Martedì 3 aprile il Teatro Signorelli di Cortona accoglierà sul suo palcoscenico un’esperienza tutta nuova e particolare: la lettura del Vangelo di Marco da parte di Franco Giacobini e Angela Goodwin
“Cieli e terra passeranno, le mie parole non passeranno”: questo è il titolo dello spettacolo teatrale proposto al Teatro Signorelli per la sera del prossimo 3 aprile. Un titolo decisamente particolare: si tratta infatti della lettura integrale del Vangelo di Marco da parte degli attori Franco Giacobini e Angela Goodwin. E’ un’esperienza questa intrapresa inaspettatamente e con stupore dello stesso Giacobini molti anni fa come racconta lui stesso: “Tutto è cominciato con una frase di Diego Fabbri. Con l’acutezza dei suoi stupori polemici mi disse: «A Londra e a New York Alec McCowen, un attore, ha avuto successo col Vangelo di Marco, imparandolo tutto a memoria. Possibile che a Roma, centro della cristianità, nessuno abbia raccolto questa provocazione?». Quelle parole mi tornarono in mente solo dopo la morte del mio amico. Ero già in pensione, ma confesso che la tentazione di risalire su un palcoscenico era forte. Che sia stata la riscoperta di Cristo o l’improvviso riacutizzarsi di un’antica malattia, quella di recitare, onestamente ancora oggi non saprei dirlo. Poter finalmente scegliere un testo per il piacere di comunicare la più bella storia del mondo, dopo aver subìto per trent’anni le scelte degli altri, era un rischio, ma seducente. Un testo e un attore non bastano se manca il pubblico e un teatro. Paolo Donat Cattin, impresario e gestore del Teatro Giulio Cesare di Roma, alla mia proposta assurda mi disse: «Col teatro non si può bluffare. La noia e il fiasco si misurano dopo dieci minuti, non dopo due ore. Proviamo: ti do il teatro per una settimana. Ho libero il periodo dal 18 al 25 gennaio». Era il 1981. La traduzione del Vangelo di Marco che avevo scelto, ritenendola in assoluto la più adatta ad un linguaggio parlato, era quella interconfessionale in lingua corrente, frutto di una storica collaborazione tra cattolici e protestanti; e i giorni stabiliti dal teatro corrispondevano esattamente alla settimana di preghiera per l’unità dei cristiani”.
Da allora Franco Giacobini sperimenta ogni volta una gioia incredibile, e continua a portare il Vangelo di Marco nei teatri, nelle chiese, laddove viene chiamato. Non solo, ma proseguendo in questa sua avventura un giorno capì come questo suo impegno potesse dare dei frutti anche per altri, per gli ultimi. Fu così che decise con Paolo Danat Cattin, che già aveva inserito lo ‘spettacolo’ in cartellone, che “quelle misteriose parole, per una sublime alchimia, si tramutassero in pane per i poveri di Madre Teresa. Per qualche tempo infatti, mentre continuavo a girare per l’Italia, le parole del Vangelo, la sera alle 21, producevano un’offerta libera degli ascoltatori; l’indomani, alle 9 del mattino, quel denaro veniva spedito per conto corrente direttamente alle suore di Madre Teresa, trasformandosi in pane per i poveri”.
Un modo nuovo, quindi per diffondere la Parola grazie al Vangelo di Marco; un modo diverso per evangelizzare ed entrare in relazione con gli altri; un incontro particolare con se stesso e con il pubblico perché, come spiega lo stesso Giacobini, il Vangelo è una Parola che mette a nudo: “La proclamazione di Marco è l’avventura più bella della mia vita, quella che mi ha dato la gioia di sentirmi vivere in una pienezza mai provata. Non sono uno studioso di Sacra Scrittura, non sono un teologo, non sono uno scrittore, non sono un attore famoso, sono soltanto un «lettore» del Vangelo di Marco. Può succedere di aver già letto il Vangelo centinaia di volte. Poi, un giorno, lo apri ancora una volta e hai l’impressione che sia la prima. Da trenta anni frequento questo testo perché continua a stupirmi. Svela impietosamente le mie contraddizioni, riesce a stanarmi dai miei nascondigli abituali. Fatichiamo tanto a nasconderci dietro le nostre maschere e il Vangelo ce le strappa tutte. Quando ci specchiamo nelle sue pagine riusciamo a vederci come siamo veramente, ma, distratti, passiamo oltre e dimentichiamo. Eppure, nonostante questa scomoda frequentazione, se faccio un bilancio dei miei settantuno anni ho la sensazione che il tempo dedicato al mistero di queste parole sia l’unico speso bene” (da "Dire Marco", Franco Giacobini, Società Biblica Britannica e Forestiera, Roma 1997).
