Nell’ultima raccolta di poesie di Gian Manlio Gianturco “Gorgheggi d’amore”(edizioni Tracce 2012) l’autore tocca tutti i temi del pensiero forte filosofico passando dall’angoscia alla meraviglia come un sapiente funambolo dell’ossimoro poetico-filosofico, esaltando soprattutto il concetto di fratellanza universale
Il vocabolo “poesia” evocherà, in molti, i banchi di scuola e il professore sulla cattedra che assegnava una poesia da studiare. Allora la si ripeteva a perdifiato, finché rimaneva appiccicata alla memoria. Naturalmente, il tempo utile per poter rispondere decentemente. Poi tutto cadeva nel dimenticatoio. Poesia: cosa inutile, non si vive di poesia. Eppure senza poesia non si vive. Anche il Manzoni, che tuttavia è un poeta e non tra gli ultimi, amava scherzare intorno ai poeti. Scriveva infatti: “Poeta … un cervello un po’ balzano, che nei discorsi e nei fatti abbia più dell’arguto e del singolare”.
La poesia si irradia dalle cose, se bene osservate, e proviene dal cuore, se particolarmente sensibile, e dalla capacità di stupirsi. I versi sono nascosti in tutte le cose e bisogna riscoprirli, evocarli, esprimerli attraverso la nostra sensibilità e ricchezza interiore. Più le espressioni del bello, del vero e del buono si fanno alte ed espressive e maggiormente è necessaria la poesia per coglierle e trasmetterle. Non c’è dubbio: vi è una poesia che emana anche da una fetta di polenta… però occorre una squisita sensibilità interiore per poterla sentire ed esprimere.
La poesia ci aiuta a scoprire i veri valori della vita e a penetrare gli aspetti più profondi della nostra vita. Coltivare il senso della poesia non significa diventare delle persone sentimentali, con la testa tra le nuvole, al contrario vuol dire percepire il richiamo della realtà, nella sua espressione più alta e significativa ponendoci in comunicazione con le cose, le persone e le situazioni più diverse. Per esprimere il concetto contrario, per esempio, di un uomo che abbia perso la voglia di vivere o di proseguire coraggiosamente in una impresa difficile, si dice di essersi spoetizzato: ha perso, cioè lo slancio interiore.
Se ci pensiamo, proprio in un mondo, così banalizzato, consumistico e materialistico occorre l’ala della poesia per ristabilire il deteriorato equilibrio. Diversamente la gente affoga nella marea delle banalità che sta invadendo sempre più la nostra società e forse non ce ne accorgiamo più. L’abitudine alla banalità ha distrutto in noi il residuo di poesia che il nostro cuore possedeva.
La poesia della vita non va declamata ma vissuta. Celebrata in tutti i momenti dell’esistenza. La poesia nobilita tutto ciò che tocca. C’è la poesia dell’amore, la poesia del lavoro, la poesia dell’amicizia, la poesia dei campi, la poesia della città, dell’arte, della religione, della vita domestica, della maternità, della vita coniugale e così via. La poesia dunque è un pizzico di spirito su tutto. La poesia è sguardo che interpreta, sensibilità che traduce in vita ciò che l’animo prova nei diversi contatti con tutto ciò che vive, che colpisce la fantasia, che muove e commuove. In qualunque situazione di vita, di tensione, di sofferenza ci trovassimo, quando la ferrea brutalità della vita ci afferra e tenta di stritolarci, è allora il tempo in cui bisogna essere capaci di un momento di poesia e di interpretazione della realtà. Non bisogna lasciare svigorire le energie vitali che si possiedono: bisogna moltiplicarle, sensibilizzarle e canalizzarle, sapendo leggere e interpretare quello che l’occhio superficiale della razionalità non vede ma non sfugge alla parte più intuitiva e profonda di noi stessi.
L’uomo religioso, nel senso più ampio del termine, è un’anima che vive delle risonanze di Dio, comunque lo si concepisca e si stupisce ogni giorno delle meraviglie che Egli incessantemente opera. Anche il cuore più indurito riesce ad intonare un canto e ad aprirsi alle novità che l’Assoluto ci offre ogni giorno. Per avvalorare ciò mi piace ricordare alcuni versi del poeta Gian Manlio Gianturco tratte dall’ultima sua raccolta “Gorgheggi d’amore” dove si esprimono splendidamente tutti i contenuti che ho messo in evidenza nella mia lunga premessa. Proprio nella sua ultima lirica che da nome alla raccolta si legge: “Un gorgheggio si leva/ come fosse un richiamo/ una sillaba sola/ modulata nel tono virtuosismo che invita/ all’ebbrezza del volo/ a tenersi per mano/ per sentirsi più vicini/ primo passo di un mondo/ che vuol farsi diverso/ in una sillaba sola/ ritrovare se stesso/ prende forma in risposta/ nel crescendo di luce/ un gorgheggio che spinge/ a un percorso comune/ poco a poco è un fiorire/ di richiami d’amore/non si sa trattenere quest’inno alla vita/ sgorga quasi spontaneo/ dal segreto dei cuori/ amiamoci dice/ tra gorgheggi di rivi/ facciamone un coro/ di quest’inno armonioso./ Tutti insieme all’unisono/intessiamo d’amore/ una trama infinita/ sulle tracce del bene/ fino a quando nessuno/ saprà tenersene fuori. E’ un meraviglioso inno alla fratellanza universale che esplode nell’anima del poeta Gianturco e che sancisce inequivocabilmente il suo pensiero intriso di un nuovo umanesimo e, per parafrasare l’autore, “di portata veramente integrale che sta consentendo all’uomo di riconoscersi ovunque possessore di un’eguale identità,il che ripropone con forza anche l’idea della comune discendenza dell’uomo da un unico padre … “
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Il vocabolo “poesia” evocherà, in molti, i banchi di scuola e il professore sulla cattedra che assegnava una poesia da studiare. Allora la si ripeteva a perdifiato, finché rimaneva appiccicata alla memoria. Naturalmente, il tempo utile per poter rispondere decentemente. Poi tutto cadeva nel dimenticatoio. Poesia: cosa inutile, non si vive di poesia. Eppure senza poesia non si vive. Anche il Manzoni, che tuttavia è un poeta e non tra gli ultimi, amava scherzare intorno ai poeti. Scriveva infatti: “Poeta … un cervello un po’ balzano, che nei discorsi e nei fatti abbia più dell’arguto e del singolare”.
