Enel. Cosa vi viene in mente ascoltando questo nome? A me faceva venire in mente una lampadina accesa. Ora invece, qui in Colombia, la associo a lacrimogenie a sgomberi forzati, a famiglie che non avranno più una casa, alla Madre Terra violentata...
dalla nostra corrispondente Anna Ballardini
L'Enel è infatti la multinazionale che sta dietro a quanto sta succedendo nella regione colombiana del Huila. La multinazionale Enel-Endesa (Endesa era un'impresa spagnola, ma dal 2009 il 92% di Endesa è di proprietà di Enel), attraverso la controllata Emgesa, sta infatti costruendo una mega-diga in Colombia, nella regione del Huila, El Quimbo: una centrale lunga 151 metri e alta 66 che sarà in grado di produrre 400 megawatt di energia destinata all'esportazione. A lavorare per la sua costruzione è un'impresa italiana, la Impregilo.
Per realizzare questa centrale idroelettrica, si inonderanno 8500 ettari di terra molto fertile, parte della Riserva Forestale Amazzonica, che ora dà da mangiare a migliaia di persone. Saranno inondati sei comuni con le case di circa 400 famiglie. Centinaia di contadini, pescatori e braccianti dovranno lasciare le loro case e i campi, circa 2000 persone perderanno il lavoro e la fonte di sostentamento. Sarà in grave rischio la sicurezza alimentare di tutta la regione, perché la zona che sarà inondata, ricca in biodiversità, produce attualmente mais, tabacco, riso, sorgo, soia, cacao, frutta, carne e latte. Saranno inondati siti di interesse culturale ed archeologico.
Le proteste nonviolente delle comunità organizzate sono, in queste settimane, represse con violenza dalle squadre antisommossa armate dal governo colombiano in accordo con la multinazionale. Si sta facendo spazio con la violenza allo sviluppo di questo megaprogetto che, come al solito, porterà molta ricchezza nelle mani di pochi e invece fame e disperazione alla gente che si trova senza casa, senza lavoro, senza più pesce da pescare né terra da coltivare, con gli ecosistemi distrutti...
L'Università Surcolombiana stima che durante i 50 anni di produttività dell’impianto idroelettrico, Endesa pagherà al dipartimento dell’Huila all'incirca 135 milioni di euro, contro i 480 milioni di euro che la regione perderà per la cessata produzione agricola dell’area inondata. A fronte di un tale impoverimento, la multinazionale registrerà, nello stesso periodo, un guadagno di 2294 milioni di euro.
La diga sorgerà poco lontano da un'altra centrale idroelettrica, Betania, costruita 30 anni fa e che ha causato sfollamenti e perdita di terre coltivate. Ne hanno memoria gli uomini e le donne della regione, gli anziani e i bambini, i contadini e i pescatori che in questi giorni hanno partecipato alle proteste. Hanno manifestato pacificamente il dissenso, ma sono stati sgomberati con la forza. Ci sono stati feriti per il lancio dei gas lacrimogeni: un giovane ha perso l'occhio destro.
A denuncia di quanto successo, in internet sta circolando un filmato intitolato “Il video che il Governo non vuole che vediamo”, con riprese di Bruno Federico e montaggio di Bladimir Sánchez. Ma qualcuno non ha apprezzato che le testimonianze dei pescatori e di chi ha subito il violento sgombero facessero il giro del mondo: in questi giorni, Bladimir, giornalista indipendente che segue le vicende del progetto del Quimbo da quattro anni, ha ricevuto delle minacce. “Mi hanno detto che mi avrebbero fatto sparire”. Nonostante questo, Bladimir continua il suo impegno e non se ne andrà.
Così come non se ne andranno i manifestanti: continuano infatti le coraggiose proteste di chi, con la forza della nonviolenza e la determinazione di chi sa di difendere la vita, cerca di fermare la costruzione della diga. Obiettivo principale delle manifestazioni era impedire la deviazione del corso del Rio Magdalena, uno dei maggiori fiumi della Colombia, navigabile e lungo 1500 km, che garantisce la fertilità delle terre che bagna. “Il Quimbo non si inonda, non si espropria, non si vende” si leggeva sui cartelli. Con lo schieramento delle forze armate, il 3 di marzo sono comunque iniziati i lavori per deviare il grande fiume. Il presidente Juan Manuel Santos ha annunciato che non permetterà che si blocchi un progetto così importante per il Paese.
