No a 4 reattori made in Japan, saltano gli affari atomici di Francia ed Usa
GreenReport - Il Kuwait prima del disastro di Fukushima Daiichi aveva firmato un accordo di cooperazione nucleare con il Giappone ma ha deciso di scartare l'energia nucleare. Secondo quanto scrive l'agenzia stampa giapponese Kyodo news il Kuwait aveva preso in considerazione l'energia nucleare come fonte di energia alternativa per preservare le sue risorse petrolifere, ma ha deciso di scartare un piano per la costruzione di quattro reattori entro il 2022 e una o due centrali nucleari da almeno un gigawatt già in funzione entro il 2020.
Già 4 mesi dopo il disatro di Fukushima, l'emiro del Kuwait Sabah al-Ahmad al-Jaber al-Sabah nel luglio 2011 aveva emesso l'ordine di sciogliere il National nuclear energy committee, istituito nel 2009 proprio per sviluppare il programma nucleare kuwatiano e che aveva portato alla firma di accordi, oltre che con il Giappone, anche con Usa, Francia e Russia per sviluppare la cooperazione atomica e realizzare centrali nucleari. Nel settembre 2010 Ahmad Bishara, il segretario generale del National nuclear energy committee del Kuwait aveva detto che «l'emirato prevede la costruzione di quattro reattori nucleari entro il 2022. Il Kuwait ha abbastanza fondi sovrani da poter sostenere le spese».
Infatti il Kuwait aveva affidato uno studio di fattibilità all'Agence France Nucléaire International e alla Lightbridge,un nuclear consultant e fuel developer statunitense, che avrebbero dovuto individuare i potenziali siti da realizzare nel sud del Kuwait, visto che i reattori avrebbero avuto bisogno dell'acqua del Golfo Persico per essere raffreddati. Nel dicembre 2010 due giganti energetici statunitensi, Lightbridge e Exelon, avevano annunciato di aver unito le loro forze in un contratto di consulenza per aiutare tutti i sei Paesi del Gulf Cooperation Council (Gcc - Arabia Saudita, Kuwait, Bahrein, Qatar, Emitati Arabi Uniti ed Oman) a sviluppare il nucleare.
Ma l'emiro del Kuwait, già alle prese con le proteste dell'opposizione (che poi hanno costretto il governo di nomina reale alle dimissioni), aveva cominciato a rimettere in discussione la necessità di costruire reattori nucleari quando l'opinione pubblica del piccolo regno petrolifero ha iniziato a mostrare tutta la sua preoccupazione per quel che è successo in Giappone dopo il terremoto/tsunami dell'11 marzo 2011 e la successiva crisi radioattiva, quindi ha deciso di bloccare lo sviluppo nucleare che sembrava più un'imitazione di quello degli Emirati arabi uniti, che vogliono costruire quattro centrali realizzate ai sudcoreani, e del vicino e temuto Iran.
Secondo Osama Al-Sayegh, un ricercatore del Kuwait Institute for Scientific Research, uno dei problemi che preoccupavano molto la popolazione e l'opposizione dell'emirato era la limitata estensione territoriale del Kuwait, appena 17.818 Km2, che non solo avrebbe portato alla costruzione di centrali nucleari molto vicine a centri abitati, ma avrebbe anche reso molto problematico lo smaltimento e stoccaggio delle scorie radioattive dai reattori.
Il Kuwait è il primo dei Paesi ad aver firmato accordi nucleari col Giappone ad aver rinunciato a costruire i reattori dopo la tragedia atomica ancora in corso a Fukushima Daiichi. Il Kuwait produce circa il 75% del suo fabbisogno energetico con il petrolio e il 25% con il gas. Gli Emirati arabi uniti producono il 30% dell'energia con il petrolio e il 70% con il gas, mentre più della metà dell'energia elettrica dell'Arabia Saudita è alimentato a petrolio.
