Pil a più 7,5% nel 2012. Inflazione al 5,4% nel 2011. Rapporto del governo: «Squilibrio, di mancanza di armonia e non sostenibilità dello sviluppo».
GreenReport - Il rapporto di attività del governo della Repubblica popolare cinese trasmesso oggi ai media spiega che «La Cina quest'anno ha fissato il suo obiettivo di crescita del Pil al 7,5% contro un obiettivo dell'8% nel 2011». Si tratta di un'evidente battuta di arresto e non di un adeguamento, visto che, come ammette la stessa agenzia ufficiale Xinhua, «E' la prima volta che il governo cinese abbassa il suo obiettivo di crescita economica dopo aver mantenuto la sua crescita intorno all'8% durante 7 anni». Il problema dell'economia cinese è doppio: rallentamento marcato della crescita e prezzi elevati.
La Cina precedentemente aveva annunciato un obiettivo di crescita del Pil del 7% per il periodo del 12esimo Piano quinquennale 2011-2015, ma si era ancora nell'ingegneria del "riaggiustamento" di economia e consumi per la crescita armoniosa propagandata dal Partito comunista cinese. Anche se Il rapporto di attività ribadisce che «Bisogna notare in particolare che il leggero aggiustamento verso il basso del tasso di crescita del Pil ha per obiettivo quello di assicurare una convergenza progressiva con gli obiettivi del 12esimo Piano quinquennale e di incitare i diversi settori economici a concentrare i loro sforzi sull'accelerazione del cambiamento del modo di sviluppo economico così come sul suo aumento qualitativo e la sua redditività e questo al fine di favorire uno sviluppo più sostenibile, di un livello più elevato e di una migliore qualità». Sembra di essere ad una di quelle svolte cicliche della Cina che il regime dice di aver programmato ma che presentano aspetti del tutto inaspettati e che stanno minando las stessa autorevolezza del regime comunista.
Secondo i dati ufficiali, l'economia cinese nel 2011 è aumentata del 9,2%, raggiungendo i 47.160 miliardi di yuan (circa 7.490 miliardi di dollari), nel 2010 la crescita era stata del 10,3%. Nel quarto trimestre del 2011 però la crescita del Pil cinese era rallentata fino all'8,9% su un anno, «Cioè il più lento ritmo di crescita in 10 trimestri». Il rapporto afferma che «La Cina continuerà a perseguire una politica di bilancio di rilancio e una politica monetaria prudente, procedendo ad un prevedibile leggero aggiustamento al momento opportuno ed in misura appropriata (...). Al fine di mantenere una crescita sostenuta continueremo ad ampliare la domanda interna, stabilizzando allo stesso tempo la domanda estera, a sviluppare attivamente l'economia reale, a neutralizzare gli effetti nefasti dei fattori di instabilità ed incertezza tanto interni che esterni, a risolvere senza ritardi i problemi suscettibili di aggravarsi o di estendersi».
Presentando il rapporto di attività alla quinta sessione dell'Assemblea popolare nazionale (Apn - il Parlamento cinese) il primo ministro Wen Jiabao (Nella foto) ha detto che «La Cina continuerà a fare progredire tutte le riforme dei suoi sistemi economici e politici con maggior determinazione e coraggio. Noi dobbiamo rispettare lo spirito di iniziativa delle masse popolari, lanciarci in sperimentazioni audaci, rompere gli ostacoli allo sviluppo seguendo le esigenze del concetto di sviluppo scientifico». Ma Wen ha anche ricordato che «La Cina ha fatto fronte a numerose sfide e difficoltà, tanto esterne che interne, nel corso del suo sviluppo economico e sociale. Noi ne siamo perfettamente coscienti».
Il rapporto definisce «Difficile» la ripresa economica mondiale: «La crisi finanziaria internazionale non cessa di estendersi e la depressione dovuta al debito sovrano in alcuni Paesi non sembra prossima ad attenuarsi». Secondo il documento cinese, «Le principali economie sviluppate continuano a conoscere un tasso di disoccupazione elevato ed a soffrire di una crescita lenta, mentre le economie emergenti, quanto a loro, si confrontano con la doppia pressione dell'inflazione e del rallentamento della crescita». Per la Cina «Diventa più urgente e più difficile risolvere le contraddizioni istituzionali e strutturali ed attenuare i problemi di squilibrio, di mancanza di armonia e di non sostenibilità dello sviluppo».
