Aumentano i metodi lavorativi del settore che garantiscono la qualità del prodotto. Ma diminuiscono i giovani agricoltori
di Paola Bisconti
Il panorama dell’imprenditoria agricola italiana registra l’allontanamento costante delle nuove generazioni, che non intendono avvicinarsi al settore per una serie di motivi del tutto comprensibili: il 27% dei giovani è ostacolato dalla bassa remunerazione del mercato, il 14% dall’alto costo della terra, il 13% dalle barriere fiscali e dalle difficoltà di accesso al credito, mentre il 12% è frenato dalla burocrazia e il 2% rifiuta il lavoro perché lo ritiene troppo faticoso. Il risultato è un 44% di lavoratori over 65, mentre i giovani sono solo il 3%.
Alle difficoltà già citate occorre aggiungere ulteriori ostacoli che si incontrano per avviare un’attività: l’assenza di una politica agricola nazionale e la crisi economica. Anche se l’agricoltura italiana è considerata il cuore del mercato europeo , si osserva il giovane agricoltore muoversi in uno scenario assolutamente contradditorio: la Pac (Politica Agricola Comune) è l’ente comunitario di maggiore importanza e si impegna a promuovere il riavvicinamento delle politiche economiche fra i vari stati, ma ha effettuato un taglio delle risorse da investire nel settore che ha frenato chiunque intendeva intraprendere tale professione. Inoltre la manovra “Salva Italia”, che punta a fare cassa, ha messo in crisi le imprese già esistenti, che sopravvivono con un reddito bassissimo, con alcune tasse come l’IMU, l’imposta municipale unificata.
Altro grave problema è la dismissione dei terreni demaniali, decisione vista non di buon occhio dalla Confagricoltura, dall’Anga (l’organizzazione sindacale) e dalla Figa (la federazione italiana dei giovani agricoltori): la vendita dei suoli potrebbe favorire la mafia, che acquistandoli potrebbe facilmente ripulire l’ingente liquidità proveniente dalle sue attività illecite; se a comprare le aree saranno invece le banche, i notai o le imprese edili, esse potrebbero modificare la destinazione d’uso costruendo palazzi e centri commerciali. Un’ottima soluzione al problema sarebbe la concessione in affitto dei terreni, privilegiando così i giovani agricoltori e le cooperative sociali.
È indispensabile avvicinare i ragazzi all’agricoltura perché essi rappresentano un laboratorio di innovazione e cambiamento. Il settore agricolo italiano può infatti affacciarsi al mercato internazionale solo grazie alle potenzialità dei nuovi imprenditori. I giovani italiani che già operano nell’ambito indicano l’agricoltura biologica come la sezione di maggiore successo, che consente, infatti, di puntare sulla sicurezza alimentare dei prodotti e sulla garanzia delle colture nonché sulla certificazione della qualità aziendale. È questo il loro punto di forza, su cui poggiano le speranze dell’intero sistema agroalimentare, altrimenti si rischia la piaga della disoccupazione rurale. Anche se dal punto di vista dell’istruzione si osserva un decremento degli immatricolati alla facoltà agraria, occorre far riscoprire ai giovani il piacere di coltivare la terra, spingendoli a considerare l’agricoltura come una professione del futuro, perché chiamata a nutrire una popolazione mondiale in crescita. È essenziale incoraggiare un ricambio generazionale per dare all’agricoltura nuova linfa sfruttando le moderne tecnologie e rivitalizzando le tradizionali tecniche rurali.
A sostenere il settore c’è l’Ismea, l’Istituto di Servizi per il MErcato Agricolo Alimentare che gestisce varie linee di contributo ed agevolazioni legate all’imprenditoria agricola, così come l’Oiga, l’Osservatorio per l’Imprenditorialità Giovanile in Agricoltura presso il Ministero che attua campagne di informazione e la promozione di attività formative. Gli strumenti da utilizzare per avvicinarsi nel migliore dei modi sono il PSR, un programma di sviluppo rurale che prevede delle misure agevolative per i giovani e l’Agriyou (www.agriyou.it), un portale web dedicato ai giovani imprenditori agricoli, e il network creato da Anga Giovani insieme agli under 40 di Confcommercio, Confapi e Cna.
