giovedì, marzo 22, 2012
Dopo una notte costellata di esplosioni e spari, stamane si sa che Mohammed Merah è morto

E-ilmensile - Mohammed Merah che, secondo le autorità e i poliziotti che hanno parlato ieri con lui rinchiuso in armi nel suo appartamento, si è autoaccusato dei sette omicidi che in poco più di dieci giorni sono avvenuti nella zona di Tolosa, proclamandosi militante di al Qaida. Ci sono molte zone oscure nella dinamica di questo affare che mettono in causa gli apparati d’intelligence, di investigazione e repressione dello Stato, e alcune domande che mettono in causa la società francese, e europea.

Tralasciamo per ora le prime, vediamo le seconde. Intanto come è potuto accadere che il giovane dal sorriso luminoso e allegro la cui foto campeggia oggi in prima pagina di molti giornali, abbia potuto arrivare, se egli lo ha fatto, all’ignominia dell’omicidio dei bimbi alla scuola ebraica. Si stenta a crederlo. Non basta il richiamo al fanatismo religioso, al viaggio in Afganistan e in Pakistan, al dramma dei bambini palestinesi che spesso muoiono colpiti dalla bombe dell’esercito israeliano. Merah appare figlio dell’esclusione e discriminazione dei ghetti che stanno e crescono nel cuore della Francia metropolitana, piuttosto che delle moschee, fossero anche le più fondamentaliste. Nonché comunque il senso di rivolta che si aggira spesso tra i giovani francesi di origine maghrebina può saldarsi e esprimersi tramite il fondamentalismo religioso, fino alla militanza nelle varie formazioni che predicano la jihad, la guerra santa nel nome dell’Islam. Inoltre nessuno si è chiesto, tra gli esperti di tutti i generi e tutte le imbecillaggini che hanno popolato in questi giorni i media, quanti sono i giovani delle banlieue parigine o dei quartieri Nord di Marsiglia che assistono ammirati alla resistenza che va in diretta televisiva, la resistenza di questo loro coetaneo trincerato nel suo piccolo appartamento e solo contro circa duecentocinquanta (250) poliziotti armati fino ai denti. Ammirati e magari tentati dal percorrere la stessa strada, e ancor peggio sarà se, come è accaduto, Merah ne uscisse morto.

Ha detto un amico d’infanzia: è un giovane come noi. Una frase rivelatrice e nel suo senso profondo esplosiva, di cui nessuno sembra essersi accorto. Ma gli esperti cosiddetti, neppure s’accorgono di questo aspetto, l’influenza di quel che accade a Tolosa sull’immaginario collettivo di migliaia di giovani che non più tardi di qualche anno fa, nel 2005, e poi nel 2009, hanno incendiato la periferie parigine, senza ricevere dall’establishment di destra e di sinistra alcuna risposta ai loro bisogni, problemi, desideri e senza vedere riconosciuto il loro diritto all’esistenza sociale. Sono gli invisibili, anche in questa campagna elettorale, anche per la sinistra alternativa di Mélenchon. Paradossalmente chi attribuisce loro un’esistenza politica e sociale è il Fronte Nazionale, presentandoli come una minaccia, La Minaccia, contro la Francia “cristiana” e “occidentale”. Il fatto è che la società francese pur essendo forse la più multietnica multiculturale d’Europa, è nel contempo ancora in un certo senso segnata dal colonialismo, da un atteggiamento conscio e/o inconscio coloniale, destra e sinistra insieme. Ne fa fede l’imbarazzo palpabile nel cinquantesimo anniversario degli accordi di Evian, quando l’Algeria diventò indipendente dopo una guerra di liberazione sanguinosa vinta dal FLN.

E’ una storia che viene da lontano, nientepopodimenoche dalla Comune di Parigi. I rivoluzionari parigini che non furono uccisi o deportati alla Cayenna, in gran parte emigrarono a Algeri, tanto che si parla di Comune di Algeri. Erano socialisti, anarchici, comunisti, umanisti, blanquisti. E animati dalle migliori intenzioni pedagogiche cominciarono a percorrere le campagne cercando di insegnare alle popolazioni locali a leggere e a scrivere, ovviamente in francese, la lingua universale della Rivoluzione Liberté Egalité Fraternité, ci mancherebbe altro, nonché a coltivare i campi, i comunardi diventando coloni, volevano educare alla coltivazione moderna e razionale sconosciuta agli indigeni per definizione ignoranti, ci mancherebbe altro, da cui nacque quello che poi chiameremo colonialismo. Mentre invece le autorità militari si opponevano a queste colonie di coloni, preferendo tenere manu militari le città, senza intervenire sugli usi e costumi locali, tantomeno nelle campagne. Gli uomini della Legione Straniera avevano previsto che la politica di colonizzazione, coloniale, avrebbe portato a rivolte fino alla guerra dispiegata. Tra l’altro furono le truppe coloniali, Legione Straniera in testa, a opporsi al governo collaborazionista di Petain, schierandosi con De Gaulle contro i nazisti durante la seconda guerra mondiale. Così nel 1950 Mitterand è ministro della Francia d’oltremare (sic!), poi nel 1954 Ministro degli Interni proprio quando il FLN inizia la sua lotta per l’indipendenza, e ancora Ministro della Giustizia nel 1956. Per vedere la prima manifestazione della sinistra a Parigi in favore della indipendenza algerina, bisognerà aspettare l’inizio degli anni sessanta (gli accordi di Evian sono del ’62) nel quartiere latino, manifestazione indetta dagli studenti comunisti in polemica con la direzione del PCF, manifestazione a cui partecipa Mitterand, al tempo semplice deputato, con grande scandalo dei suoi onorevoli colleghi.

Non è un caso che in Francia la solidarietà militante con il FLN sia incarnata da Sartre, che non è comunista, e si organizzi nel reseau Jeanson, un filosofo anch’egli indipendente che verrà arrestato. Così l’ombra del colonialismo plana ancora sulla società francese, con un effetto perverso essendo che la Francia, nonostante la tronfiaggine di molti suoi dirigenti, non è più né una grande potenza, per tentare l’egemonia in Europa Sarkozy deve stare aggrappato alle gonne della signora Merkel, uno dei suoi punti deboli nella campagna elettorale, e neppure una potenza coloniale. Però lo stesso la tentazione coloniale s’aggira nei bassifondi dell’immaginario sociale, fino ai piani alti della politica, destra e sinistra insieme. E’, per così dire, il punto cieco della retina.

Allora quando parlano i candidati alla presidenza di unità nazionale, sono ciechi, non vedono, non percepiscono la faglia che esiste nella comunità francese, che non è ideologica e/o religiosa ma interamente sociale. Una faglia da cui erutta anche Mohammed Merah, 23 anni, ancora rinchiuso (ore 11.15) vivo o morto dentro il piccolo appartamento di un pacifico, fino a ieri, quartiere residenziale, oggi piombato in un incubo di guerra non dichiarata e inaspettata, che lascia i suoi abitanti angosciati e senza riferimenti culturali e politici, come per l’arrivo improvviso di un terremoto del tutto imprevisto e di origine ignota.
Guerra tra lo stato e un giovane francese nato a Tolosa. Di origine algerina.

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