sabato, marzo 03, 2012
Peggiora nel mondo la situazione per la libertà religiosa: è l’allarme lanciato a Ginevra da mons. Silvano Maria Tomasi nel corso della sessione del Consiglio per i Diritti Umani

Radio Vaticana - Il presule, osservatore permanente della Santa Sede presso l'Ufficio delle Nazioni Unite nella città elvetica, ha detto che sono circa 2 miliardi e 200 milioni i credenti che subiscono restrizioni religiose; inoltre, dal 2003 al 2010 sono aumentati del 309% gli attacchi terroristici contro i cristiani in Africa, Medio Oriente e Asia, mentre in Occidente c’è una cultura che tende ad emarginare sempre più chi crede in Cristo. Ascoltiamo l'arcivescovo Silvano Maria Tomasi al microfono di Sergio Centofanti:

R. - L’attenzione che viene data dai mezzi di comunicazione si concentra soprattutto sui casi eclatanti che toccano minoranze cristiane o altre minoranze religiose nei Paesi in via di sviluppo perché in queste situazioni la violenza è visibile, drammatica e crea sensazionalismo. Però, il problema non è limitato ai Paesi in via di sviluppo; anche nei Paesi occidentali, nei grandi Paesi ricchi, troviamo una tendenza che porta alla privatizzazione della religione e al rigetto culturale e alle volte a un’ostilità anche aperta all’esercizio del proprio diritto alla libertà di fede, alla libertà di credo, e quando tocca l’arena pubblica non si accetta volentieri, o addirittura si rifiuta completamente che le convinzioni religiose possano avere qualcosa da dire in questo campo.

D. - Cosa fare per superare questa tendenza a emarginare il cristianesimo nella vita pubblica in Occidente?

R. – Il primo passo è puntare l’attenzione sulle modalità quotidiane di convivenza che devono essere improntate a un rispetto reciproco e alla capacità di accettarsi nelle differenze che esistono. Poi, direi che un ruolo vitale, importante, è giocato dai mezzi di comunicazione, dalla formazione nelle scuole, dal tipo di manuali scolastici che devono riflettere un senso di accettazione reciproca piuttosto che insegnare l’odio verso gruppi diversi. Lo stesso per la televisione, per i telegiornali, per i giornali, in modo che venga disseminata una informazione corretta ed equilibrata su tutti i gruppi che compongono una società perché la mancanza di un’informazione e la mancanza di educazione facilita la manipolazione della gente per vantaggi politici immediati che poi portano all’abuso, addirittura, alle volte, alla persecuzione dei gruppi, soprattutto minoritari, di fede diversa. Infine, dobbiamo anche lavorare per una più grande giustizia sociale perché solo evitando l’estrema povertà, aiutando lo sviluppo, facendo in modo che tutte le persone possano partecipare nella gestione della vita pubblica, creiamo l’ambiente giusto per la libertà di religione.

D. – Un anno fa veniva ucciso il ministro cattolico pakistano Shahbaz Bhatti, probabilmente da estremisti che volevano difendere la legge sulla blasfemia. Un suo pensiero…

R. – Purtroppo la legge contro la blasfemia si presta a grandi equivoci perché punta a difendere una religione piuttosto che a difendere i diritti degli individui che praticano una fede. Quando noi mettiamo premesse di questo tipo, che puntano su concetti astratti invece che sui diritti delle persone concrete, apriamo la strada all’abuso. Abbiamo avuto casi di ragazze, per esempio, che vengono accusate di aver bestemmiato, di avere usato frasi improprie contro una religione in particolare; abbiamo casi di presunte offese al profeta Maometto e all’islam che portano a prendere queste persone, metterle in prigione, oppure forzarle a cambiare religione e questo utilizzando il meccanismo delle leggi contro la blasfemia. Sarebbe veramente una cosa giusta per il bene comune eliminare questo tipo di legislazione e, invece, affrontare il problema della convivenza, garantendo a ogni cittadino, a ogni persona che risiede nel territorio di uno Stato, il diritto fondamentale e inalienabile alla libertà di pensiero, di coscienza, di religione e di pratica religiosa.

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