Novità nelle indagini: 4 arresti per la stage. I pm: "Borsellino ostacolo per la trattativa Stato-mafia"
A quasi venti anni dall'omicidio del giudice Paolo Borsellino e dei cinque agenti della sua scorta, la procura di Caltanissetta avvia una nuova inchiesta sulla strage di via d'Amelio. La DIA ha eseguito un'ordinanza in carcere per il boss Salvatore Madonia, che avrebbe partecipato alla riunione in cui si decise la morte del giudice, e per i due esecutori, Vittorio Tutino e Salvatore Vitale. La situazione per i tre uomini, già denuti, si aggrava: l'accusa è di aver agevolato l'associazione mafiosa, agendo anche per fini terroristici. In manette anche Calogero Pulci, ritenuto un falso pentito. La Procura di Caltanissetta boccia inoltre Massimo Ciancimino, considerato testimone inattendile, e avanza una tragica ipotesi per il movente della strage: "Borsellino era di ostacolo per la trattativa Stato-mafia".
L'ordinanza scaturisce dall'inchiesta aperta dalla Procura nissena sulle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, l'ex killer di Brancaccio che rubò la Fiat 126 poi imbottita di esplosivo. Grazie alla sua collaborazione è stata infatti avviata una revisione dei processi «Borsellino» e «Borsellino-bis» davanti alla Corte d'appello di Catania, che ha consentito di far chiarezza sui veri motivi dell'uccisione del giudice palermitano e della sua scorta. Da quanto emerge dalle nuove indagini, il giudice Paolo Borsellino venne ucciso dalla mafia perchè era percepito dal boss di Cosa Nostra, Totò Riina, come un «ostacolo» alla trattativa con esponenti delle istituzioni. «La tempistica della strage è stata certamente influenzata dall'esistenza e dalla evoluzione della così detta trattativa tra uomini delle Istituzioni e Cosa nostra» si legge negli atti della Procura di Caltanissetta. «Dalle indagini è altresì risultato - scrivono ancora i Pm nisseni che al riguardo richiamano la testimonianza di Liliana Ferraro, succeduta a Giovanni Falcone al ministero della Giustizia - che della trattativa era stato informato anche il dottor Borsellino il 28 giugno del 1992. Quest'ultimo elemento aggiunge un ulteriore tassello all'ipotesi dell'esistenza di un collegamento tra la conoscenza della trattativa da parte di Borsellino, la sua percezione quale ostacolo da parte di Riina e la conseguente accelerazione della esecuzione della strage».
A quasi venti anni dall'omicidio del giudice Paolo Borsellino e dei cinque agenti della sua scorta, la procura di Caltanissetta avvia una nuova inchiesta sulla strage di via d'Amelio. La DIA ha eseguito un'ordinanza in carcere per il boss Salvatore Madonia, che avrebbe partecipato alla riunione in cui si decise la morte del giudice, e per i due esecutori, Vittorio Tutino e Salvatore Vitale. La situazione per i tre uomini, già denuti, si aggrava: l'accusa è di aver agevolato l'associazione mafiosa, agendo anche per fini terroristici. In manette anche Calogero Pulci, ritenuto un falso pentito. La Procura di Caltanissetta boccia inoltre Massimo Ciancimino, considerato testimone inattendile, e avanza una tragica ipotesi per il movente della strage: "Borsellino era di ostacolo per la trattativa Stato-mafia".
L'ordinanza scaturisce dall'inchiesta aperta dalla Procura nissena sulle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, l'ex killer di Brancaccio che rubò la Fiat 126 poi imbottita di esplosivo. Grazie alla sua collaborazione è stata infatti avviata una revisione dei processi «Borsellino» e «Borsellino-bis» davanti alla Corte d'appello di Catania, che ha consentito di far chiarezza sui veri motivi dell'uccisione del giudice palermitano e della sua scorta. Da quanto emerge dalle nuove indagini, il giudice Paolo Borsellino venne ucciso dalla mafia perchè era percepito dal boss di Cosa Nostra, Totò Riina, come un «ostacolo» alla trattativa con esponenti delle istituzioni. «La tempistica della strage è stata certamente influenzata dall'esistenza e dalla evoluzione della così detta trattativa tra uomini delle Istituzioni e Cosa nostra» si legge negli atti della Procura di Caltanissetta. «Dalle indagini è altresì risultato - scrivono ancora i Pm nisseni che al riguardo richiamano la testimonianza di Liliana Ferraro, succeduta a Giovanni Falcone al ministero della Giustizia - che della trattativa era stato informato anche il dottor Borsellino il 28 giugno del 1992. Quest'ultimo elemento aggiunge un ulteriore tassello all'ipotesi dell'esistenza di un collegamento tra la conoscenza della trattativa da parte di Borsellino, la sua percezione quale ostacolo da parte di Riina e la conseguente accelerazione della esecuzione della strage».
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