Ma in realtà il finanziamento ai partiti non esiste
La vicenda giudiziaria del sen. Lusi, che ha usato a proprio beneficio 13 milioni di euro appartenenti al disciolto partito della Margherita, ha riportato all’attenzione della pubblica opinione il finanziamento ai partiti. Sull’onda emotiva di Tangentopoli, nel 1993 il finanziamento ai partiti viene abrogato tramite referendum, ma dopo nemmeno un anno la vecchia normativa viene ripristinata tramite una legge chiamata ‘rimborso per le spese elettorali’, nuova solo etimologicamente perché in sostanza vengono ripristinati i finanziamenti pubblici. Cambiare la parola ‘finanziamento’ con ‘rimborso’ è però bastato a farla passare nel successivo quesito referendario svoltosi nel 2004. Come negare infatti un rimborso a chi è essenziale per la democrazia, garantisce la partecipazione dei cittadini e assicura il rapporto con le istituzioni?
Con il passare degli anni, il metodo di assegnazione di tale ‘ rimborso’ è diventato però sempre più favorevole ai partiti. Per usare le stesse parole della Corte dei Conti, “quello che viene normativamente definito ‘contributo per il rimborso delle spese elettorali’ è in realtà un vero e proprio finanziamento” ; basti pensare che nel 1994, un anno dopo il referendum che in teoria abrogava il finanziamento pubblico, i partiti ricevono 47 milioni di euro. Successivamente sono diventati 476 nelle Politiche del 2001, 499 nel 2006 e poi 503 nel 2008. Infine, dal 1993 al 2008 in cinque elezioni Politiche, tre Europee e tre Regionali, a fronte di spese accertate di 579 milioni di euro i partiti ne hanno ricevuto 2.245. Sono indennizzi molto favorevoli , a cui hanno accesso tutti quei partiti che hanno conseguito almeno l’1% dei seggi e non sono riferiti alle spese realmente sostenute ma al numero dei cittadini aventi diritto al voto.
E’ intervenuto su questi fatti il vice presidente del Senato, Vannino Chiti : "Lusi, al di là delle responsabilità personali e di eventuali altre che la magistratura dovrà accertare, rapidamente e bene, pone sul tappeto una questione non rinviabile: quella della riforma del finanziamento elettorale dei partiti. Così non si può andare avanti. Occorre che il finanziamento, collegato alle elezioni, sia delimitato nella sua entità e cioè più contenuto; erogato in tempi più definiti e in ogni caso non più a partiti che siano nel frattempo scomparsi”. E’ questo un altro aspetto illogico: La Margherita, Ds, Forza Italia, An, Unione, Ulivo, Rosa nel pugno, Casa delle libertà sono formazioni che non esistono più in parlamento, perché disciolte o confluite in altre formazioni , eppure ricevono ancora rilevanti contributi dallo Stato.
"Deve infine essere preteso – prosegue Chiti - pena la non erogazione, che il controllo sull'uso delle risorse pubbliche avvenga con certificazione esterna ai partiti. E' al tempo stesso urgente procedere all'obbligo per i gruppi parlamentari di rendere pubblico il loro bilancio. Se si vuole che la politica dei partiti riprenda credibilità è indispensabile e urgentissimo procedere nella direzione della trasparenza e del rigore”.
Ci sorge comunque una domanda legittima: è il caso che una sana democrazia richieda il continuo intervento dei legislatori per il controllo della politica che è al nostro servizio?
La vicenda giudiziaria del sen. Lusi, che ha usato a proprio beneficio 13 milioni di euro appartenenti al disciolto partito della Margherita, ha riportato all’attenzione della pubblica opinione il finanziamento ai partiti. Sull’onda emotiva di Tangentopoli, nel 1993 il finanziamento ai partiti viene abrogato tramite referendum, ma dopo nemmeno un anno la vecchia normativa viene ripristinata tramite una legge chiamata ‘rimborso per le spese elettorali’, nuova solo etimologicamente perché in sostanza vengono ripristinati i finanziamenti pubblici. Cambiare la parola ‘finanziamento’ con ‘rimborso’ è però bastato a farla passare nel successivo quesito referendario svoltosi nel 2004. Come negare infatti un rimborso a chi è essenziale per la democrazia, garantisce la partecipazione dei cittadini e assicura il rapporto con le istituzioni?
Con il passare degli anni, il metodo di assegnazione di tale ‘ rimborso’ è diventato però sempre più favorevole ai partiti. Per usare le stesse parole della Corte dei Conti, “quello che viene normativamente definito ‘contributo per il rimborso delle spese elettorali’ è in realtà un vero e proprio finanziamento” ; basti pensare che nel 1994, un anno dopo il referendum che in teoria abrogava il finanziamento pubblico, i partiti ricevono 47 milioni di euro. Successivamente sono diventati 476 nelle Politiche del 2001, 499 nel 2006 e poi 503 nel 2008. Infine, dal 1993 al 2008 in cinque elezioni Politiche, tre Europee e tre Regionali, a fronte di spese accertate di 579 milioni di euro i partiti ne hanno ricevuto 2.245. Sono indennizzi molto favorevoli , a cui hanno accesso tutti quei partiti che hanno conseguito almeno l’1% dei seggi e non sono riferiti alle spese realmente sostenute ma al numero dei cittadini aventi diritto al voto.
E’ intervenuto su questi fatti il vice presidente del Senato, Vannino Chiti : "Lusi, al di là delle responsabilità personali e di eventuali altre che la magistratura dovrà accertare, rapidamente e bene, pone sul tappeto una questione non rinviabile: quella della riforma del finanziamento elettorale dei partiti. Così non si può andare avanti. Occorre che il finanziamento, collegato alle elezioni, sia delimitato nella sua entità e cioè più contenuto; erogato in tempi più definiti e in ogni caso non più a partiti che siano nel frattempo scomparsi”. E’ questo un altro aspetto illogico: La Margherita, Ds, Forza Italia, An, Unione, Ulivo, Rosa nel pugno, Casa delle libertà sono formazioni che non esistono più in parlamento, perché disciolte o confluite in altre formazioni , eppure ricevono ancora rilevanti contributi dallo Stato.
"Deve infine essere preteso – prosegue Chiti - pena la non erogazione, che il controllo sull'uso delle risorse pubbliche avvenga con certificazione esterna ai partiti. E' al tempo stesso urgente procedere all'obbligo per i gruppi parlamentari di rendere pubblico il loro bilancio. Se si vuole che la politica dei partiti riprenda credibilità è indispensabile e urgentissimo procedere nella direzione della trasparenza e del rigore”.
Ci sorge comunque una domanda legittima: è il caso che una sana democrazia richieda il continuo intervento dei legislatori per il controllo della politica che è al nostro servizio?
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.