In Siria la situazione è sempre più drammatica e la popolazione fugge verso il Libano. Secondo le Nazioni Unite 2000 nuovi rifugiati hanno varcato il confine in questi giorni.
Radio Vaticana - La comunità cristiana in Libano è pronta ad accogliere tutti senza distinzioni. Massimo Pittarello ha chiesto a padre Paul Karam, direttore delle Pontificie Opere Missionarie se i profughi siano già arrivati e qual è la reale situazione in Libano.
R. – Non abbiamo visto questo numero, che l’Onu dice. Il Libano è una terra piccola è non è adatta per accogliere in pianta stabile tutti i profughi. Abbiamo già fatto l’esperienza dei profughi palestinesi, che sono qui già da oltre 60 anni: cosa abbiamo risolto? Quale è la soluzione pacifica, quando cacci via un popolo e lo metti in un’altra nazione, sotto le tende? E’ questa la soluzione che vuole la comunità internazionale? Sicuramente il popolo libanese è un popolo che accoglie tutti, ma dobbiamo aiutarlo. Non è sufficiente dire: venite qua, dove potrete rimanere per l’eternità. No: questo non è giusto.
D. – In Siria c’è un’escalation di violenza. Qual è l’umore nei Paesi arabi vicini?
R. – Quello che succede in Siria riguarda tutti noi, perché non è una situazione che ci invita ad essere tranquilli. A livello della Chiesa, la preoccupazione è forte, ma lo è anche a livello delle persone. Non sappiamo quale sia la finalità di tutto questo, perché – secondo me – non è soltanto una questione di cambiamento di regime o meno, ma è anche una questione di interferenze tra gli interessi politici ed economici in tutta questa zona. Il Medio Oriente ha bisogno di avere un clima di pace, e non di trovarsi sempre in una situazione di conflitto. Per questo, richiamiamo la comunità internazionale ad avere maggiore equilibrio e un livello alto di rispetto dei diritti umani, e di non fare soltanto i propri interessi.
D. – C'è il rischio che ad un regime dittatoriale se ne possa sostituire un altro, integralista e religiosamente intransigente …
R. – Quello che è successo in quel processo che si chiama “primavera araba”: se i risultati devono essere sempre regimi più duri di quelli che hanno preceduto, in realtà non avremo mai una “primavera araba”, mentre esiste il rischio che si trasformi in un duro inverno, e non più in una primavera. Direi molto chiaramente che quando in tutti questi Paesi arabi ci sarà la libertà religiosa e la libertà di espressione, allora potremo incominciare a dire che c’è un clima di democrazia. Sicuramente, per la Chiesa i problemi non devono mai essere risolti con la violenza!
D. – C’è qualche contraddizione o qualche paradosso nelle azioni messe in campo dalla comunità internazionale?
R. – La comunità internazionale, come riesce a trovare il denaro per dare le armi alle persone per fare la guerra, e non trova il denaro per aiutare popoli che hanno fame? (gf)
E le violenze della Siria stanno destando grande preoccupazione anche in seno al Consiglio dei Diritti umani dell'Onu. Le notizie in arrivo dal Paese mediorientale sono in testa all'agenda della sessione di lavoro in corso nella sede di Ginevra delle Nazioni Unite. Particolarmente gravi risultano le denunce di torture perpetrate anche all'interno di ospedali, come riferisce da Ginevra Gordon Martin:
Rupert Colville, portavoce dell’Alto Commissariato per i diritti umani, afferma che gravi violazioni dei diritti umani – compresa la tortura – sono state documentate in Siria negli ultimi 40 anni:
“Methods of torture, most of which have been used in Syria…
Metodi di tortura che sono in uso in Siria da molto tempo, non soltanto nell’ultimo anno, comprendono percosse, scariche elettriche, la sospensione per gli arti per tempi prolungati, tortura psicologica e umiliazioni abituali. La tortura e le uccisioni sono e avvenute, secondo i rapporti, nell’ospedale militare di Homs per mano di membri delle forze di sicurezza vestiti da medici che – a quanto sembra – hanno agito con la complicità del personale medico”.
