Pubblichiamo una lettera aperta inviata al nostro giornale, scritta da Alexandros Alavanos, già Presidente del «Gruppo Confederale della Sinistra Europea» al Parlamento Europeo.
Da più di tre anni una crisi economica, d’intensità mai prima conosciuta, incrina l’Europa, affliggendo soprattutto i paesi della sua periferia. Tra di loro si contano l’Italia e la Grecia, nonostante sostanziali differenze riguardo alla profondità della crisi e alle dimensioni delle rispettive economie. E’ in pieno svolgimento una guerra economica in cui, al posto degli aerei Stukas, si usano i cannoni d’oro dei mercati e Merkel e Sarkozy stringono il collo dei popoli, specialmente quelli dell’Europa meridionale. Questa crisi, che non ha altra causa oltre allo squilibrio intrinseco al sistema della moneta “comune” e al trattato di Maastricht, profondamente neo-liberista, mostra ancora una volta il nostro destino comune.
Tre millenni di storia uniscono i nostri popoli. Già dall’ottavo secolo a.C. le prime colonie greche si erano stabilite nell’Italia del sud, costituendo la Magna Grecia. Più tardi, i Romani conquistarono lo spazio greco. Si sviluppò la cosiddetta civiltà greco-romana, progenie dell’arduo e creativo incontro delle nostre culture, pietra miliare della civiltà occidentale.
Più recentemente, nel diciannovesimo secolo, Garibaldini Italiani vennero nella nostra patria per combattere per la nostra liberazione dai Turchi. Socialisti Italiani portarono le idee della Prima Internazionale, inizialmente a Patrasso, e seminarono i germi per lo sviluppo del movimento operaio greco. Lo stesso accadde con il movimento anarchico.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, oltre alle atrocità commesse dal fascismo, si manifestarono fenomeni di fraternizzazione tra i nostri due popoli, unici in condizioni di guerra. Decine di migliaia di soldati italiani, perseguitati dall’esercito tedesco dopo l’armistizio dell’8 Settembre 1943, furono soccorsi e ospitati da famiglie greche, mentre molte centinaia di loro hanno fatto parte della Resistenza Greca contro il nazismo. Le donne e gli uomini anziani della nostra patria, che vissero sulla propria pelle l’occupazione fascista e tedesca della Seconda Guerra –e oggi sono condannati a vivere sostanzialmente senza dignità, senza assistenza medica e con pensioni indecenti a causa della nuova occupazione economica imposta ancora dalla Germania–, conservano un buon ricordo dei soldati italiani. Era un soldato italiano –si racconta a Calávrita– colui che aprì la porta della chiesa, dove i tedeschi avevano rinchiuso le donne e
Alexandros Alavanos
Atene, il 24 Febbraio 2012
i bambini del villaggio per dar loro fuoco, dopo aver fucilato tutti gli uomini di questo travagliato paesino montanaro del Peloponneso.
Mi ricordo, nel 1981, il momento in cui, giovanissimo, appena eletto al Parlamento Europeo, feci conoscenza di un anziano sindacalista proveniente da Milano, eurodeputato del PCI, di nome Aldo Bonaccini.
Mi strinse calorosamente la mano, cominciando a recitare in greco una ventina di versi dall’inizio dell’Odissea. Poi si è fermato invitandomi a continuare. Mi era impossibile. Non avevo l’educazione classica che aveva la generazione del 1920. Ho pensato “in quanto a Omero, quest’Italiano è più Greco di me”. Il popolo Greco ha una profonda coscienza del percorso storico e culturale comune condiviso con il popolo italiano.
Oggi, i nostri paesi si trovano dalla stessa parte, membri dei PIIGS –come siamo chiamati con disprezzo, come responsabili della crisi economica.