Ma la mobilitazione non si ferma. Secondo chi vive in quelle terre, questo progetto è un attentato all'agricoltura, alla pesca, all'economia della regione, alla natura e all'equilibrio degli ecosistemi che verranno irrimediabilmente compromessi. “Dacci oggi la nostra acqua quotidiana” pregava monsignor Luis Infanti de la Mora, vescovo del vicariato apostolico di Aysen, nella Patagonia cilena, mentre si schierava con chi chiedeva all'Enel di fermare la costruzione di cinque grandi centrali idroelettriche in quella regione. “Dacci oggi la nostra acqua quotidiana”... una preghiera che si ripete e che oggi, in Colombia, si fa voce di un popolo che ama la terra e vuole proteggere il suo fiume, da sempre fonte di vita.
dalla nostra corrispondente Anna Ballardini
L'Enel è infatti la multinazionale che sta dietro a quanto sta succedendo nella regione colombiana del Huila. La multinazionale Enel-Endesa (Endesa era un'impresa spagnola, ma dal 2009 il 92% di Endesa è di proprietà di Enel), attraverso la controllata Emgesa, sta infatti costruendo una mega-diga in Colombia, nella regione del Huila, El Quimbo: una centrale lunga 151 metri e alta 66 che sarà in grado di produrre 400 megawatt di energia destinata all'esportazione. A lavorare per la sua costruzione è un'impresa italiana, la Impregilo.
Per realizzare questa centrale idroelettrica, si inonderanno 8500 ettari di terra molto fertile, parte della Riserva Forestale Amazzonica, che ora dà da mangiare a migliaia di persone. Saranno inondati sei comuni con le case di circa 400 famiglie. Centinaia di contadini, pescatori e braccianti dovranno lasciare le loro case e i campi, circa 2000 persone perderanno il lavoro e la fonte di sostentamento. Sarà in grave rischio la sicurezza alimentare di tutta la regione, perché la zona che sarà inondata, ricca in biodiversità, produce attualmente mais, tabacco, riso, sorgo, soia, cacao, frutta, carne e latte. Saranno inondati siti di interesse culturale ed archeologico.
Le proteste nonviolente delle comunità organizzate sono, in queste settimane, represse con violenza dalle squadre antisommossa armate dal governo colombiano in accordo con la multinazionale. Si sta facendo spazio con la violenza allo sviluppo di questo megaprogetto che, come al solito, porterà molta ricchezza nelle mani di pochi e invece fame e disperazione alla gente che si trova senza casa, senza lavoro, senza più pesce da pescare né terra da coltivare, con gli ecosistemi distrutti...
L'Università Surcolombiana stima che durante i 50 anni di produttività dell’impianto idroelettrico, Endesa pagherà al dipartimento dell’Huila all'incirca 135 milioni di euro, contro i 480 milioni di euro che la regione perderà per la cessata produzione agricola dell’area inondata. A fronte di un tale impoverimento, la multinazionale registrerà, nello stesso periodo, un guadagno di 2294 milioni di euro.
La diga sorgerà poco lontano da un'altra centrale idroelettrica, Betania, costruita 30 anni fa e che ha causato sfollamenti e perdita di terre coltivate. Ne hanno memoria gli uomini e le donne della regione, gli anziani e i bambini, i contadini e i pescatori che in questi giorni hanno partecipato alle proteste. Hanno manifestato pacificamente il dissenso, ma sono stati sgomberati con la forza. Ci sono stati feriti per il lancio dei gas lacrimogeni: un giovane ha perso l'occhio destro.
A denuncia di quanto successo, in internet sta circolando un filmato intitolato “Il video che il Governo non vuole che vediamo”, con riprese di Bruno Federico e montaggio di Bladimir Sánchez. Ma qualcuno non ha apprezzato che le testimonianze dei pescatori e di chi ha subito il violento sgombero facessero il giro del mondo: in questi giorni, Bladimir, giornalista indipendente che segue le vicende del progetto del Quimbo da quattro anni, ha ricevuto delle minacce. “Mi hanno detto che mi avrebbero fatto sparire”. Nonostante questo, Bladimir continua il suo impegno e non se ne andrà.
Così come non se ne andranno i manifestanti: continuano infatti le coraggiose proteste di chi, con la forza della nonviolenza e la determinazione di chi sa di difendere la vita, cerca di fermare la costruzione della diga. Obiettivo principale delle manifestazioni era impedire la deviazione del corso del Rio Magdalena, uno dei maggiori fiumi della Colombia, navigabile e lungo 1500 km, che garantisce la fertilità delle terre che bagna. “Il Quimbo non si inonda, non si espropria, non si vende” si leggeva sui cartelli. Con lo schieramento delle forze armate, il 3 di marzo sono comunque iniziati i lavori per deviare il grande fiume. Il presidente Juan Manuel Santos ha annunciato che non permetterà che si blocchi un progetto così importante per il Paese.
Ma la mobilitazione non si ferma. Secondo chi vive in quelle terre, questo progetto è un attentato all'agricoltura, alla pesca, all'economia della regione, alla natura e all'equilibrio degli ecosistemi che verranno irrimediabilmente compromessi. “Dacci oggi la nostra acqua quotidiana” pregava monsignor Luis Infanti de la Mora, vescovo del vicariato apostolico di Aysen, nella Patagonia cilena, mentre si schierava con chi chiedeva all'Enel di fermare la costruzione di cinque grandi centrali idroelettriche in quella regione. “Dacci oggi la nostra acqua quotidiana”... una preghiera che si ripete e che oggi, in Colombia, si fa voce di un popolo che ama la terra e vuole proteggere il suo fiume, da sempre fonte di vita.
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