Wen ha detto all'Apn che «La Cina quest'anno si impegna a creare almeno 9 milioni di nuovi posti di lavoro nelle regioni urbane» e il rapporto ammonisce: «I governi a tutti i livelli sono tenuti a seguire la strategia che dà la priorità al lavoro ed a continuare a mettere in opera una politica dinamica in questo settore (...). La Cina darà la priorità al sostegno delle nuove industrie dei sevizi, delle imprese ad alte tecnologie innovatrici, delle piccole e micro-imprese a forte capacità di impiego, al fine di creare maggiori posti di lavoro». Secondo il governo di centrale di Pechino, nel 2011 nelle zone urbane cinesi sono stati creati 11 milioni di nuovi posti di lavoro, mentre il tasso di disoccupazione nel 2012 dovrebbe restare almeno al 4,6%.
Una delle cose che spaventa di più il regime comunista è che scoppi la bolla immobiliare e quindi continuerà a regolamentare il mercato delle case «Per far abbassare i prezzi ad un livello ragionevole». Wen ha detto all'Apn: «bisogna continuare ad applicare rigorosamente ed a migliorare gradualmente le misure politiche destinate ad ostacolare l'acquisto delle abitazioni a fini speculative o di rendita e consolidare i risultati positivi già ottenuti nel controllo del mercato immobiliare, in maniera da portare i prezzi ragionevolmente al ribasso. Il governo si sforzerà di terminare la costruzione di 5 milioni di alloggi e di avviare un nuovo cantiere di più di 7 milioni di abitazioni e questo nello stretto rispetto delle norme di qualità».
Il governo centrale riafferma le sue intenzioni dopo gli scontri con i governi locali che avevano indebolito le prescrizioni di Pechino sui regolamenti immobiliari del 2010 che vogliono raffreddare la speculazione edilizia in pieno sviluppo che ha portato però ad un aumento dei prezzi e dei tassi di interesse. Tra queste misure c'è il divieto di acquistare un terzo appartamento e la vigilanza sui prezzi nelle 70 maggiori città cinesi dice che a gennaio si sarebbero fermati. Il Piano quinquennale prevede la costruzione di 36 milioni di unità abitative a prezzi abbordabili entro il 2015 «al fine di rispondere ai bisogni delle famiglie a basso reddito» e nel 2011 è cominciata la costruzione di 11 milioni di unità abitative
Ma ci sono le privatizzazioni anche nella Cina comunista-turbocapitalista: il primo ministro Wen Jiabao ha detto al Parlamento che «Il governo incoraggerà gli investimenti non governativi nel settore delle ferrovie, dei servizi pubblici, delle finanze, dell'energia, delle telecomunicazioni, dell'educazione e delle cure mediche: Promuoveremo la riforma dell'industrie ferroviaria e dell'energia».
Ma il vero problema per uno stato che si definisce "socialista" dominato da un Partito che si chiama "comunista" è quello dell'ingiustizia sociale e della crescente disparità dei redditi per questo Wen ha detto che «La Cina elaborerà senza ritardi un progetto globale di riforma del sistema di ripartizione dei redditi al fine di ridurre lo scarto crescente dei redditi». Il rapporto sottolinea che «Il governo farà in modo che le risorse degli abitanti rappresentino una parte più grande nella distribuzione del reddito nazionale e che la remunerazione del lavoro occupi un posto importante nella distribuzione primaria. Invertiremo rapidamente la tendenza all'ampliamento dello scarto». Dopo 73 anni di "comunismo" l'uguaglianza sembra una chimera.
Il governo nato dalla rivoluzione proletaria dovrà fare una cosa molto "socialdemocratica" «Riaggiustare la tassazione dei contribuenti ad alto reddito, regolamentare strettamente la gestione dei salari dei dirigenti nelle imprese pubbliche e nei centri finanziari, rialzare la proporzione degli abitanti a reddito medio nell'insieme della popolazione e maggiorare i redditi più modesti».
Per far questo bisogna contrastare l'inflazione che galoppa ben oltre i dati ufficiali. Wen ha detto: «Se abbiamo promesso di mantenere l'aumento dei prezzi al consumo a circa il 4%, è perché abbiamo tenuto conto dell'inflazione importata, dell'aumento dei costi dei fattori produttivi e delle capacità di adattamento della popolazione, il tutto gestendo un certo margine per la riforma dei prezzi. «Quindi per noi è importante, basandosi sull'applicazione effettiva della nostra politica macroeconomica, su una gestione efficace del volume globale del credito monetario e del mantenimento di un equilibrio globale tra l'offerta e la domanda, prendere tutte le misure necessarie per rafforzare il controllo dei prezzi ed evitare che si infiammino nuovamente». Nel 2011 l'indice dei prezzi al consumo cinese è cresciuto del 5,4%.
