lingua madre è quella del cuore, la lingua con la quale si impara a esprimere il mondo. Attraverso questa lingua, si impara a guardare il mondo da un determinato punto di vista: è la lingua che ci accompagnerà per tutta la vita e ci resterà nel cuore. E’ un modo per capire la realtà, uno strumento per capire la realtà e per interpretarla.
D. – L’Unesco sostiene che delle seimila lingue che si parlano nel mondo oltre la metà potrebbe scomparire entro la fine del secolo. La perdita di una lingua impoverisce l’umanità o piuttosto favorisce la comunicazione transnazionale?
R. – No, assolutamente, la lingua è una parte della nostra identità. Ognuno esprime la propria identità attraverso la lingua. La perdita di una lingua vuol dire perdere tutta una serie di conoscenze, un modo di interpretare la realtà e di comprenderla. Per alcune popolazioni indigene un po’ isolate, la perdita di una lingua significa anche la perdita di tutta una serie di conoscenze. Come la biodiversità è importante in natura, anche la diversità linguistica è importante poiché perdere una lingua significa perdere la capacità di interpretare il mondo e dunque anche le conoscenze antiche vengono perse.
D. – La tutela della lingua madre è uno strumento che può favorire e in che modo il dialogo fra le diverse culture?
R. – La conoscenza dell’altro è fondamentale per una pacifica conoscenza tra le culture e i popoli. Il multilinguismo è importante e va di pari passo con la tutela della propria lingua madre. La difesa della propria lingua madre non è antitetica con la diffusione del multilinguismo. Quante più lingue si conoscono, tanto più si può comunicare e la comunicazione è alla base della cultura del dialogo e della pacifica coesistenza.
D. – Può l’utilizzo di Internet impoverire i linguaggi?
R. – L’utilizzo di Internet, obiettivamente, va utilizzato in modo migliore, perché attualmente le lingue rappresentate sul web sono molto poche. Quello che l’Unesco cerca di favorire è proprio la diffusione di più lingue nella rete informatica.
D. – Oggi, la Commissione italiana per l’Unesco, di cui lei fa parte, ha celebrato insieme cpn l’ambasciata del Bangladesh la strage del 21 febbraio del ’52, data che ha fissato questa Giornata: proteggere le lingue significa anche proteggere i popoli?
R. – Sì, certo, significa proteggere l’identità culturale di ciascuno e la protezione dell’identità culturale è non soltanto un dovere ma un diritto. E’ una Giornata in cui viene, ogni anno, ricordata l’importanza di questa tutela delle lingue, specialmente quelle minoritarie, perché tutelare una lingua significa tutelare l’identità di un popolo. (bf)
Radio Vaticana - “La lingua dei nostri pensieri è il nostro bene più prezioso. Il multilinguismo promuove l’istruzione di qualità e combatte la discriminazione”. Il direttore generale dell‘Unesco, Irina Bokova, presenta così la 13.ma edizione della Giornata Mondiale della Lingua Materna. Una data istituita nel ’99, per ricordare la sollevazione del 21 febbraio del ’52 dei bengalesi in difesa della loro lingua che, nell’allora Pakistan orientale, portò a un eccidio. Abbiamo chiesto allo scrittore bilingue italo-algerino, Amara Lakhous, se il rispetto per le lingue, sia condizione necessaria per un dialogo autentico fra gli uomini:
R. – La lingua, come esseri umani, è il nostro primo strumento per comunicare. Se non c’è lingua, è molto difficile comunicare: è il nostro primo strumento, e io direi, anche di più. La lingua non è solo il nostro “occhiale” per guardare meglio una certa realtà, la lingua diventa anche i nostri "occhi", perché ogni lingua porta a un pensiero, a una cultura, è come un laboratorio collettivo di generazioni e generazioni di esseri umani. La lingua che oggi noi usiamo è frutto di un contributo, di un lavoro, di un’esperienza pratica comunicativa, che si tramanda da generazione a generazione. E ogni generazione aggiunge vocaboli, espressioni, proverbi, elabora, rielabora, traduce. Quindi, la lingua è fondamentale. Figuriamoci poi la lingua madre.
D. – Nelson Mandela ha detto: "Parlare a qualcuno in una lingua che comprende consente di raggiungere il suo cervello. Parlargli nella sua lingua madre significa raggiungere il suo cuore"...
