giovedì, febbraio 16, 2012
“Le milizie minacciano le speranze della Libia”: questo il titolo di un rapporto pubblicato oggi da Amnesty International che dati alla mano prova ulteriormente l’estrema insicurezza seguita alla caduta del regime di Gheddafi con un governo che non riesce di fatto a controllare le milizie armate.

Misna - Le 70 pagine del rapporto sono una raccolta di testimonianze di abusi sistematici commessi nei centri di detenzione dove sono rinchiusi migliaia di prigionieri, in molti casi estranei alle accuse che loro vengono formulate. I casi accertati di detenuti uccisi mentre si trovavano in carcere, anche nelle ultime settimane, sono 12 secondo l’organizzazione non governativa che ha il suo quartier generale a Londra. Migliaia i casi di persone torturate, abusate o discriminate e costrette alla fuga, spesso solo sulla base del colore della pelle o della tribù di appartenenza .

Già noto era il caso degli abitanti di Tawergha, città non distante da Misurata e abitata in prevalenza da libici di lontana discendenza sub-sahariana (la città era stata crocevia di traffici di schiavi). Tawergha è stata saccheggiata anche in questi primi mesi dell’anno, gli abitanti sono stati costretti a fuggire già da tempo, molti uomini sono agli arresti, costretti a firmare come altri false confessioni, sottolinea il documento.

Simile il discorso per gli africani sub-sahariani, prima arrestati perché accusati di essere mercenari al soldo di Muammar Gheddafi, ora sempre più fermati anche a scopo di estorsione. Somali, sudanesi e chiunque abbia la pelle scura non può circolare liberamente se non correndo il rischio di essere arrestato a un posto di blocco e inviato in centro di detenzione.

Le rivalità storiche tra tribù si stanno risolvendo poi in vendette in cui a prevalere sono quelle che hanno portato alla caduta del regime. Così, le milizie di Zintan sui monti Nafusa hanno spinto alla fuga e attaccato gli appartenenti alla vicina tribù Mshashiya. E a Misurata è facile incappare in graffiti che avvertono chi fuggì durante la guerra a non tornare indietro perché sarebbe considerato alla stregua di un traditore con relative conseguenze.

L’elemento che emerge con chiarezza dal rapporto è quello di un’assoluta impunità per milizie armate completamente fuori dal controllo delle autorità di transizione. Impunità che si traduce in abusi e violazioni di diritti umani ai danni di migliaia di prigionieri. Su quanti siano i prigionieri esistono solo stime: il Comitato internazionale della Croce Rossa ne ha contati 8500 in 60 centri di detenzione. Secondo i dati governativi 2400 si trovano in strutture gestite dalle autorità giudiziarie. Ma migliaia sono tenuti prigionieri in basi militari, in centri delle forze di sicurezza, in strutture controllate da milizie che operano al di fuori della legalità.

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