Il senso della povertà e la scelta di una vita povera ed essenziale di Francesco e Chiara continuano ad interpellarci ancora oggi e ci invitano a dare un senso nuovo al nostro cammino quaresimale. Continuiamo il ciclo di riflessioni quaresimali in compagnia di Francesco e Chiara.
di Monica Cardarelli
“Tu sei tutta la nostra ricchezza a sufficienza”, scriveva san Francesco nelle “Lodi di Dio altissimo”. Questa invocazione ci interpella in prima persona, come francescani e come cristiani, e ci porta subito al cuore del pensiero di Francesco e di Chiara. Si è parlato e si parla tanto di povertà francescana, ma Chiara e Francesco non ne parlavano molto, bensì la vivevano ogni giorno nel quotidiano; ciò che colpisce nella loro vita è proprio la concretezza delle strade intraprese.
La loro scelta di povertà era nata dall’incontro con Dio. È sempre la relazione con il Signore che cambia e che fa prendere alcune strade e non altre. È dal Suo sguardo che si è posato e si posa su di noi che nascono nuove vie. Ed è solamente per rispondere a questo sguardo d’amore che Chiara e Francesco hanno scelto la povertà, per vivere come Cristo povero. Si tratta qui di una povertà che non è tanto non possedere nulla, quanto non considerare niente come proprio e in questo ‘niente’ rientra tutto, dagli oggetti ai legami, dal denaro agli affetti, dai beni al proprio corpo.
Nella spiritualità francescana e clariana è costante la lode al Signore per i doni ricevuti laddove per doni venivano considerati i fratelli, le sorelle, così come tutte le altre creature o i propri talenti. Non si tratta perciò di disdegnare le cose del mondo, ma di usarle tenendo “sempre davanti agli occhi il punto di partenza”.
“Certamente voi sapete - ne sono sicurissima – che il regno dei cieli il Signore lo promette e dona solo ai poveri, perché quando si amano le cose temporali, si perde il frutto della carità” scriveva Chiara d’Assisi nella I Lettera ad Agnese di Praga, proseguendo poi con queste parole: “E’ magnifico davvero e degno di ogni lode questo scambio: rifiutare i beni della terra per avere quelli del Cielo, meritarsi i celesti invece dei terreni, ricevere il cento per uno e possedere la vita beata per l’eternità. (…) O povertà beata! A chi t’ama e t’abbraccia procuri ricchezze eterne. O povertà santa! A quanti ti possiedono e desiderano, Dio promette il regno dei cieli, ed offre in modo infallibile eterna gloria e vita beata. O povertà pia! Te il Signore Gesù Cristo, in cui potere erano e sono il cielo e la terra, giacché bastò un cenno della sua parola e tutte le cose furono create, si degnò abbracciare a preferenza di ogni altra cosa”.
La scelta di non considerare niente come proprio che ha caratterizzato la vita di Francesco e Chiara e che deve continuare ad interpellarci anche oggi nel nostro ambiente nasce dalla consapevolezza di aver già trovato “tutta la nostra ricchezza” e di non avere più bisogno di altro. Povertà quindi non intesa solo come privazione o mortificazione ma come libertà nell’accogliere una ricchezza che è eterna e che è sufficiente; quell’abbandono al Signore della Vita che sicuramente non farà mai mancare nulla alle sue creature.
Per leggere tutte le riflessioni del ciclo quaresimale, cliccate sull'etichetta famiglia francescana
di Monica Cardarelli
“Tu sei tutta la nostra ricchezza a sufficienza”, scriveva san Francesco nelle “Lodi di Dio altissimo”. Questa invocazione ci interpella in prima persona, come francescani e come cristiani, e ci porta subito al cuore del pensiero di Francesco e di Chiara. Si è parlato e si parla tanto di povertà francescana, ma Chiara e Francesco non ne parlavano molto, bensì la vivevano ogni giorno nel quotidiano; ciò che colpisce nella loro vita è proprio la concretezza delle strade intraprese.
La loro scelta di povertà era nata dall’incontro con Dio. È sempre la relazione con il Signore che cambia e che fa prendere alcune strade e non altre. È dal Suo sguardo che si è posato e si posa su di noi che nascono nuove vie. Ed è solamente per rispondere a questo sguardo d’amore che Chiara e Francesco hanno scelto la povertà, per vivere come Cristo povero. Si tratta qui di una povertà che non è tanto non possedere nulla, quanto non considerare niente come proprio e in questo ‘niente’ rientra tutto, dagli oggetti ai legami, dal denaro agli affetti, dai beni al proprio corpo.
Nella spiritualità francescana e clariana è costante la lode al Signore per i doni ricevuti laddove per doni venivano considerati i fratelli, le sorelle, così come tutte le altre creature o i propri talenti. Non si tratta perciò di disdegnare le cose del mondo, ma di usarle tenendo “sempre davanti agli occhi il punto di partenza”.
“Certamente voi sapete - ne sono sicurissima – che il regno dei cieli il Signore lo promette e dona solo ai poveri, perché quando si amano le cose temporali, si perde il frutto della carità” scriveva Chiara d’Assisi nella I Lettera ad Agnese di Praga, proseguendo poi con queste parole: “E’ magnifico davvero e degno di ogni lode questo scambio: rifiutare i beni della terra per avere quelli del Cielo, meritarsi i celesti invece dei terreni, ricevere il cento per uno e possedere la vita beata per l’eternità. (…) O povertà beata! A chi t’ama e t’abbraccia procuri ricchezze eterne. O povertà santa! A quanti ti possiedono e desiderano, Dio promette il regno dei cieli, ed offre in modo infallibile eterna gloria e vita beata. O povertà pia! Te il Signore Gesù Cristo, in cui potere erano e sono il cielo e la terra, giacché bastò un cenno della sua parola e tutte le cose furono create, si degnò abbracciare a preferenza di ogni altra cosa”.
La scelta di non considerare niente come proprio che ha caratterizzato la vita di Francesco e Chiara e che deve continuare ad interpellarci anche oggi nel nostro ambiente nasce dalla consapevolezza di aver già trovato “tutta la nostra ricchezza” e di non avere più bisogno di altro. Povertà quindi non intesa solo come privazione o mortificazione ma come libertà nell’accogliere una ricchezza che è eterna e che è sufficiente; quell’abbandono al Signore della Vita che sicuramente non farà mai mancare nulla alle sue creature.
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