Il portavoce dell’Alto Commissariato ha detto che quando la gente ha iniziato ad avere paura di rivolgersi agli ospedali pubblici, ha cercato soluzioni di ripiego adattandosi nelle moschee e nelle abitazioni private, ma poi anche queste hanno cominciato a essere prese di mira. Testimonianze coerenti hanno descritto come le forze di sicurezza abbiano ucciso manifestanti feriti in ospedali pubblici e privati:
“Another really disturbing aspect is that individuals …
Un altro aspetto veramente inquietante è che persone sospettate dalle autorità di governo di essere coinvolte nell’installazione di strutture mediche alternative – tipo cliniche private o segrete, o che abbiano fornito medicamenti o medicazion – siano state ugualmente arrestate e torturate dalle forze di sicurezza. Queste hanno ferito il personale di ospedali privati e gli autisti delle ambulanze perché non potessero portare assistenza e aiuto ai manifestanti colpiti, affinché le forze di sicurezza stesse potessero dirottarli direttamente verso ospedali pubblici o militari”.
Rupert Colville afferma anche che la Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite ha rilevato che settori dell’ospedale militare di Homs e dell’ospedale civile di Latakia sono stati trasformati in centri di tortura:
“Security agents, in some cases joined by medical staff…
Agenti di sicurezza, in alcuni casi accompagnati dal personale medico, hanno incatenato ai loro letti pazienti con ferite gravi, eseguendo su di loro l’elettrocuzione, percuotendo le parti ferite o negando loro cure mediche e acqua. Il personale medico che si sia rifiutato di collaborare si è trovato a dover affrontare rappresaglie”.
Ulteriori rivelazioni sulla situazione in Siria sono attese la settimana prossima, dopo il previsto arrivo a Damasco di Kofi Annan, già segretario generale dell’Onu, e appena nominato inviato speciale del segretario generale dell’Onu e della Lega degli Stati arabi in Siria. (gf)
Radio Vaticana - La comunità cristiana in Libano è pronta ad accogliere tutti senza distinzioni. Massimo Pittarello ha chiesto a padre Paul Karam, direttore delle Pontificie Opere Missionarie se i profughi siano già arrivati e qual è la reale situazione in Libano.
R. – Non abbiamo visto questo numero, che l’Onu dice. Il Libano è una terra piccola è non è adatta per accogliere in pianta stabile tutti i profughi. Abbiamo già fatto l’esperienza dei profughi palestinesi, che sono qui già da oltre 60 anni: cosa abbiamo risolto? Quale è la soluzione pacifica, quando cacci via un popolo e lo metti in un’altra nazione, sotto le tende? E’ questa la soluzione che vuole la comunità internazionale? Sicuramente il popolo libanese è un popolo che accoglie tutti, ma dobbiamo aiutarlo. Non è sufficiente dire: venite qua, dove potrete rimanere per l’eternità. No: questo non è giusto.
D. – In Siria c’è un’escalation di violenza. Qual è l’umore nei Paesi arabi vicini?
R. – Quello che succede in Siria riguarda tutti noi, perché non è una situazione che ci invita ad essere tranquilli. A livello della Chiesa, la preoccupazione è forte, ma lo è anche a livello delle persone. Non sappiamo quale sia la finalità di tutto questo, perché – secondo me – non è soltanto una questione di cambiamento di regime o meno, ma è anche una questione di interferenze tra gli interessi politici ed economici in tutta questa zona. Il Medio Oriente ha bisogno di avere un clima di pace, e non di trovarsi sempre in una situazione di conflitto. Per questo, richiamiamo la comunità internazionale ad avere maggiore equilibrio e un livello alto di rispetto dei diritti umani, e di non fare soltanto i propri interessi.