La poesia si irradia dalle cose, se bene osservate, e proviene dal cuore, se particolarmente sensibile, e dalla capacità di stupirsi. I versi sono nascosti in tutte le cose e bisogna riscoprirli, evocarli, esprimerli attraverso la nostra sensibilità e ricchezza interiore. Più le espressioni del bello, del vero e del buono si fanno alte ed espressive e maggiormente è necessaria la poesia per coglierle e trasmetterle. Non c’è dubbio: vi è una poesia che emana anche da una fetta di polenta… però occorre una squisita sensibilità interiore per poterla sentire ed esprimere.
La poesia ci aiuta a scoprire i veri valori della vita e a penetrare gli aspetti più profondi della nostra vita. Coltivare il senso della poesia non significa diventare delle persone sentimentali, con la testa tra le nuvole, al contrario vuol dire percepire il richiamo della realtà, nella sua espressione più alta e significativa ponendoci in comunicazione con le cose, le persone e le situazioni più diverse. Per esprimere il concetto contrario, per esempio, di un uomo che abbia perso la voglia di vivere o di proseguire coraggiosamente in una impresa difficile, si dice di essersi spoetizzato: ha perso, cioè lo slancio interiore.
Se ci pensiamo, proprio in un mondo, così banalizzato, consumistico e materialistico occorre l’ala della poesia per ristabilire il deteriorato equilibrio. Diversamente la gente affoga nella marea delle banalità che sta invadendo sempre più la nostra società e forse non ce ne accorgiamo più. L’abitudine alla banalità ha distrutto in noi il residuo di poesia che il nostro cuore possedeva.
La poesia della vita non va declamata ma vissuta. Celebrata in tutti i momenti dell’esistenza. La poesia nobilita tutto ciò che tocca. C’è la poesia dell’amore, la poesia del lavoro, la poesia dell’amicizia, la poesia dei campi, la poesia della città, dell’arte, della religione, della vita domestica, della maternità, della vita coniugale e così via. La poesia dunque è un pizzico di spirito su tutto. La poesia è sguardo che interpreta, sensibilità che traduce in vita ciò che l’animo prova nei diversi contatti con tutto ciò che vive, che colpisce la fantasia, che muove e commuove. In qualunque situazione di vita, di tensione, di sofferenza ci trovassimo, quando la ferrea brutalità della vita ci afferra e tenta di stritolarci, è allora il tempo in cui bisogna essere capaci di un momento di poesia e di interpretazione della realtà. Non bisogna lasciare svigorire le energie vitali che si possiedono: bisogna moltiplicarle, sensibilizzarle e canalizzarle, sapendo leggere e interpretare quello che l’occhio superficiale della razionalità non vede ma non sfugge alla parte più intuitiva e profonda di noi stessi.
L’uomo religioso, nel senso più ampio del termine, è un’anima che vive delle risonanze di Dio, comunque lo si concepisca e si stupisce ogni giorno delle meraviglie che Egli incessantemente opera. Anche il cuore più indurito riesce ad intonare un canto e ad aprirsi alle novità che l’Assoluto ci offre ogni giorno. Per avvalorare ciò mi piace ricordare alcuni versi del poeta Gian Manlio Gianturco tratte dall’ultima sua raccolta “Gorgheggi d’amore” dove si esprimono splendidamente tutti i contenuti che ho messo in evidenza nella mia lunga premessa. Proprio nella sua ultima lirica che da nome alla raccolta si legge: “Un gorgheggio si leva/ come fosse un richiamo/ una sillaba sola/ modulata nel tono virtuosismo che invita/ all’ebbrezza del volo/ a tenersi per mano/ per sentirsi più vicini/ primo passo di un mondo/ che vuol farsi diverso/ in una sillaba sola/ ritrovare se stesso/ prende forma in risposta/ nel crescendo di luce/ un gorgheggio che spinge/ a un percorso comune/ poco a poco è un fiorire/ di richiami d’amore/non si sa trattenere quest’inno alla vita/ sgorga quasi spontaneo/ dal segreto dei cuori/ amiamoci dice/ tra gorgheggi di rivi/ facciamone un coro/ di quest’inno armonioso./ Tutti insieme all’unisono/intessiamo d’amore/ una trama infinita/ sulle tracce del bene/ fino a quando nessuno/ saprà tenersene fuori. E’ un meraviglioso inno alla fratellanza universale che esplode nell’anima del poeta Gianturco e che sancisce inequivocabilmente il suo pensiero intriso di un nuovo umanesimo e, per parafrasare l’autore, “di portata veramente integrale che sta consentendo all’uomo di riconoscersi ovunque possessore di un’eguale identità,il che ripropone con forza anche l’idea della comune discendenza dell’uomo da un unico padre … “
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