La rinuncia al nucleare del Kuwait è un brutto colpo per molti. Nell'aprile 2010 il Kuwait e la Francia avevano firmato trattato di cooperazione nucleare che avrebbe permesso al gigante nucleare statale francese Areva, il più grande produttore di reattori nucleari del mondo, di esportare tecnologia nucleare in Kuwait. Nel dicembre 2010 l'allora ministro delle finanze francese, Christine Lagarde, che oggi è a capo del Fondo monetario internazionale, annunciò che stava negoziando con la Kuwait Investment Authority la vendita di quote per 750 milioni di euro di Areva e il Financial Times spiegò che Parigi era propensa ad investire 250 milioni di euro nel nucleare del Kuwait.
Nell'aprile 2010 la Francia aveva respinto le potenziali offerte di investimento del Qatar in Areva perché la monarchia del Golfo aveva chiesto come garanzia azioni delle miniere di uranio di Areva. La Exelon ha una joint venture con la statunitense Shaw Group e la giapponese Toshiba per la consulenza all'Arabia Saudita in materia di sviluppo nucleare. La Lightbridge nel 2010 aveva firmato contratti di consulenza per la sicurezza e l'acquisizione di competenze e di carburante nucleare con ogni Paese del Gcc e pensava che «la fase iniziale di quello che potrebbero diventare una serie di progetti di consultazione si concluderà nel secondo trimestre del prossimo anno» cioè nel 2011. Ma anche il capo della Lightbridge, Seth Grae, ammetteva che «è importante, per la sicurezza, avere una cooperazione quando i reattori sono così vicini l'uno all'altro». Christopher Crane, il direttore generale della Exelon, assicurava: «vogliamo aiutare gli stati membri del Gcc a sviluppare la loro marcia verso l'energia nucleare e aiutarli a sviluppare la loro pianificazione a lungo termine e la strategia di attuazione». Poi sono arrivati il disastro di Fukushima, le proteste in Kuwait e le "primavere" arabe a spazzare via tutto.
GreenReport - Il Kuwait prima del disastro di Fukushima Daiichi aveva firmato un accordo di cooperazione nucleare con il Giappone ma ha deciso di scartare l'energia nucleare. Secondo quanto scrive l'agenzia stampa giapponese Kyodo news il Kuwait aveva preso in considerazione l'energia nucleare come fonte di energia alternativa per preservare le sue risorse petrolifere, ma ha deciso di scartare un piano per la costruzione di quattro reattori entro il 2022 e una o due centrali nucleari da almeno un gigawatt già in funzione entro il 2020.
Già 4 mesi dopo il disatro di Fukushima, l'emiro del Kuwait Sabah al-Ahmad al-Jaber al-Sabah nel luglio 2011 aveva emesso l'ordine di sciogliere il National nuclear energy committee, istituito nel 2009 proprio per sviluppare il programma nucleare kuwatiano e che aveva portato alla firma di accordi, oltre che con il Giappone, anche con Usa, Francia e Russia per sviluppare la cooperazione atomica e realizzare centrali nucleari. Nel settembre 2010 Ahmad Bishara, il segretario generale del National nuclear energy committee del Kuwait aveva detto che «l'emirato prevede la costruzione di quattro reattori nucleari entro il 2022. Il Kuwait ha abbastanza fondi sovrani da poter sostenere le spese».
Infatti il Kuwait aveva affidato uno studio di fattibilità all'Agence France Nucléaire International e alla Lightbridge,un nuclear consultant e fuel developer statunitense, che avrebbero dovuto individuare i potenziali siti da realizzare nel sud del Kuwait, visto che i reattori avrebbero avuto bisogno dell'acqua del Golfo Persico per essere raffreddati. Nel dicembre 2010 due giganti energetici statunitensi, Lightbridge e Exelon, avevano annunciato di aver unito le loro forze in un contratto di consulenza per aiutare tutti i sei Paesi del Gulf Cooperation Council (Gcc - Arabia Saudita, Kuwait, Bahrein, Qatar, Emitati Arabi Uniti ed Oman) a sviluppare il nucleare.