GreenReport - Il rapporto di attività del governo della Repubblica popolare cinese trasmesso oggi ai media spiega che «La Cina quest'anno ha fissato il suo obiettivo di crescita del Pil al 7,5% contro un obiettivo dell'8% nel 2011». Si tratta di un'evidente battuta di arresto e non di un adeguamento, visto che, come ammette la stessa agenzia ufficiale Xinhua, «E' la prima volta che il governo cinese abbassa il suo obiettivo di crescita economica dopo aver mantenuto la sua crescita intorno all'8% durante 7 anni». Il problema dell'economia cinese è doppio: rallentamento marcato della crescita e prezzi elevati.
La Cina precedentemente aveva annunciato un obiettivo di crescita del Pil del 7% per il periodo del 12esimo Piano quinquennale 2011-2015, ma si era ancora nell'ingegneria del "riaggiustamento" di economia e consumi per la crescita armoniosa propagandata dal Partito comunista cinese. Anche se Il rapporto di attività ribadisce che «Bisogna notare in particolare che il leggero aggiustamento verso il basso del tasso di crescita del Pil ha per obiettivo quello di assicurare una convergenza progressiva con gli obiettivi del 12esimo Piano quinquennale e di incitare i diversi settori economici a concentrare i loro sforzi sull'accelerazione del cambiamento del modo di sviluppo economico così come sul suo aumento qualitativo e la sua redditività e questo al fine di favorire uno sviluppo più sostenibile, di un livello più elevato e di una migliore qualità». Sembra di essere ad una di quelle svolte cicliche della Cina che il regime dice di aver programmato ma che presentano aspetti del tutto inaspettati e che stanno minando las stessa autorevolezza del regime comunista.
Secondo i dati ufficiali, l'economia cinese nel 2011 è aumentata del 9,2%, raggiungendo i 47.160 miliardi di yuan (circa 7.490 miliardi di dollari), nel 2010 la crescita era stata del 10,3%. Nel quarto trimestre del 2011 però la crescita del Pil cinese era rallentata fino all'8,9% su un anno, «Cioè il più lento ritmo di crescita in 10 trimestri». Il rapporto afferma che «La Cina continuerà a perseguire una politica di bilancio di rilancio e una politica monetaria prudente, procedendo ad un prevedibile leggero aggiustamento al momento opportuno ed in misura appropriata (...). Al fine di mantenere una crescita sostenuta continueremo ad ampliare la domanda interna, stabilizzando allo stesso tempo la domanda estera, a sviluppare attivamente l'economia reale, a neutralizzare gli effetti nefasti dei fattori di instabilità ed incertezza tanto interni che esterni, a risolvere senza ritardi i problemi suscettibili di aggravarsi o di estendersi».
Presentando il rapporto di attività alla quinta sessione dell'Assemblea popolare nazionale (Apn - il Parlamento cinese) il primo ministro Wen Jiabao (Nella foto) ha detto che «La Cina continuerà a fare progredire tutte le riforme dei suoi sistemi economici e politici con maggior determinazione e coraggio. Noi dobbiamo rispettare lo spirito di iniziativa delle masse popolari, lanciarci in sperimentazioni audaci, rompere gli ostacoli allo sviluppo seguendo le esigenze del concetto di sviluppo scientifico». Ma Wen ha anche ricordato che «La Cina ha fatto fronte a numerose sfide e difficoltà, tanto esterne che interne, nel corso del suo sviluppo economico e sociale. Noi ne siamo perfettamente coscienti».
Il rapporto definisce «Difficile» la ripresa economica mondiale: «La crisi finanziaria internazionale non cessa di estendersi e la depressione dovuta al debito sovrano in alcuni Paesi non sembra prossima ad attenuarsi». Secondo il documento cinese, «Le principali economie sviluppate continuano a conoscere un tasso di disoccupazione elevato ed a soffrire di una crescita lenta, mentre le economie emergenti, quanto a loro, si confrontano con la doppia pressione dell'inflazione e del rallentamento della crescita». Per la Cina «Diventa più urgente e più difficile risolvere le contraddizioni istituzionali e strutturali ed attenuare i problemi di squilibrio, di mancanza di armonia e di non sostenibilità dello sviluppo».
