Almalaurea pubblica alcuni dati drammatici per i laureati italiani: aumentano disoccupazione e instabilità e avere un lavoro (di solito sottopagato) è sempre più complicato. L’alternativa di trasferirsi all’estero è molto attraente.
Nella giornata di oggi il consorzio universitario Almalaurea ha presentato un rapporto sulla situazione occupazionale dei laureati. La ricerca effettuata su 400 mila laureati in 57 atenei italiani ha registrato dati allarmanti sul lavoro. I giovani disoccupati che hanno conseguito sia la laurea triennale sia la laurea specialistica o a ciclo unico sono in costante aumento e devono fronteggiare uno scenario di instabilità economica e di precariato dilagante. Per i laureati, anche dei corsi di economia, ingegneria e medicina (ritenute le facoltà più valide per l’offerta lavorativa), sta diventando semi-impossibile trovare un’occupazione. Nell’anno 2011 il tasso di disoccupazione per i laureati al triennio è del 19%, per i laureati alla specialistica del 20% e per i giovani che hanno conseguito il titolo nel corso a ciclo continuo è del 19%. La media dei laureati-disoccupati nel 2010 si aggirava tra il 16-18%.
I giovani, giunti a fine percorso accademico, vedono bruscamente frenate le loro prospettive professionali: il mercato non riesce ad offrire nulla. Dopo anni di studio, esami e laboratori sono costretti a vivere in (fastidiosa) attesa di un cambiamento economico che permetta loro di realizzarsi. Considerati una nuova fascia sociale, vivono quasi da dimenticati (nessuno dà loro garanzie) e ancor peggio da sprecati (poiché tutte le competenze e le conoscenze acquisite sembrano non servire davanti a lavori che non rispecchiano il loro percorso di studi).
I dati negativi di Almalaurea confermano anche l’aumento della precarietà dei laureati che hanno un lavoro: la stabilità lavorativa, che per i laureati di primo livello nel 2010 era del 42% e per i laureati nella specialistica del 34%, è diminuita rispettivamente di 3 e 1 punto, favorendo la crescita di contratti di lavoro a tempo determinato e interinale… e il lavoro nero. Inoltre la mancanza di occupazione e l’incapacità (o impossibilità) delle aziende italiane di valorizzare i giovani con alta formazione rende il paese poco competitivo e svaluta gli studenti. Le retribuzioni ad un anno dalla laurea rimangono ancora basse: 1.105 euro mensili netti per i laureati di primo livello, 1.050 per gli specialistici a ciclo unico, 1.080 per gli specialistici. Il guadagno netto mensile ad un anno dal conseguimento del titolo è diminuito di 5-6 punti. Tutti questi dati negativi svalutano il titolo acquisito e mostrano come le possibilità di inserirsi nell’ambito lavorativo per cui si è studiato diminuiscono.
Certamente le statistiche emanate da Almalaurea non scoprono niente di nuovo, ma confermano una situazione difficile per i laureati italiani, che sacrificano anni per lo studio, svolgono master e stage per acquisire maggiori titoli per la carriera professionale desiderata e alla fine si ritrovano davanti ad una realtà che spesso ridimensiona i loro progetti e li costringe ad accettare lavori in cui spesso il loro titolo non è richiesto, accettando stipendi bassissimi. L’alternativa è andare all’estero, che garantisce più prospettive vicine alle competenze dei laureati e che nonostante la crisi vede aumentare i tassi di occupazione ad alta qualificazione. L’Italia, come succede ormai da anni, rischia di perdere un valido capitale umano qualificato se non investe in ricerca, cultura e innovazione. E allora addio alla tanto conclamata competitività rispetto al resto dell’Europa.
Nella giornata di oggi il consorzio universitario Almalaurea ha presentato un rapporto sulla situazione occupazionale dei laureati. La ricerca effettuata su 400 mila laureati in 57 atenei italiani ha registrato dati allarmanti sul lavoro. I giovani disoccupati che hanno conseguito sia la laurea triennale sia la laurea specialistica o a ciclo unico sono in costante aumento e devono fronteggiare uno scenario di instabilità economica e di precariato dilagante. Per i laureati, anche dei corsi di economia, ingegneria e medicina (ritenute le facoltà più valide per l’offerta lavorativa), sta diventando semi-impossibile trovare un’occupazione. Nell’anno 2011 il tasso di disoccupazione per i laureati al triennio è del 19%, per i laureati alla specialistica del 20% e per i giovani che hanno conseguito il titolo nel corso a ciclo continuo è del 19%. La media dei laureati-disoccupati nel 2010 si aggirava tra il 16-18%.
I giovani, giunti a fine percorso accademico, vedono bruscamente frenate le loro prospettive professionali: il mercato non riesce ad offrire nulla. Dopo anni di studio, esami e laboratori sono costretti a vivere in (fastidiosa) attesa di un cambiamento economico che permetta loro di realizzarsi. Considerati una nuova fascia sociale, vivono quasi da dimenticati (nessuno dà loro garanzie) e ancor peggio da sprecati (poiché tutte le competenze e le conoscenze acquisite sembrano non servire davanti a lavori che non rispecchiano il loro percorso di studi).
I dati negativi di Almalaurea confermano anche l’aumento della precarietà dei laureati che hanno un lavoro: la stabilità lavorativa, che per i laureati di primo livello nel 2010 era del 42% e per i laureati nella specialistica del 34%, è diminuita rispettivamente di 3 e 1 punto, favorendo la crescita di contratti di lavoro a tempo determinato e interinale… e il lavoro nero. Inoltre la mancanza di occupazione e l’incapacità (o impossibilità) delle aziende italiane di valorizzare i giovani con alta formazione rende il paese poco competitivo e svaluta gli studenti. Le retribuzioni ad un anno dalla laurea rimangono ancora basse: 1.105 euro mensili netti per i laureati di primo livello, 1.050 per gli specialistici a ciclo unico, 1.080 per gli specialistici. Il guadagno netto mensile ad un anno dal conseguimento del titolo è diminuito di 5-6 punti. Tutti questi dati negativi svalutano il titolo acquisito e mostrano come le possibilità di inserirsi nell’ambito lavorativo per cui si è studiato diminuiscono.
Certamente le statistiche emanate da Almalaurea non scoprono niente di nuovo, ma confermano una situazione difficile per i laureati italiani, che sacrificano anni per lo studio, svolgono master e stage per acquisire maggiori titoli per la carriera professionale desiderata e alla fine si ritrovano davanti ad una realtà che spesso ridimensiona i loro progetti e li costringe ad accettare lavori in cui spesso il loro titolo non è richiesto, accettando stipendi bassissimi. L’alternativa è andare all’estero, che garantisce più prospettive vicine alle competenze dei laureati e che nonostante la crisi vede aumentare i tassi di occupazione ad alta qualificazione. L’Italia, come succede ormai da anni, rischia di perdere un valido capitale umano qualificato se non investe in ricerca, cultura e innovazione. E allora addio alla tanto conclamata competitività rispetto al resto dell’Europa.
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