venerdì, marzo 16, 2012
La prima corte d’Assise di Roma ha inflitto una pena di nove anni di reclusione a Alessio Burtone per la morte di Maricica Hahaianu, l’infermiera romena colpita con un pugno al volto nell’ottobre del 2010 in una stazione della metropolitana, e deceduta una settimana dopo in ospedale.

E-ilmensile - Burtone è stato condannato per omicidio preterintenzionale, con l’esclusione delle aggravanti. La presidente della Corte, Anna Argento, infatti, ha escluso l’aggravante dei futili motivi e ha concesso all’imputato addirittura le aggravanti generiche. La richiesta dell’accusa era di vent’anni di carcere. E’ stato, comunque, disposto un risarcimento nei confronti dei familiari della vittima: 50mila euro al marito, altri 50mila al figlio e 30mila al fratello. Gli avvocati della difesa hanno annunciato la loro intenzione di ricorrere in appello per veder riconosciuta l’attenuante della provocazione, così come chiesto oggi durante le conclusioni.

“In appello cercheremo di ridurre questa pena – hanno detto gli avvocati – . I giudici oggi non hanno avuto il coraggio di concedere l’attenuante della provocazione. Il mio assistito, Alessio Burtone, non voleva uccidere e questo lo hanno capito tutti nel processo. La corte non ha avuto il coraggio di riconoscere il reato di lesioni gravi. E’ stato mantenuto l’iniziale impianto accusatorio. E’ una sentenza metà e metà, possiamo dire. Ma alla famiglia ho anche spiegato che la fattispecie di lesioni può arrivare sino a 12 anni di condanna. Alessio aveva paura che arrivassero 20 anni. Questa notte non ha dormito. E’ un ragazzo, finito in una cosa più grande di lui. Noi soddisfatti in parte. La cosa che ci soddisfa è comunque il fatto che la tesi del pm non è stata assolutamente accolta. L’ufficio dell’accusa ha perso e va sottolineato. Perché il caso di Burtone non è quello di Doina Matei (la romena che ha causato la morte di una giovane colpendola con la punta di un ombrello) quella storia è tutta diversa rispetto ai fatti del processo che si è concluso oggi in primo grado”.

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