mercoledì, febbraio 08, 2012
Cosa rischia un bambino affetto da gravi forme di cardiopatie, che nasca in Eritrea piuttosto che in Uzbekistan?

Radio Vaticana
- Per dare ai piccoli malati e alle loro famiglie una speranza di guarigione si impegna dal 2005 l’Associazione “Aiutare i bambini onlus”, che porta medici e strutture in Paesi dove spesso mancano personale e mezzi idonei a sofisticati interventi chirurgici e dove si concentra l’80% del milione di casi di cardiopatie infantili che si registrano oggi nel mondo. Con il suo progetto “Cuore di bimbi”, l’Associazione lancia anche quest’anno una campagna di sensibilizzazione attraverso il sistema degli sms solidali. Alessandro De Carolis ne ha parlato con il responsabile dell’ufficio stampa dell’Associazione, Alex Gusella: ascolta

R. - Una cardiopatia infantile si cura attraverso un intervento di cardiochirurgia. Quindi, alle spalle del malato deve esserci una struttura ospedaliera attrezzata e deve esserci un team in grado di eseguire queste operazioni al cuore. I Paesi poveri mancano molto spesso sia di strutture mediche, ma più spesso mancano di medici preparati per eseguire questo tipo di interventi.

D. - Qui interviene la vostra associazione, che da diversi anni promuove il progetto “Cuore di bimbi”. Anzitutto, questo vostro progetto, in quali Paesi è diffuso?

R. - Siamo attivi in Africa, in Asia nel Sudest asiatico. In questi anni, abbiamo salvato più di 490 bambini attraverso diverse modalità. Qualora il Paese abbia delle strutture mediche, ma non i medici in grado di operare i bambini, noi inviamo all’estero medici italiani che, a titolo assolutamente volontario, realizzano brevi missioni di una settimana-dieci giorni per operare i bambini cardiopatici che necessitano di un intervento. Un’altra modalità invece, qualora all’estero manchino le strutture, è quella di portare i bambini in Italia. Quindi, sosteniamo le spese di viaggio per i bambini destinati al ricovero in ospedali italiani convenzionati. La terza modalità invece - qualora all’estero e nei Paesi più poveri esistano delle strutture e anche dei medici in grado di realizzare le operazioni, ma la famiglia non potesse sostenere i costi delle operazioni - prevede un nostro contributo affinché la famiglia possa sostenere l’operazione a costo zero. E questo è possibile grazie al sostegno della Fondazione "Aiutare i bambini".

D. - C’è una storia in particolare di un qualche bambino o bambina che vi ha toccato particolarmente?

R. - Personalmente, ho avuto la fortuna di partecipare ad una di queste missioni nell’aprile 2011 in Kazakistan. É stato veramente bello poter incontrare di nuovo una bambina che era stata operata da un’equipe proveniente dagli ospedali riuniti di Bergamo. A distanza di due anni, abbiamo incontrato nuovamente questa bambina poiché la mamma sapeva che sul posto era tornata l’equipe italiana. La bambina è stata visitata dal cardiologo che l’aveva operata: gode assolutamente di buona salute, per cui ha risolto i problemi del tutto che aveva grazie all’operazione.

D. - Avete stilato una lista di obiettivi per la raccolta fondi del 2012. In sintesi, quali interventi prevedete?

R. - Nel 2012, sosterremmo otto missioni all’estero, due in Kazakistan, in Uzbekistan, in Eritrea ed in Camerun - due missioni per ciascuno di questi Paesi - e in altri tre Paesi, la Fondazione sosterrà i costi di 110 operazioni. Questi Paesi sono: la Cambogia, il Nepal e il Sudan, mentre 20 bambini arriveranno in Italia dall’estero, in particolare dal Kosovo e dallo Zimbabwe. Occorrono circa 200 mila euro per realizzare questi interventi e tutti possono contribuire dall’8 al 28 febbraio, inviando un semplice sms del costo di due euro al numero 45507. Inoltre, con una telefonata da rete fissa alla stesso numero, è possibile donare due o cinque euro. (bi)

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