Si dice che la crisi va attribuita a peculiarità dei popoli dell’ Europa Meridionale. Si dice che siamo oziosi, prodighi, che viviamo da gran signori, anche se il reddito medio greco è solo 1/3 di quello tedesco, in assenza di uno stato assistenziale decente, benché le ore lavorative siano molte di più.
Responsabili invece non sono né il popolo greco, né quello italiano e neppure quello tedesco, ma la moneta “comune” e la stessa struttura dell’Unione Europea.
La situazione italiana di oggi ne fornisce la prova definitiva: pur avendo un’industria di grande livello che non ha niente da invidiare da altri paesi molto industrializzati, viene a trovarsi sotto torchio. Al contrario, paesi come il Giappone, Stati Uniti e Inghilterra con minori o maggiori debiti pubblici, non affrontano lo spettro della insolvenza, non si sottopongono alla dittatura dei mercati e del capitale finanziario, prevalentemente perché dispongono di una politica monetaria loro propria e al servizio dei propri interessi.
L’euro è un’invenzione della classe dirigente Germanica e dei suoi paesi satelliti e la sua architettura porta a un’Europa dalla disciplina monetarista di rigore prussiano. L’euro induce inoltre la chiusura delle piccole imprese, sia greche che Italiane, fattore essenziale delle nostre economie. L’Euro vieta l’emissione di denaro per il rilancio dell’economia che potrebbe condurre alla copertura del debito pubblico. L’euro è una moneta rigida per l’Italia e rigidissima per la Grecia. L’euro è stato costruito per le banche, per le grandi industrie, per il capitale finanziario, per stati come la Germania. Non è stato fatto per il mondo del lavoro e per società come le nostre. L’euro impedisce non solo la politica valutaria e monetaria, ma anche una politica finanziaria espansionista per stabilizzare l’economia in stato di recessione.
Il nuovo patto di stabilità che si sta dettando, vuole far mettere la camicia di forza finanziaria dell’euro a tutti i membri dell’Europa Unita. Che cosa però comportano anche per l’Italia, permanenti e grandi avanzi primari e a tempo indeterminato per giunta, che necessitano in modo da soddisfare i termini del «patto»? Quali sofferenze? Quali ferite? Quali disgrazie sono tenute nascoste?
La Grecia di oggi sta affondando lentamente, sta morendo. Il numero delle nostre scuole si restringe, i nostri maestri sono licenziati oppure immiseriti, gli alunni svengono
in classe per scarsa alimentazione; si stanno espandendo nella nostra capitale
mense pubbliche, che non si vedevano dai tempi del’occupazione nazi-fascista del
1941 -1944. Nei nostri ospedali mancano i mezzi di prima necessità come garze ed
alcool, la pubblica sanità si sta smantellando. L’incubo della povertà e della
disoccupazione appare in ogni casa greca. A prezzi di saldo sarà venduto o
sequestrato il nostro patrimonio pubblico, le compagnie idriche e di elettricità, il suolo
pubblico, le risorse naturali, persino il nostro sole (il grande progetto per lo sviluppo
delle forme di energie rinnovabili è stato ipotecato dai capitali tedeschi).
Ringraziamo il popolo Italiano per le manifestazioni di concreta solidarietà verso il
popolo Greco.
La nostra patria a breve scadenza andrà definitivamente in insolvenza, a causa
del nuovo programma economico di annientamento ed eventualmente sarà messa
fuori dalla zona euro. L’Unione Economica Monetaria impone tali clausole che, presto
o tardi, non solo la Grecia ma anche altri piccoli paesi periferici dovranno abbandonare
l’euro se non vogliono trasformarsi in piccoli Pakistan dell’Unione Europea. Questo
processo però, se assunto consapevolmente in maniera progettuale, invece che essere
l’ultima conseguenza di decisioni altrui, potrebbe evolversi in modo non caotico
a beneficio del mondo del lavoro, portando a una forma di collegamento fra i paesi
dell’ Europa meridionale, che hanno interessi comuni e che potrebbero agire in modo
sinergico. Per questi paesi sarebbe una cosa ottima avere con loro –e perché non al
proprio centro?– un paese economicamente potente con delle conquiste
tecnologiche, con tradizioni popolari, con civiltà, l’Italia appunto, colpita fortemente
anche lei dalla politica tedesca e dalla moneta “comune”.
