In dirittura d’arrivo il decreto varato dal Consiglio dei ministri lo scorso dicembre per far fronte alla situazione esplosiva dei penitenziari italiani
Città Nuova - Urgenza e necessità. E’ attorno a questi due termini che è costruito il decreto-legge varato lo scorso 22 dicembre dal Consiglio dei ministri con il quale si intendono mettere in atto “interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri”, come recita il testo. Il sovraffollamento carcerario è sotto gli occhi di tutti: a fine dicembre 2011 i detenuti nei nostri istituti di pena erano 70 mila, a fronte di una capienza di 45 mila posti. Alto il numero di quelli che sono in attesa di giudizio: 27.571, mentre sarebbero 22 mila i detenuti che nell’arco di un anno entrano ed escono dal carcere solo perché arrestati in flagranza, indipendentemente dal tipo di reato commesso. Non meno preoccupante il numero dei suicidi in cella: 70 nel 2011.
Bisogna tenere presente questa situazione per la quale spesso si parla di “emergenza” ma che, come tante altre in Italia che vanno sotto questo titolo si prolunga da anni rischiano la cronicità, per comprendere il tentativo di una risposta, perché di soluzione non si può parlare, al sistema carcerario che scoppia. Ricordiamoci anche che al sovraffollamento che rende invivibili le condizioni dei carcerati, va aggiunto il fatto che siamo per lo più in presenza di strutture fatiscenti dove la dignità umana non esiste più, da anni.
Quali i punti principali del decreto che, dopo la fiducia di oggi alla Camera, sarà sottoposto martedì prossimo al voto finale? Ampliamento della possibilità di detenzione domiciliare fino agli ultimi 18 mesi della pena. Considerando che con la precedente norma varata ai tempi del ministro Alfano - che estendeva a 12 mesi tale possibilità – ne avevano beneficiato 3800 detenuti, il provvedimento attuale ne raggiungerebbe altri 3500 circa.
Novità per le persone arrestate in flagranza: anziché essere portate subito in carcere, possono essere trattenute presso i commissariati, in quelle che si sono sempre comunemente chiamate “celle di sicurezza”, La permanenza presso questi luoghi non potrà superare le 48 ore (prima erano 96) e solo in ultima istanza la persona accusata potrà essere portata in carcere, qualora non sia possibile perseguire la detenzione domiciliare.
Si capisce il nome con cui è stato definito questo provvedimento: lo “svuota carceri”. In effetti, considerato che lo scarto tra la regolare capienza e l’attuale presenza è di 25 mila posti, è evidente a tutti che quella affrontata è solo una parte del problema. Si può comprendere anche la paura di chi si preoccupa dei riflessi sulla sicurezza pubblica. Il ministro Severino a tal proposito ha assunto un impegno: «Nessun delinquente pericoloso sarà lasciato libero di camminare per le strade italiane. Lo voglio sottolineare con forza perché ci sono molti fraintendimenti», ha garantito.
Città Nuova - Urgenza e necessità. E’ attorno a questi due termini che è costruito il decreto-legge varato lo scorso 22 dicembre dal Consiglio dei ministri con il quale si intendono mettere in atto “interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri”, come recita il testo. Il sovraffollamento carcerario è sotto gli occhi di tutti: a fine dicembre 2011 i detenuti nei nostri istituti di pena erano 70 mila, a fronte di una capienza di 45 mila posti. Alto il numero di quelli che sono in attesa di giudizio: 27.571, mentre sarebbero 22 mila i detenuti che nell’arco di un anno entrano ed escono dal carcere solo perché arrestati in flagranza, indipendentemente dal tipo di reato commesso. Non meno preoccupante il numero dei suicidi in cella: 70 nel 2011.
Bisogna tenere presente questa situazione per la quale spesso si parla di “emergenza” ma che, come tante altre in Italia che vanno sotto questo titolo si prolunga da anni rischiano la cronicità, per comprendere il tentativo di una risposta, perché di soluzione non si può parlare, al sistema carcerario che scoppia. Ricordiamoci anche che al sovraffollamento che rende invivibili le condizioni dei carcerati, va aggiunto il fatto che siamo per lo più in presenza di strutture fatiscenti dove la dignità umana non esiste più, da anni.
Quali i punti principali del decreto che, dopo la fiducia di oggi alla Camera, sarà sottoposto martedì prossimo al voto finale? Ampliamento della possibilità di detenzione domiciliare fino agli ultimi 18 mesi della pena. Considerando che con la precedente norma varata ai tempi del ministro Alfano - che estendeva a 12 mesi tale possibilità – ne avevano beneficiato 3800 detenuti, il provvedimento attuale ne raggiungerebbe altri 3500 circa.
Novità per le persone arrestate in flagranza: anziché essere portate subito in carcere, possono essere trattenute presso i commissariati, in quelle che si sono sempre comunemente chiamate “celle di sicurezza”, La permanenza presso questi luoghi non potrà superare le 48 ore (prima erano 96) e solo in ultima istanza la persona accusata potrà essere portata in carcere, qualora non sia possibile perseguire la detenzione domiciliare.
Si capisce il nome con cui è stato definito questo provvedimento: lo “svuota carceri”. In effetti, considerato che lo scarto tra la regolare capienza e l’attuale presenza è di 25 mila posti, è evidente a tutti che quella affrontata è solo una parte del problema. Si può comprendere anche la paura di chi si preoccupa dei riflessi sulla sicurezza pubblica. Il ministro Severino a tal proposito ha assunto un impegno: «Nessun delinquente pericoloso sarà lasciato libero di camminare per le strade italiane. Lo voglio sottolineare con forza perché ci sono molti fraintendimenti», ha garantito.
Aurora Nicosia
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