“Cieli e terra passeranno, le mie parole non passeranno”: questo è il titolo dello spettacolo teatrale proposto al Teatro Signorelli per la sera del prossimo 3 aprile. Un titolo decisamente particolare: si tratta infatti della lettura integrale del Vangelo di Marco da parte degli attori Franco Giacobini e Angela Goodwin. E’ un’esperienza questa intrapresa inaspettatamente e con stupore dello stesso Giacobini molti anni fa come racconta lui stesso: “Tutto è cominciato con una frase di Diego Fabbri. Con l’acutezza dei suoi stupori polemici mi disse: «A Londra e a New York Alec McCowen, un attore, ha avuto successo col Vangelo di Marco, imparandolo tutto a memoria. Possibile che a Roma, centro della cristianità, nessuno abbia raccolto questa provocazione?». Quelle parole mi tornarono in mente solo dopo la morte del mio amico. Ero già in pensione, ma confesso che la tentazione di risalire su un palcoscenico era forte. Che sia stata la riscoperta di Cristo o l’improvviso riacutizzarsi di un’antica malattia, quella di recitare, onestamente ancora oggi non saprei dirlo. Poter finalmente scegliere un testo per il piacere di comunicare la più bella storia del mondo, dopo aver subìto per trent’anni le scelte degli altri, era un rischio, ma seducente. Un testo e un attore non bastano se manca il pubblico e un teatro. Paolo Donat Cattin, impresario e gestore del Teatro Giulio Cesare di Roma, alla mia proposta assurda mi disse: «Col teatro non si può bluffare. La noia e il fiasco si misurano dopo dieci minuti, non dopo due ore. Proviamo: ti do il teatro per una settimana. Ho libero il periodo dal 18 al 25 gennaio». Era il 1981. La traduzione del Vangelo di Marco che avevo scelto, ritenendola in assoluto la più adatta ad un linguaggio parlato, era quella interconfessionale in lingua corrente, frutto di una storica collaborazione tra cattolici e protestanti; e i giorni stabiliti dal teatro corrispondevano esattamente alla settimana di preghiera per l’unità dei cristiani”.
Da allora Franco Giacobini sperimenta ogni volta una gioia incredibile, e continua a portare il Vangelo di Marco nei teatri, nelle chiese, laddove viene chiamato. Non solo, ma proseguendo in questa sua avventura un giorno capì come questo suo impegno potesse dare dei frutti anche per altri, per gli ultimi. Fu così che decise con Paolo Danat Cattin, che già aveva inserito lo ‘spettacolo’ in cartellone, che “quelle misteriose parole, per una sublime alchimia, si tramutassero in pane per i poveri di Madre Teresa. Per qualche tempo infatti, mentre continuavo a girare per l’Italia, le parole del Vangelo, la sera alle 21, producevano un’offerta libera degli ascoltatori; l’indomani, alle 9 del mattino, quel denaro veniva spedito per conto corrente direttamente alle suore di Madre Teresa, trasformandosi in pane per i poveri”.
Un modo nuovo, quindi per diffondere la Parola grazie al Vangelo di Marco; un modo diverso per evangelizzare ed entrare in relazione con gli altri; un incontro particolare con se stesso e con il pubblico perché, come spiega lo stesso Giacobini, il Vangelo è una Parola che mette a nudo: “La proclamazione di Marco è l’avventura più bella della mia vita, quella che mi ha dato la gioia di sentirmi vivere in una pienezza mai provata. Non sono uno studioso di Sacra Scrittura, non sono un teologo, non sono uno scrittore, non sono un attore famoso, sono soltanto un «lettore» del Vangelo di Marco. Può succedere di aver già letto il Vangelo centinaia di volte. Poi, un giorno, lo apri ancora una volta e hai l’impressione che sia la prima. Da trenta anni frequento questo testo perché continua a stupirmi. Svela impietosamente le mie contraddizioni, riesce a stanarmi dai miei nascondigli abituali. Fatichiamo tanto a nasconderci dietro le nostre maschere e il Vangelo ce le strappa tutte. Quando ci specchiamo nelle sue pagine riusciamo a vederci come siamo veramente, ma, distratti, passiamo oltre e dimentichiamo. Eppure, nonostante questa scomoda frequentazione, se faccio un bilancio dei miei settantuno anni ho la sensazione che il tempo dedicato al mistero di queste parole sia l’unico speso bene” (da "Dire Marco", Franco Giacobini, Società Biblica Britannica e Forestiera, Roma 1997).
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Sono presenti 2 commenti
Vorrei ringraziare l'autore di quest'articolo, il vostro giornale e soprattutto Franco Giacobini ed Angela Goodwin per la bellissima testimonianza in su mio padre, Paolo Donat-Cattin, che ci ha lasciati il 17 marzo di questo mese.
David Donat Cattin
Grazie. A volte i desideri più inaspettati si realizzano e proseguono il loro corso, come nel caso dell'avventura di "Marco". Ed è bello quando il loro perpetuarsi nel tempo contribuisce a tenere viva la memoria di persone come suo padre che in questa "avventura" aveva creduto insieme a Franco Giacobini.
Monica Cardarelli
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