Wen ha detto all'Apn che «La Cina quest'anno si impegna a creare almeno 9 milioni di nuovi posti di lavoro nelle regioni urbane» e il rapporto ammonisce: «I governi a tutti i livelli sono tenuti a seguire la strategia che dà la priorità al lavoro ed a continuare a mettere in opera una politica dinamica in questo settore (...). La Cina darà la priorità al sostegno delle nuove industrie dei sevizi, delle imprese ad alte tecnologie innovatrici, delle piccole e micro-imprese a forte capacità di impiego, al fine di creare maggiori posti di lavoro». Secondo il governo di centrale di Pechino, nel 2011 nelle zone urbane cinesi sono stati creati 11 milioni di nuovi posti di lavoro, mentre il tasso di disoccupazione nel 2012 dovrebbe restare almeno al 4,6%.
Una delle cose che spaventa di più il regime comunista è che scoppi la bolla immobiliare e quindi continuerà a regolamentare il mercato delle case «Per far abbassare i prezzi ad un livello ragionevole». Wen ha detto all'Apn: «bisogna continuare ad applicare rigorosamente ed a migliorare gradualmente le misure politiche destinate ad ostacolare l'acquisto delle abitazioni a fini speculative o di rendita e consolidare i risultati positivi già ottenuti nel controllo del mercato immobiliare, in maniera da portare i prezzi ragionevolmente al ribasso. Il governo si sforzerà di terminare la costruzione di 5 milioni di alloggi e di avviare un nuovo cantiere di più di 7 milioni di abitazioni e questo nello stretto rispetto delle norme di qualità».
Il governo centrale riafferma le sue intenzioni dopo gli scontri con i governi locali che avevano indebolito le prescrizioni di Pechino sui regolamenti immobiliari del 2010 che vogliono raffreddare la speculazione edilizia in pieno sviluppo che ha portato però ad un aumento dei prezzi e dei tassi di interesse. Tra queste misure c'è il divieto di acquistare un terzo appartamento e la vigilanza sui prezzi nelle 70 maggiori città cinesi dice che a gennaio si sarebbero fermati. Il Piano quinquennale prevede la costruzione di 36 milioni di unità abitative a prezzi abbordabili entro il 2015 «al fine di rispondere ai bisogni delle famiglie a basso reddito» e nel 2011 è cominciata la costruzione di 11 milioni di unità abitative
Ma ci sono le privatizzazioni anche nella Cina comunista-turbocapitalista: il primo ministro Wen Jiabao ha detto al Parlamento che «Il governo incoraggerà gli investimenti non governativi nel settore delle ferrovie, dei servizi pubblici, delle finanze, dell'energia, delle telecomunicazioni, dell'educazione e delle cure mediche: Promuoveremo la riforma dell'industrie ferroviaria e dell'energia».
Ma il vero problema per uno stato che si definisce "socialista" dominato da un Partito che si chiama "comunista" è quello dell'ingiustizia sociale e della crescente disparità dei redditi per questo Wen ha detto che «La Cina elaborerà senza ritardi un progetto globale di riforma del sistema di ripartizione dei redditi al fine di ridurre lo scarto crescente dei redditi». Il rapporto sottolinea che «Il governo farà in modo che le risorse degli abitanti rappresentino una parte più grande nella distribuzione del reddito nazionale e che la remunerazione del lavoro occupi un posto importante nella distribuzione primaria. Invertiremo rapidamente la tendenza all'ampliamento dello scarto». Dopo 73 anni di "comunismo" l'uguaglianza sembra una chimera.
Il governo nato dalla rivoluzione proletaria dovrà fare una cosa molto "socialdemocratica" «Riaggiustare la tassazione dei contribuenti ad alto reddito, regolamentare strettamente la gestione dei salari dei dirigenti nelle imprese pubbliche e nei centri finanziari, rialzare la proporzione degli abitanti a reddito medio nell'insieme della popolazione e maggiorare i redditi più modesti».
Per far questo bisogna contrastare l'inflazione che galoppa ben oltre i dati ufficiali. Wen ha detto: «Se abbiamo promesso di mantenere l'aumento dei prezzi al consumo a circa il 4%, è perché abbiamo tenuto conto dell'inflazione importata, dell'aumento dei costi dei fattori produttivi e delle capacità di adattamento della popolazione, il tutto gestendo un certo margine per la riforma dei prezzi. «Quindi per noi è importante, basandosi sull'applicazione effettiva della nostra politica macroeconomica, su una gestione efficace del volume globale del credito monetario e del mantenimento di un equilibrio globale tra l'offerta e la domanda, prendere tutte le misure necessarie per rafforzare il controllo dei prezzi ed evitare che si infiammino nuovamente». Nel 2011 l'indice dei prezzi al consumo cinese è cresciuto del 5,4%.
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