Perché abolire ogni concetto di democrazia? Perché nominare come nostri governanti
dei banchieri? Perché offendere la dignità dei nostri popoli? Perché sottoporsi alla cosiddetta
“austerità” a senso unico e a drammatici sacrifici a causa di una mo-neta imposta
dagli interessi dominanti? Perché accettare cambiamenti costituzionali imposti?
Il popolo Italiano insieme al popolo Greco, del Portogallo, della Spagna può
aprire una nuova strada nel Mediterraneo e probabilmente in tutta l’Europa.
Chiediamo di uscire dall’euro, di ripristinare la democrazia e la sovranità nazionale.
Separiamoci dal nucleo duro della zona euro per salvaguardare gli interessi dei
nostri popoli. Implementiamo una politica economica favorevole alle forze del lavoro,
una politica di giustizia, una politica di solidarietà.
A livello internazionale possiamo prendere come esempio i paesi dell’America Latina
e del’Alleanza Bolivariana (Alianza Bolivariana para los pueblos de Nuestra America)
che stanno sperimentando una moneta unica su base equa e solidale, con vantaggio
reciproco.
Da più di tre anni una crisi economica, d’intensità mai prima conosciuta, incrina l’Europa, affliggendo soprattutto i paesi della sua periferia. Tra di loro si contano l’Italia e la Grecia, nonostante sostanziali differenze riguardo alla profondità della crisi e alle dimensioni delle rispettive economie. E’ in pieno svolgimento una guerra economica in cui, al posto degli aerei Stukas, si usano i cannoni d’oro dei mercati e Merkel e Sarkozy stringono il collo dei popoli, specialmente quelli dell’Europa meridionale. Questa crisi, che non ha altra causa oltre allo squilibrio intrinseco al sistema della moneta “comune” e al trattato di Maastricht, profondamente neo-liberista, mostra ancora una volta il nostro destino comune.
Tre millenni di storia uniscono i nostri popoli. Già dall’ottavo secolo a.C. le prime colonie greche si erano stabilite nell’Italia del sud, costituendo la Magna Grecia. Più tardi, i Romani conquistarono lo spazio greco. Si sviluppò la cosiddetta civiltà greco-romana, progenie dell’arduo e creativo incontro delle nostre culture, pietra miliare della civiltà occidentale.
Più recentemente, nel diciannovesimo secolo, Garibaldini Italiani vennero nella nostra patria per combattere per la nostra liberazione dai Turchi. Socialisti Italiani portarono le idee della Prima Internazionale, inizialmente a Patrasso, e seminarono i germi per lo sviluppo del movimento operaio greco. Lo stesso accadde con il movimento anarchico.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, oltre alle atrocità commesse dal fascismo, si manifestarono fenomeni di fraternizzazione tra i nostri due popoli, unici in condizioni di guerra. Decine di migliaia di soldati italiani, perseguitati dall’esercito tedesco dopo l’armistizio dell’8 Settembre 1943, furono soccorsi e ospitati da famiglie greche, mentre molte centinaia di loro hanno fatto parte della Resistenza Greca contro il nazismo. Le donne e gli uomini anziani della nostra patria, che vissero sulla propria pelle l’occupazione fascista e tedesca della Seconda Guerra –e oggi sono condannati a vivere sostanzialmente senza dignità, senza assistenza medica e con pensioni indecenti a causa della nuova occupazione economica imposta ancora dalla Germania–, conservano un buon ricordo dei soldati italiani. Era un soldato italiano –si racconta a Calávrita– colui che aprì la porta della chiesa, dove i tedeschi avevano rinchiuso le donne e
Alexandros Alavanos
Atene, il 24 Febbraio 2012
i bambini del villaggio per dar loro fuoco, dopo aver fucilato tutti gli uomini di questo travagliato paesino montanaro del Peloponneso.
