lunedì, marzo 26, 2012
Sono passati quasi due anni da quando il nostro paese è entrato nel cosiddetto «meccanismo di sostegno» nell’ambito del «Memorandum di Politica Economica e Finanziaria», chiamato all’adempimento di ciò che si chiama programma di «stabilità e sviluppo». Non ci sono stati né stabilità e neanche sviluppo, ma una devastazione totale.

di Babis Alexandrou

Allora il Memorandum è fallito? In modo clamoroso, rispetto agli obiettivi proposti. Un semplice sguardo ai dati macroeconomici basta a dimostrarlo. Dietro le molte parole dei politici e degli economisti si nasconde la povertà: alla fine del 2009, il rapporto Debito Pubblico/PIL era del 115%, alla fine del 2011 registra un aumento spaventoso, salendo al 171%. La disoccupazione era al 9,5% e adesso è salita quasi al 20%, ma tra i giovani le ultime stime indicano il 50%. Il deficit della bilancia dei pagamenti con l’estero era dell’11%, e tale è rimasto. Il deficit del bilancio pubblico era ed è attorno al 10%. La recessione nel 2009 era del 2%, mentre negli anni 2010 e 2011 si è registrata una recessione cumulativa dell’11,5%.

La Grecia è entrata in una spirale di cui non si riesce a intravedere la fine. Senza l’ultimo hair cut il debito nel 2012 sarebbe arrivato al 200% del PIL! Ma anche con l’hair cut non c’è da rallegrarsi, dato che nel 2020 il debito «scenderà» (cosa impossibile) al 120%. In sostanza, dopo un decennio di impressionante austerità, mai prima sperimentata in condizione di pace in un paese occidentale, il rapporto debito/PIL sarà uguale a quello del 2009, mentre il target di Maastricht è fissato al 60%. L’espressione «buco nell’acqua» rende perfettamente ciò che stanno subendo i lavoratori, i pensionati, le piccole industrie greche, l’intero paese… e per di più invano.

Oltre i dati macroeconomici, le conseguenze del memorandum sulla vita dei Greci risultano più che evidenti. Le mense per i poveri, che non si vedevano dalla 2° Guerra Mondiale, stanno crescendo; il 35% degli esercizi della capitale è chiuso; la circolazione delle macchine nelle città, come pure nelle autostrade, è in continuo calo: soltanto alla fine del 2011, 200.000 targhe automobilistiche sono state riconsegnate a causa dell’impossibilità di sostenere la spesa del bollo di circolazione in continuo aumento; il sussidio di disoccupazione infine é sensibilmente calato, arrivando a soli 380 euro.

Nel mese scorso, la rivista austriaca «Profil», con un titolo rivolto alla troica, scriveva: «Avete reso la Grecia un animale sperimentale», descrivendo la politica economica perseguita nei confronti della Grecia con espressioni molto fantasiose come «politiche economiche vudu». Inoltre, con toni molto aspri, chiamava tale politica una specie di «sadoeconomia», elaborata da «schizospecialisti». Ι due autori dell’articolo hanno ragione: il Memorandum non ha né inizio né fine, non ha una logica, almeno esteriormente.

In una situazione che di mese in mese diventa sempre più disastrosa, la Grecia dovrebbe andare alle urne pare nel maggio prossimo. La data non è ancora fissata. Il 24 di marzo sono venuti alla luce cinque nuovi sondaggi che registrano un nettissimo calo dei partiti sostenitori del memorandum: il PASOK registra soltanto il 14,5% delle preferenze, la Nuova Democrazia(ND) il 22%, Il KKE (partito comunista) il 10% , gli Ellenici Indipendenti (partito formato da un mese) l’8,6%, la Sinistra Democratica (formata da meno di un anno) l’8,4%, SIRISA (un altro schieramento di sinistra) l’8,3%, il LAOS (partito che aveva appoggiato il memorandum n. 1) appena il 3,1% e infine Chrissì Avghì (Aurora d’Oro), uno schieramento filofascista, registra un 3,2% e sembra che farà parte del nuovo parlamento. In totale, i partiti sostenitori della politica d’austerità arrivano oggi a circa il 50%, mentre alle elezioni di ottobre 2009 il PASOK ha vinto con un netto 44%, la ND ha avuto il 33% di preferenze e il LAOS più del 6%.

I risultati dei sondaggi dimostrano che il cosiddetto «partito del memorandum» (PASOK+ND) difficilmente supererà il 45%, ottenendo così la maggioranza parlamentare necessaria (più di 150 parlamentari, anche se nettamente inferiore ai 250 del 2009), ma non la maggioranza nella società. Questo è il motivo per cui sia l’élite tedesca che quella della Commissione Europea preferirebbero che le elezioni si svolgessero alla scadenza della legislatura, cioè alla fine del 2013.

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