Ma l'emiro del Kuwait, già alle prese con le proteste dell'opposizione (che poi hanno costretto il governo di nomina reale alle dimissioni), aveva cominciato a rimettere in discussione la necessità di costruire reattori nucleari quando l'opinione pubblica del piccolo regno petrolifero ha iniziato a mostrare tutta la sua preoccupazione per quel che è successo in Giappone dopo il terremoto/tsunami dell'11 marzo 2011 e la successiva crisi radioattiva, quindi ha deciso di bloccare lo sviluppo nucleare che sembrava più un'imitazione di quello degli Emirati arabi uniti, che vogliono costruire quattro centrali realizzate ai sudcoreani, e del vicino e temuto Iran.
Secondo Osama Al-Sayegh, un ricercatore del Kuwait Institute for Scientific Research, uno dei problemi che preoccupavano molto la popolazione e l'opposizione dell'emirato era la limitata estensione territoriale del Kuwait, appena 17.818 Km2, che non solo avrebbe portato alla costruzione di centrali nucleari molto vicine a centri abitati, ma avrebbe anche reso molto problematico lo smaltimento e stoccaggio delle scorie radioattive dai reattori.
Il Kuwait è il primo dei Paesi ad aver firmato accordi nucleari col Giappone ad aver rinunciato a costruire i reattori dopo la tragedia atomica ancora in corso a Fukushima Daiichi. Il Kuwait produce circa il 75% del suo fabbisogno energetico con il petrolio e il 25% con il gas. Gli Emirati arabi uniti producono il 30% dell'energia con il petrolio e il 70% con il gas, mentre più della metà dell'energia elettrica dell'Arabia Saudita è alimentato a petrolio.
La rinuncia al nucleare del Kuwait è un brutto colpo per molti. Nell'aprile 2010 il Kuwait e la Francia avevano firmato trattato di cooperazione nucleare che avrebbe permesso al gigante nucleare statale francese Areva, il più grande produttore di reattori nucleari del mondo, di esportare tecnologia nucleare in Kuwait. Nel dicembre 2010 l'allora ministro delle finanze francese, Christine Lagarde, che oggi è a capo del Fondo monetario internazionale, annunciò che stava negoziando con la Kuwait Investment Authority la vendita di quote per 750 milioni di euro di Areva e il Financial Times spiegò che Parigi era propensa ad investire 250 milioni di euro nel nucleare del Kuwait.
Nell'aprile 2010 la Francia aveva respinto le potenziali offerte di investimento del Qatar in Areva perché la monarchia del Golfo aveva chiesto come garanzia azioni delle miniere di uranio di Areva. La Exelon ha una joint venture con la statunitense Shaw Group e la giapponese Toshiba per la consulenza all'Arabia Saudita in materia di sviluppo nucleare. La Lightbridge nel 2010 aveva firmato contratti di consulenza per la sicurezza e l'acquisizione di competenze e di carburante nucleare con ogni Paese del Gcc e pensava che «la fase iniziale di quello che potrebbero diventare una serie di progetti di consultazione si concluderà nel secondo trimestre del prossimo anno» cioè nel 2011. Ma anche il capo della Lightbridge, Seth Grae, ammetteva che «è importante, per la sicurezza, avere una cooperazione quando i reattori sono così vicini l'uno all'altro». Christopher Crane, il direttore generale della Exelon, assicurava: «vogliamo aiutare gli stati membri del Gcc a sviluppare la loro marcia verso l'energia nucleare e aiutarli a sviluppare la loro pianificazione a lungo termine e la strategia di attuazione». Poi sono arrivati il disastro di Fukushima, le proteste in Kuwait e le "primavere" arabe a spazzare via tutto.
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