Mi ricordo, nel 1981, il momento in cui, giovanissimo, appena eletto al Parlamento Europeo, feci conoscenza di un anziano sindacalista proveniente da Milano, eurodeputato del PCI, di nome Aldo Bonaccini.
Mi strinse calorosamente la mano, cominciando a recitare in greco una ventina di versi dall’inizio dell’Odissea. Poi si è fermato invitandomi a continuare. Mi era impossibile. Non avevo l’educazione classica che aveva la generazione del 1920. Ho pensato “in quanto a Omero, quest’Italiano è più Greco di me”. Il popolo Greco ha una profonda coscienza del percorso storico e culturale comune condiviso con il popolo italiano.
Oggi, i nostri paesi si trovano dalla stessa parte, membri dei PIIGS –come siamo chiamati con disprezzo, come responsabili della crisi economica.
Si dice che la crisi va attribuita a peculiarità dei popoli dell’ Europa Meridionale. Si dice che siamo oziosi, prodighi, che viviamo da gran signori, anche se il reddito medio greco è solo 1/3 di quello tedesco, in assenza di uno stato assistenziale decente, benché le ore lavorative siano molte di più.
Responsabili invece non sono né il popolo greco, né quello italiano e neppure quello tedesco, ma la moneta “comune” e la stessa struttura dell’Unione Europea.
La situazione italiana di oggi ne fornisce la prova definitiva: pur avendo un’industria di grande livello che non ha niente da invidiare da altri paesi molto industrializzati, viene a trovarsi sotto torchio. Al contrario, paesi come il Giappone, Stati Uniti e Inghilterra con minori o maggiori debiti pubblici, non affrontano lo spettro della insolvenza, non si sottopongono alla dittatura dei mercati e del capitale finanziario, prevalentemente perché dispongono di una politica monetaria loro propria e al servizio dei propri interessi.
L’euro è un’invenzione della classe dirigente Germanica e dei suoi paesi satelliti e la sua architettura porta a un’Europa dalla disciplina monetarista di rigore prussiano. L’euro induce inoltre la chiusura delle piccole imprese, sia greche che Italiane, fattore essenziale delle nostre economie. L’Euro vieta l’emissione di denaro per il rilancio dell’economia che potrebbe condurre alla copertura del debito pubblico. L’euro è una moneta rigida per l’Italia e rigidissima per la Grecia. L’euro è stato costruito per le banche, per le grandi industrie, per il capitale finanziario, per stati come la Germania. Non è stato fatto per il mondo del lavoro e per società come le nostre. L’euro impedisce non solo la politica valutaria e monetaria, ma anche una politica finanziaria espansionista per stabilizzare l’economia in stato di recessione.
Il nuovo patto di stabilità che si sta dettando, vuole far mettere la camicia di forza finanziaria dell’euro a tutti i membri dell’Europa Unita. Che cosa però comportano anche per l’Italia, permanenti e grandi avanzi primari e a tempo indeterminato per giunta, che necessitano in modo da soddisfare i termini del «patto»? Quali sofferenze? Quali ferite? Quali disgrazie sono tenute nascoste?
La Grecia di oggi sta affondando lentamente, sta morendo. Il numero delle nostre scuole si restringe, i nostri maestri sono licenziati oppure immiseriti, gli alunni svengono
in classe per scarsa alimentazione; si stanno espandendo nella nostra capitale
mense pubbliche, che non si vedevano dai tempi del’occupazione nazi-fascista del
1941 -1944. Nei nostri ospedali mancano i mezzi di prima necessità come garze ed
alcool, la pubblica sanità si sta smantellando. L’incubo della povertà e della
disoccupazione appare in ogni casa greca. A prezzi di saldo sarà venduto o
sequestrato il nostro patrimonio pubblico, le compagnie idriche e di elettricità, il suolo
pubblico, le risorse naturali, persino il nostro sole (il grande progetto per lo sviluppo
delle forme di energie rinnovabili è stato ipotecato dai capitali tedeschi).