di Paola Bisconti
Il panorama dell’imprenditoria agricola italiana registra l’allontanamento costante delle nuove generazioni, che non intendono avvicinarsi al settore per una serie di motivi del tutto comprensibili: il 27% dei giovani è ostacolato dalla bassa remunerazione del mercato, il 14% dall’alto costo della terra, il 13% dalle barriere fiscali e dalle difficoltà di accesso al credito, mentre il 12% è frenato dalla burocrazia e il 2% rifiuta il lavoro perché lo ritiene troppo faticoso. Il risultato è un 44% di lavoratori over 65, mentre i giovani sono solo il 3%.
Alle difficoltà già citate occorre aggiungere ulteriori ostacoli che si incontrano per avviare un’attività: l’assenza di una politica agricola nazionale e la crisi economica. Anche se l’agricoltura italiana è considerata il cuore del mercato europeo , si osserva il giovane agricoltore muoversi in uno scenario assolutamente contradditorio: la Pac (Politica Agricola Comune) è l’ente comunitario di maggiore importanza e si impegna a promuovere il riavvicinamento delle politiche economiche fra i vari stati, ma ha effettuato un taglio delle risorse da investire nel settore che ha frenato chiunque intendeva intraprendere tale professione. Inoltre la manovra “Salva Italia”, che punta a fare cassa, ha messo in crisi le imprese già esistenti, che sopravvivono con un reddito bassissimo, con alcune tasse come l’IMU, l’imposta municipale unificata.
Altro grave problema è la dismissione dei terreni demaniali, decisione vista non di buon occhio dalla Confagricoltura, dall’Anga (l’organizzazione sindacale) e dalla Figa (la federazione italiana dei giovani agricoltori): la vendita dei suoli potrebbe favorire la mafia, che acquistandoli potrebbe facilmente ripulire l’ingente liquidità proveniente dalle sue attività illecite; se a comprare le aree saranno invece le banche, i notai o le imprese edili, esse potrebbero modificare la destinazione d’uso costruendo palazzi e centri commerciali. Un’ottima soluzione al problema sarebbe la concessione in affitto dei terreni, privilegiando così i giovani agricoltori e le cooperative sociali.
È indispensabile avvicinare i ragazzi all’agricoltura perché essi rappresentano un laboratorio di innovazione e cambiamento. Il settore agricolo italiano può infatti affacciarsi al mercato internazionale solo grazie alle potenzialità dei nuovi imprenditori. I giovani italiani che già operano nell’ambito indicano l’agricoltura biologica come la sezione di maggiore successo, che consente, infatti, di puntare sulla sicurezza alimentare dei prodotti e sulla garanzia delle colture nonché sulla certificazione della qualità aziendale. È questo il loro punto di forza, su cui poggiano le speranze dell’intero sistema agroalimentare, altrimenti si rischia la piaga della disoccupazione rurale. Anche se dal punto di vista dell’istruzione si osserva un decremento degli immatricolati alla facoltà agraria, occorre far riscoprire ai giovani il piacere di coltivare la terra, spingendoli a considerare l’agricoltura come una professione del futuro, perché chiamata a nutrire una popolazione mondiale in crescita. È essenziale incoraggiare un ricambio generazionale per dare all’agricoltura nuova linfa sfruttando le moderne tecnologie e rivitalizzando le tradizionali tecniche rurali.
A sostenere il settore c’è l’Ismea, l’Istituto di Servizi per il MErcato Agricolo Alimentare che gestisce varie linee di contributo ed agevolazioni legate all’imprenditoria agricola, così come l’Oiga, l’Osservatorio per l’Imprenditorialità Giovanile in Agricoltura presso il Ministero che attua campagne di informazione e la promozione di attività formative. Gli strumenti da utilizzare per avvicinarsi nel migliore dei modi sono il PSR, un programma di sviluppo rurale che prevede delle misure agevolative per i giovani e l’Agriyou (www.agriyou.it), un portale web dedicato ai giovani imprenditori agricoli, e il network creato da Anga Giovani insieme agli under 40 di Confcommercio, Confapi e Cna.
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