venerdì, marzo 09, 2012
Nel giorno delle celebrazioni internazionali per la donna, proponiamo la testimonianza di suor Maria Christina Färber, religiosa tedesca della Comunità dell’accompagnamento spirituale.

Radio Vaticana - Da anni, suor Christina vive e lavora a Shkodra, nel Nord dell’Albania, una delle regioni più povere dell’Europa meridionale, dove esercita tra l’altro un particolare impegno nella lotta alla cosiddetta “vendetta di sangue”, un’antica usanza che prevede il diritto di vendicare l'uccisione di un proprio familiare, colpendo fino al terzo grado i parenti maschi dell'assassino. Suor Christina ha partecipato ieri all’udienza generale del Papa.

Al termine è stata intervistata da Christine Seuss della nostra redazione tedesca: (ascolta)

R. – Unterstützung von Menschen in Blutrache ist ein…
Il sostegno alle persone perseguitate dalla "vendetta di sangue" è un progetto sostenuto da molte persone. Noi abbiamo deciso di voler vivere con queste persone, di farci carico dei loro affanni e di essere presenti gli uni per gli altri. Ci siamo scontrati con questo fenomeno della "vendetta di sangue" da quando io sono in Albania, cioè dal 1999. Tale fenomeno, conosciuto come “codice delle montagne”, ci ha colpito ogni volta che siamo venuti in contatto con persone che vi sono coinvolte. Lo specifico progetto di recupero che è venuto sviluppandosi negli ultimi dieci anni è nato dal percorso che i giovani coinvolti dal fenomeno hanno compiuto insieme con noi: allora erano bambini, che noi abbiamo portato via dal loro isolamento, con le macchine li abbiamo portati nel nostro centro dove abbiamo lavorato molto con loro. Oggi, siamo a un punto in cui è avvenuto un cambiamento nella presa di coscienza in questi che ora sono giovani uomini e donne: un anno e mezzo fa hanno deciso di non voler più essere vittime sacrificali, di voler spezzare questo “codice delle montagne”, sapendo di mettere a rischio la loro stessa vita. Hanno deciso di vivere in termini “biblici”: vivere la Buona Novella e non dare più credito al codice "Kanun". Questo significa che non è necessario vendicarsi, che non è necessario picchiare una donna perché una donna ha gli stessi diritti e noi siamo tutti creature di Dio. C’è voluto molto tempo, perché questo era un obbligo sacro. Questi giovani oggi non credono nemmeno più che l’anima sia libera solamente quando è stata vendicata. Questi giovani stanno partendo per compiere un viaggio a tappe in Germania, dove parleranno della loro storia. Non si vergognano più: normalmente, le persone che vivono in questa situazione di “vendetta di sangue” sono banditi. Noi lavoriamo con tutte le famiglie, lavoriamo con i bambini che non hanno nulla a che vedere con la “vendetta di sangue”, che fin dall’inizio sono integrati nel gruppo - un gruppo grande di persone che non vive nella “vendetta di sangue” - dove hanno iniziato a parlare della loro sorte e dove imparano a comprendere che non è necessario vivere in quel modo. Ogni volta che un ragazzo esce da questo meccanismo, è uno in più. Per ogni persona che lo comprende – e spesso si affrontano lotte interiori lunghissime – per ogni giovane che rinuncia all’uso della violenza, abbiamo ottenuto una vittoria. E i giovani reagiscono velocemente. Noi confidiamo molto nello Spirito Santo e sull’aiuto di Dio e ogni persona che si impegna in questo ambito contribuisce a compiere un ulteriore passo contro questa legge che nega la vita. Il "Kanun" non prevede solamente l’esecuzione della punizione: non ha nulla a che fare con la punizione. Ne va del ristabilimento dell’onore: è un mito, è il culto degli antenati secondo cui l’anima è libera solo dopo essere stata vendicata, e questo comporta un profondo smarrimento dell’animo umano. Se noi siamo autentici con il messaggio che portiamo – insegnando loro che non hanno bisogno del sangue del prossimo né della vendetta, insegnando loro a credere nel sacrificio di Gesù che ha perdonato tutto – allora saremo un passo avanti. E questo è il messaggio che noi poche suore, nella nostra piccolezza, opponiamo al "Kanun" con la nostra vita. Per me è stato come deporre tutta quella parte del popolo albanese colpito da questo fenomeno ai piedi del Santo Padre, che è rappresentante di Cristo in terra, consegnandola a Dio. Dovranno accadere molti miracoli. Ma accadranno. (gf)

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