Ringraziamo il popolo Italiano per le manifestazioni di concreta solidarietà verso il
popolo Greco.
La nostra patria a breve scadenza andrà definitivamente in insolvenza, a causa
del nuovo programma economico di annientamento ed eventualmente sarà messa
fuori dalla zona euro. L’Unione Economica Monetaria impone tali clausole che, presto
o tardi, non solo la Grecia ma anche altri piccoli paesi periferici dovranno abbandonare
l’euro se non vogliono trasformarsi in piccoli Pakistan dell’Unione Europea. Questo
processo però, se assunto consapevolmente in maniera progettuale, invece che essere
l’ultima conseguenza di decisioni altrui, potrebbe evolversi in modo non caotico
a beneficio del mondo del lavoro, portando a una forma di collegamento fra i paesi
dell’ Europa meridionale, che hanno interessi comuni e che potrebbero agire in modo
sinergico. Per questi paesi sarebbe una cosa ottima avere con loro –e perché non al
proprio centro?– un paese economicamente potente con delle conquiste
tecnologiche, con tradizioni popolari, con civiltà, l’Italia appunto, colpita fortemente
anche lei dalla politica tedesca e dalla moneta “comune”.
Perché abolire ogni concetto di democrazia? Perché nominare come nostri governanti
dei banchieri? Perché offendere la dignità dei nostri popoli? Perché sottoporsi alla cosiddetta
“austerità” a senso unico e a drammatici sacrifici a causa di una mo-neta imposta
dagli interessi dominanti? Perché accettare cambiamenti costituzionali imposti?
Il popolo Italiano insieme al popolo Greco, del Portogallo, della Spagna può
aprire una nuova strada nel Mediterraneo e probabilmente in tutta l’Europa.
Chiediamo di uscire dall’euro, di ripristinare la democrazia e la sovranità nazionale.
Separiamoci dal nucleo duro della zona euro per salvaguardare gli interessi dei
nostri popoli. Implementiamo una politica economica favorevole alle forze del lavoro,
una politica di giustizia, una politica di solidarietà.
A livello internazionale possiamo prendere come esempio i paesi dell’America Latina
e del’Alleanza Bolivariana (Alianza Bolivariana para los pueblos de Nuestra America)
che stanno sperimentando una moneta unica su base equa e solidale, con vantaggio
reciproco.
Alexandros Alavanos
Già Presidente del «Gruppo Confederale della Sinistra Europea»
al Parlamento Europeo.
Già Presidente del «Gruppo Confederale della Sinistra Europea»
al Parlamento Europeo.
Tweet |
Sono presenti 3 commenti
leggete attentamente
Non é da adesso che lo penso. L'euro é un ammazza stati a favore dell Germania e un po meno della francia.Sarebbe davvero percorribile la via suggeritaci da Alvanos ma non ne abbiamo più la forza. La ritroveremo quando ci porteranno all'esasperazione, come avviene in Grecia. Già ora nelle nostre farmacie latitano antibiotici e altro. Aspettate e vedrete... Solo che noi non siamo la Grecia!!!
Per fortuna al mondo esistono ancora i cavalieri romantici pronti a lanciarsi al galoppo, lancia in mano contro i mulini a vento!
Non so voi ma a me vengono le lacrime agli occhi nel raffigurarmi la situazione greca, tanto più che sembra di guardare in una sfera di cristallo che predice il futuro dell'Italia.
Prima che i miei figli svengano per la scarsa nutrizione io gli riempirò la pancia della carne grassa di qualche politico.
Destati Italia!
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.