D. – C'è il rischio che ad un regime dittatoriale se ne possa sostituire un altro, integralista e religiosamente intransigente …
R. – Quello che è successo in quel processo che si chiama “primavera araba”: se i risultati devono essere sempre regimi più duri di quelli che hanno preceduto, in realtà non avremo mai una “primavera araba”, mentre esiste il rischio che si trasformi in un duro inverno, e non più in una primavera. Direi molto chiaramente che quando in tutti questi Paesi arabi ci sarà la libertà religiosa e la libertà di espressione, allora potremo incominciare a dire che c’è un clima di democrazia. Sicuramente, per la Chiesa i problemi non devono mai essere risolti con la violenza!
D. – C’è qualche contraddizione o qualche paradosso nelle azioni messe in campo dalla comunità internazionale?
R. – La comunità internazionale, come riesce a trovare il denaro per dare le armi alle persone per fare la guerra, e non trova il denaro per aiutare popoli che hanno fame? (gf)
E le violenze della Siria stanno destando grande preoccupazione anche in seno al Consiglio dei Diritti umani dell'Onu. Le notizie in arrivo dal Paese mediorientale sono in testa all'agenda della sessione di lavoro in corso nella sede di Ginevra delle Nazioni Unite. Particolarmente gravi risultano le denunce di torture perpetrate anche all'interno di ospedali, come riferisce da Ginevra Gordon Martin:
Rupert Colville, portavoce dell’Alto Commissariato per i diritti umani, afferma che gravi violazioni dei diritti umani – compresa la tortura – sono state documentate in Siria negli ultimi 40 anni:
“Methods of torture, most of which have been used in Syria…
Metodi di tortura che sono in uso in Siria da molto tempo, non soltanto nell’ultimo anno, comprendono percosse, scariche elettriche, la sospensione per gli arti per tempi prolungati, tortura psicologica e umiliazioni abituali. La tortura e le uccisioni sono e avvenute, secondo i rapporti, nell’ospedale militare di Homs per mano di membri delle forze di sicurezza vestiti da medici che – a quanto sembra – hanno agito con la complicità del personale medico”.
Il portavoce dell’Alto Commissariato ha detto che quando la gente ha iniziato ad avere paura di rivolgersi agli ospedali pubblici, ha cercato soluzioni di ripiego adattandosi nelle moschee e nelle abitazioni private, ma poi anche queste hanno cominciato a essere prese di mira. Testimonianze coerenti hanno descritto come le forze di sicurezza abbiano ucciso manifestanti feriti in ospedali pubblici e privati:
“Another really disturbing aspect is that individuals …
Un altro aspetto veramente inquietante è che persone sospettate dalle autorità di governo di essere coinvolte nell’installazione di strutture mediche alternative – tipo cliniche private o segrete, o che abbiano fornito medicamenti o medicazion – siano state ugualmente arrestate e torturate dalle forze di sicurezza. Queste hanno ferito il personale di ospedali privati e gli autisti delle ambulanze perché non potessero portare assistenza e aiuto ai manifestanti colpiti, affinché le forze di sicurezza stesse potessero dirottarli direttamente verso ospedali pubblici o militari”.
Rupert Colville afferma anche che la Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite ha rilevato che settori dell’ospedale militare di Homs e dell’ospedale civile di Latakia sono stati trasformati in centri di tortura:
“Security agents, in some cases joined by medical staff…
Agenti di sicurezza, in alcuni casi accompagnati dal personale medico, hanno incatenato ai loro letti pazienti con ferite gravi, eseguendo su di loro l’elettrocuzione, percuotendo le parti ferite o negando loro cure mediche e acqua. Il personale medico che si sia rifiutato di collaborare si è trovato a dover affrontare rappresaglie”.
Ulteriori rivelazioni sulla situazione in Siria sono attese la settimana prossima, dopo il previsto arrivo a Damasco di Kofi Annan, già segretario generale dell’Onu, e appena nominato inviato speciale del segretario generale dell’Onu e della Lega degli Stati arabi in Siria. (gf)
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