R. – Certo. Se vogliamo utilizzare altre metafore, si potrebbe dire che è come "il latte del seno materno”: quel latte che ci fa vivere nei primi mesi, è fondamentale e quindi è altrettanto fondamentale salvaguardare le lingue.
D. – La nostra generazione, anche attraverso Internet, rischia l’impoverimento dei linguaggi?
R. – Uno dei problemi delle società occidentali è l’abbondanza. Anche alcune malattie sono dovute soprattutto all’abbondanza, non alla mancanza del cibo. La stessa cosa succede con la lingua: il rischio è quello dell’abbondanza. Se ci troviamo di fronte a una marea di offerte linguistiche, poi alla fine non ci capiamo niente. Invece, ci vuole una selezione, una scelta, perché poi l’umanità si è sempre confrontata con il tema della scelta. Più che un rischio costituisce una grande sfida.
D. - In effetti, l’Unesco afferma che “quasi la metà delle oltre 6 mila lingue parlate nel mondo, potrebbe morire entro la fine del secolo”. La perdita di una lingua impoverisce l'umanità o semplifica il linguaggio?
R. - Certamente la impoverisce. È come in natura: quando scompare una pianta, perdiamo qualcosa, perché perdiamo nel quadro la diversità che è un elemento biologico, bioetico fondamentale: più siamo meglio è. Ovviamente, in questa diversità – nel senso largo della parola, diversità culturale, linguistica – bisogna trovare delle regole di convivenza, perché la questione fondamentale è: come vivere insieme con le nostre diversità? (bi)
L’ambasciata del Bangladesh, con la Commissione nazionale italiana per l’Unesco, ha commemorato oggi la strage del 1952 presso il Monumento internazionale alla Lingua Madre di Roma. La rilfessione di Mariella De Nicolò,membro del Segretariato della Commissione nazionale italiana dell'Unesco che si occupa di lingua madre:
R. - La lingua madre è quella del cuore, la lingua con la quale si impara a esprimere il mondo. Attraverso questa lingua, si impara a guardare il mondo da un determinato punto di vista: è la lingua che ci accompagnerà per tutta la vita e ci resterà nel cuore. E’ un modo per capire la realtà, uno strumento per capire la realtà e per interpretarla.
D. – L’Unesco sostiene che delle seimila lingue che si parlano nel mondo oltre la metà potrebbe scomparire entro la fine del secolo. La perdita di una lingua impoverisce l’umanità o piuttosto favorisce la comunicazione transnazionale?
R. – No, assolutamente, la lingua è una parte della nostra identità. Ognuno esprime la propria identità attraverso la lingua. La perdita di una lingua vuol dire perdere tutta una serie di conoscenze, un modo di interpretare la realtà e di comprenderla. Per alcune popolazioni indigene un po’ isolate, la perdita di una lingua significa anche la perdita di tutta una serie di conoscenze. Come la biodiversità è importante in natura, anche la diversità linguistica è importante poiché perdere una lingua significa perdere la capacità di interpretare il mondo e dunque anche le conoscenze antiche vengono perse.
D. – La tutela della lingua madre è uno strumento che può favorire e in che modo il dialogo fra le diverse culture?
R. – La conoscenza dell’altro è fondamentale per una pacifica conoscenza tra le culture e i popoli. Il multilinguismo è importante e va di pari passo con la tutela della propria lingua madre. La difesa della propria lingua madre non è antitetica con la diffusione del multilinguismo. Quante più lingue si conoscono, tanto più si può comunicare e la comunicazione è alla base della cultura del dialogo e della pacifica coesistenza.
D. – Può l’utilizzo di Internet impoverire i linguaggi?
R. – L’utilizzo di Internet, obiettivamente, va utilizzato in modo migliore, perché attualmente le lingue rappresentate sul web sono molto poche. Quello che l’Unesco cerca di favorire è proprio la diffusione di più lingue nella rete informatica.
D. – Oggi, la Commissione italiana per l’Unesco, di cui lei fa parte, ha celebrato insieme cpn l’ambasciata del Bangladesh la strage del 21 febbraio del ’52, data che ha fissato questa Giornata: proteggere le lingue significa anche proteggere i popoli?
R. – Sì, certo, significa proteggere l’identità culturale di ciascuno e la protezione dell’identità culturale è non soltanto un dovere ma un diritto. E’ una Giornata in cui viene, ogni anno, ricordata l’importanza di questa tutela delle lingue, specialmente quelle minoritarie, perché tutelare una lingua significa tutelare l’identità di un popolo. (bf)
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