Pareva averlo fatto apposta: la celebrazione del Santo Niño, grandiosa festa religiosa del popolo filippino, cadeva quest’anno nella Giornata mondiale dei Migranti
Durante lunghe serate organizzative i filippini erano apparsi al Centro Scalabrini a Londra per preparare questa giornata, divenuta ormai un appuntamento ineludibile, tonificante per una comunità di emigrati provenienti dal lontano Oceano Indiano. Una novena di preghiera e di canto ne aveva preparato gli animi. Così domenica la vecchia Cattedrale già di primo mattino si animava di una vitalità giovane e inconsueta: bandiere, striscioni, strumenti musicali, costumi di danza... e tanti volti gioiosi di badanti filippine. Perfino padre Jake, giovane missionario scalabriniano, vestiva la tradizionale camicia bianca crespata di merletto con emozione. Febbrilmente da tutta Londra si raccoglieva questa comunità dal tratto fine e delicato, ma dalla fede forte e radicata: erano più di un migliaio. “Le parrocchie inglesi si sono senz’altro arricchite con la presenza di comunità migranti, per il loro forte senso comunitario, l’impegno familiare, l’amore alla Parola di Dio, la devozione alla Madonna e un’entusiasta partecipazione alle celebrazioni!” scandiva con convinzione l’arcivescovo Peter Smith. Mentre l’altro vescovo presente, Patrick Lynch, avendo già vissuto questo evento nelle Filippine, non mancava di esclamare: “Che esperienza magnifica laggiù, che tripudio da tutte le isole!”. Sì, quando laggiù un popolo si solleva, si muove davvero come un sol uomo.
Le radici di questa festa religiosa provengono dalla Spagna. Magellano, sbarcando nell’isola di Cebù nell’aprile del 1521, proponeva al re di stringere un patto con la Spagna di Carlos I e di farsi battezzare insieme a tutto il suo popolo. Così fu. Il re prese il nome cristiano di Carlos e la moglie quello di Joana, mentre come segno di alleanza fu fatto dono alla regina di una statuetta di Gesù Bambino: il culto si diffuse rapidamente in ogni isola insieme alla fede cristiana. E a tanti miracoli.
Così, come è tradizione, dopo lunghi momenti di adorazione si scatenava un rullio di tamburi e prendeva inizio la processione danzante del santo Niño, chiamata sinulog dal movimento dell’acqua corrente (sulog). Due passi avanti e uno indietro, vibrando rapidissimamente in aria la statuetta tra ritmi febbricitanti, fruscii e sussurri in tagalog. Processione suggestiva, mistica, trascinante. Centinaia di filippini si mettevano in coda, presentando sopra le mani giunte la statuetta che tengono in casa, per essere benedetta dall’arcivescovo. Era l’anima credente di un popolo amabile, ma lontanissimo per geografia, mentalità e cultura, che si esprimeva nella sua maniera nativa: la fede è senso delle proprie origini, oltre che cammino con altri verso un avvenire comune.
Seguiva poi, nelle sale del vescovado, un lungo tempo di lunch fraterno e una viva animazione di danze dai costumi tradizionali. Con più di venticinquemila filippini presenti in terra inglese, questo pezzo di popolo di migranti provava così - nell’abituale trittico di celebrazione religiosa, pranzo e danze culturali - un senso di dignità e di onore per le proprie radici. La visibilità di una comunità di immigrati in una cattedrale cattolica in un contesto anglicano si rivela essenziale per costruire la comunione: occasione di dire l’universalità, la vera cattolicità della nostra Chiesa. Oltre alla riconoscenza per dei migranti che, nel lavorío invisibile di ogni giorno, preparano lentamente una società nuova. Quella di domani, maybe più unita e più fraterna.
Durante lunghe serate organizzative i filippini erano apparsi al Centro Scalabrini a Londra per preparare questa giornata, divenuta ormai un appuntamento ineludibile, tonificante per una comunità di emigrati provenienti dal lontano Oceano Indiano. Una novena di preghiera e di canto ne aveva preparato gli animi. Così domenica la vecchia Cattedrale già di primo mattino si animava di una vitalità giovane e inconsueta: bandiere, striscioni, strumenti musicali, costumi di danza... e tanti volti gioiosi di badanti filippine. Perfino padre Jake, giovane missionario scalabriniano, vestiva la tradizionale camicia bianca crespata di merletto con emozione. Febbrilmente da tutta Londra si raccoglieva questa comunità dal tratto fine e delicato, ma dalla fede forte e radicata: erano più di un migliaio. “Le parrocchie inglesi si sono senz’altro arricchite con la presenza di comunità migranti, per il loro forte senso comunitario, l’impegno familiare, l’amore alla Parola di Dio, la devozione alla Madonna e un’entusiasta partecipazione alle celebrazioni!” scandiva con convinzione l’arcivescovo Peter Smith. Mentre l’altro vescovo presente, Patrick Lynch, avendo già vissuto questo evento nelle Filippine, non mancava di esclamare: “Che esperienza magnifica laggiù, che tripudio da tutte le isole!”. Sì, quando laggiù un popolo si solleva, si muove davvero come un sol uomo.
Le radici di questa festa religiosa provengono dalla Spagna. Magellano, sbarcando nell’isola di Cebù nell’aprile del 1521, proponeva al re di stringere un patto con la Spagna di Carlos I e di farsi battezzare insieme a tutto il suo popolo. Così fu. Il re prese il nome cristiano di Carlos e la moglie quello di Joana, mentre come segno di alleanza fu fatto dono alla regina di una statuetta di Gesù Bambino: il culto si diffuse rapidamente in ogni isola insieme alla fede cristiana. E a tanti miracoli.
Così, come è tradizione, dopo lunghi momenti di adorazione si scatenava un rullio di tamburi e prendeva inizio la processione danzante del santo Niño, chiamata sinulog dal movimento dell’acqua corrente (sulog). Due passi avanti e uno indietro, vibrando rapidissimamente in aria la statuetta tra ritmi febbricitanti, fruscii e sussurri in tagalog. Processione suggestiva, mistica, trascinante. Centinaia di filippini si mettevano in coda, presentando sopra le mani giunte la statuetta che tengono in casa, per essere benedetta dall’arcivescovo. Era l’anima credente di un popolo amabile, ma lontanissimo per geografia, mentalità e cultura, che si esprimeva nella sua maniera nativa: la fede è senso delle proprie origini, oltre che cammino con altri verso un avvenire comune.
Seguiva poi, nelle sale del vescovado, un lungo tempo di lunch fraterno e una viva animazione di danze dai costumi tradizionali. Con più di venticinquemila filippini presenti in terra inglese, questo pezzo di popolo di migranti provava così - nell’abituale trittico di celebrazione religiosa, pranzo e danze culturali - un senso di dignità e di onore per le proprie radici. La visibilità di una comunità di immigrati in una cattedrale cattolica in un contesto anglicano si rivela essenziale per costruire la comunione: occasione di dire l’universalità, la vera cattolicità della nostra Chiesa. Oltre alla riconoscenza per dei migranti che, nel lavorío invisibile di ogni giorno, preparano lentamente una società nuova. Quella di domani, maybe più unita e più fraterna.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.