lunedì, marzo 19, 2012
Il genocidio del Rwanda raccontato ai giovani nel libro di Yolande Mukagasana, descritto da Angelica Lo Duca

A distanza di otto anni dal genocidio del Rwanda, nessuno ne parla più. Forse solo qualche superstite, che nel suo piccolo cerca di portare avanti la sua battaglia contro l’oblio. Come Yolande Mukagasana, infermiera Tutsi, sopravvissuta al genocidio del 1994, ora giornalista e candidata al Nobel per la pace 2011, che nel suo libro “Un giorno vivrò anch’io. Il genocidio del Rwanda raccontato ai giovani”, edito da La Meridiana, descrive quegli atroci momenti: “La memoria del genocidio rwandese contro i Tutsi non soltanto è importante per noi rwandesi, ma anche per l’umanità. Perché colui che dimentica il suo passato rischia di riviverlo. Ho già vissuto il genocidio e ciò mi basta, non voglio più vederne uno né in Rwanda né da qualche altra parte nel mondo. Ora il mio compito è quello di sensibilizzare tutti ad evitarlo nell’interesse dell’umanità. Non si può dimenticare ciò che siamo stati, la storia degli altri è anche la nostra storia”.

Messaggi forti quelli di Yolande, che però rischiano di rimanere parole al vento se non cambiamo la nostra mentalità. Il mondo oggi corre troppo velocemente, non c'è tempo di ricordare il passato né di vivere il presente né tantomeno di immaginare il futuro. Sembra di vivere in una dimensione in cui tutto ci scivola addosso. Non c’è tempo per piangere, non c’è tempo per ridere. L’unica cosa che resta è la corsa inesorabile verso la morte. Eppure bisogna fermarsi. Non si può dimenticare ciò che è accaduto, non si può rinnegare la storia.

Continua Yolande: “Ogni essere umano è capace del male come è anche capace del bene. Ognuno è capace di uccidere. Bisogna solo saper scegliere perché se gli altri scelgono per noi, sceglieranno quello che piace loro e non quello che vogliamo noi. I ragazzi rwandesi che hanno ucciso non sono stati criminali ma lo sono diventati a causa dell’educazione ricevuta. Dobbiamo continuare a lottare per salvaguardare i valori della vita. Non bisogna più avere come riferimento lo spirito di gruppo. Occorre essere se stessi anche all’interno di un gruppo e non fare qualcosa solo perché il gruppo lo fa. Mantenere la propria personalità in mezzo agli altri dunque”. Di fronte al male occorre schierarsi per il bene. Non si può lasciare che guerre, disuguaglianze e massacri calpestino la dignità dell’uomo.

Yolande Mukagasana combatte quotidianamente la sua battaglia, dopo che durante il genocidio tutta la sua famiglia (marito e tre figli) è stata barbaramente massacrata. Alla luce di tutta la sua sofferenza e di quella del suo popolo, Yolande sembra chiedere ad ognuno di noi: e tu cosa fai?

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